La camorra si dimostra sempre più propensa ad utilizzare i social network, sprezzante dei pericoli ai quali si sovraespone. Pur di divulgare messaggi e pubblicare contenuti che possano raggiungere tutti, rivali, followers, simpatizzanti, fedelissimi, i giovani interpreti della malavita seguitano a dimostrarsi soprattutto intenzionati a utilizzare “il potere” insito nel mondo virtuale per rendere immortali “i martiri della camorra”. Giovanissimi trucidati dai proiettili esplosi da altri giovanissimi, andati consapevolmente incontro a quel destino che li ha condannati a morte e per questo celebrati come dei miti. Un processo di beatificazione che si fonda su dogmi ben precisi: la pubblicazione compulsiva di video, foto, tributi, per appagare la necessità di mantenere vivo e visibile quel volto, quel nome, quella storia criminale alla quale sono associati quel volto e quella storia.
Giovani ras che hanno minacciato, rubato, estorto denaro, tratto guadagni dallo spaccio e da altri affari illeciti e che a loro volta non hanno esitato ad impugnare le armi per appagare l’incontenibile brama di supremazia e rivalsa. Vite sfarzose e fugaci, vissute dividendosi tra resort lussuosi e rocambolesche dinamiche camorristiche. Vite giovani, falciate dalle stesse logiche che hanno alimentato, vittime della loro stessa ambizione criminale. La camorra contemporanea è un videogames dal quale giovani, giovanissimi interpreti escono tumulati in una bara o . nei casi più fortunati – con le manette ai polsi, eppure questo non sembra minimamente inficiare i piani criminali degli eredi, paranze di giovanissimi chiamati a raccogliere l’eredità del defunto leader, ostentando un ventaglio di comportamenti che a tutti gli effetti rappresenta il nuovo codice etico al quale i guerriglieri della camorra sono tenuti ad attenersi.
Violenti, incoscienti, sfrontati, ribelli, irrispettosi, esaltati. Giovani aspiranti boss che vivono una vita da meteora, per poi crogiolarsi nella mitizzazione del ricordo del camorrista erto a eroe. Un modello da emulare, una morte da vendicare per chi resta. Guai fare tesoro di quell’esempio autodistruttivo e accettare la cruda realtà che li vede andare al macero, stritolati dalle stesse logiche che osannano. Un circolo vizioso destinato a ripetersi in eterno. Un leitmotiv che si ripete puntualmente, dalle periferie al cuore del centro cittadino, al cospetto del cadavere di un giovane andato incontro a morte violenta per inseguire il desiderio di conquistare la scena camorristica insieme alla sua “paranza”. Sono proprio quegli amici/sodali a costituire lo zoccolo duro del team di social media manager concentrati a consacrare l’immagine del defunto, innalzando in maniera esponenziale l’asticella delle aspettative nel pubblico virtuale e non, annunciando “il giorno della vendetta” a suon di contenuti ad effetto.
Non a caso, di recente, vengono proposte con crescente frequenza i tributi e quel genere di azioni finalizzate a ringalluzzire le quotazioni di due giovani ras ammazzati, in particolare: Alessio Bossis, il 22enne ucciso ad ottobre del 2022 nell’area parcheggio di “In Piazza” a Volla per stroncarne le velleità criminali e Vincenzo Costanzo, il 26enne ucciso a maggio del 2023 in piazza Volturno a Napoli, mentre tra le strade della città si riversavano migliaia di tifosi per festeggiare la vittoria del terzo tricolore azzurro.
Entrambi gli aspiranti leader della camorra di Ponticelli vengono compianti e commemorati da amici e sodali con messaggi espliciti che affiancano una carrellata di foto, ma di recente ambedue le fazioni hanno rilanciato le quotazioni del defunto tributandogli l’atto di fedeltà per antonomasia manifestato per enfatizzare il concetto di eternità e devozione: i tatuaggi.
Nel caso di Alessio Bossis, il cognome tatuato sulla pancia e accompagnato dalla frase “dove ho giurato fedeltà non ho mai tradito nessuno”, proprio a voler rimarcare l’attestato di plateale ed eterno servilismo manifestato da uno dei “ragazzi di Bossis”, quel gruppo di giovanissimi che sognava di conquistare la scena camorristica ponticellese sotto le direttive del giovane, assassinato in veste di sorvegliato speciale, dopo appena sette mesi dopo la scarcerazione.
Nel caso di Vincenzo Costanzo spiccano il volto e le iniziali tatuate sull’avambraccio, accompagnate dalla frase “verrai ricordato e onorato”.
In entrambi i casi la promessa/desiderio di vendetta viene riproposta in maniera quasi ossessiva. Gli amici/gregari dei gruppi legati ai due giovani uccisi sembrano vivere in attesa del momento propizio per portare a compimento i loro piani e nel frattempo riempiono le loro giornate riversando ambizioni e brama di rivalsa nel mondo virtuale.