Le recenti scosse di terremoto che continuano a registrarsi nella zona dei Campi Flegrei hanno risvegliato la paura degli abitanti del vesuviano, a loro volta abituati a convivere con la minaccia insita nella silente presenza del Vesuvio.
Dopo la scossa sismica dello scorso 20 maggio nella zona dei Campi Flegrei, la più forte degli ultimi 40 anni, ricominciano a circolare voci secondo cui qualora si verificasse un’eruzione in quella zona, anche il Vesuvio potrebbe “risvegliarsi”. Le probabilità che succeda sono considerate assai scarse dagli esperti in materia, ecco perché.
La prima considerazione è di carattere puramente geografico. I Campi Flegrei sono un’area vulcanica (anche detta supervulcano) che si estende a ovest di Napoli, interessando sia la parte occidentale del capoluogo campano sia diversi comuni densamente abitati come Pozzuoli, Bacoli e Giugliano. Il Vesuvio, invece, si trova a una trentina di chilometri di distanza, nella zona sud-est di Napoli. Ciò che allontana ancora di più Campi Flegrei e Vesuvio, però, è la loro struttura. Il Vesuvio è uno stratovulcano, un vulcano “tipico”, quello che tutti si immaginano, con un cono eruttivo (nel caso del Vesuvio in realtà sono due, il Monte Somma e dal Gran Cono del Vesuvio) dai pendii che corrono scoscesi e in vetta il cratere. I Campi Flegrei sono un supervulcano: in pratica un campo di centinaia di chilometri quadrati in cui sono presenti decine di crateri che si aprono sulla caldera, talvolta difficili anche da individuare. Alcuni, secondo gli esperti, hanno eruttato un’unica volta dalla loro formazione. L’intera area è anche caratterizzata da sorgenti calde e fumarole e dal tipico fenomeno del bradisismo, cioè l’innalzamento/sprofondamento del suolo.
Campi Flegrei e Vesuvio si configurano come entità differenti anche per la loro attività vulcanica.
I Campi Flegrei sono un campo vulcanico attivo da oltre 80mila anni. L’ultima eruzione è avvenuta nel 1538, a seguito della quale l’area è andata incontro a un costante sprofondamento fino alla metà del XX secolo, quando il suolo ha ripreso a sollevarsi accompagnato da attività sismica anche intensa. Ancora oggi i Campi Flegrei sono in costante e graduale sollevamento. Proprio a causa di queste variazioni nel loro stato di attività, l’allerta dell’Osservatorio Vesuviano si trova attualmente al livello “giallo”.
Anche il complesso vulcanico Somma-Vesuvio è estremamente antico, ma l’attività vulcanica è differente, caratterizzata da quattro fasi principali eruttive, l’ultima delle quali è durata dal 1631 al 1944, anno dell’ultima eruzione del vulcano. Oggi il Vesuvio si trova in uno stato di quiescenza a condotto ostruito e gli esperti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) non evidenziano variazioni significative nel suo stato di attività, tant’è che il livello di allerta dell’Osservatorio Vesuviano è “verde”.
Non sono solo le modalità e le tempistiche delle eruzioni a non coincidere. Anche il materiale eruttato dai due complessi in passato è diverso. Gli studi geochimici e petrografici indicano minerali differenti e differenti profondità di formazione.
Gran parte degli indizi, insomma, suggeriscono che Campi Flegrei e Somma-Vesuvio abbiano due camere magmatiche ben distinte e indipendenti, che non dovrebbero influenzarsi a vicenda. Per completezza di informazione, però, va detto che ci sono dati raccolti attraverso altre metodologie di indagine (test sismici) che sembrano identificare una camera magmatica comune tra i due complessi vulcanici, a profondità elevata, a più di 10 chilometri dalla superficie.