Gli arresti che hanno acceso i riflettori sul corso delle ultime elezioni amministrative a Cercola hanno destato non poco scalpore e hanno riportato in auge aneddoti e retroscena legati a un passato che sembra tutt’altro che superato. Del resto, nell’ordinanza che ha fatto scattare le manette per sette persone, trapela la triste consapevolezza di essere al cospetto di un sistema consolidato da tempo immemore e che, in sostanza, vede il candidato che compra il maggior numero di consensi conquistare la fascia tricolore. Il gip la definisce una pratica consolidata e questo lascia intendere che ci siano elementi utili a ricostruire quel “sistema Cercola” di cui Achille De Simone fu pioniere.
Non esiste un cercolese al di sopra dei 30 anni che non conosca “l’uomo del popolo”: amava definirsi così uno dei personaggi più longevi e controversi della politica vesuviana.
Nato e cresciuto nella Democrazia Cristiana è poi passato prima tra le fila del partito socialista e dopo, in veste di tesserato Udc, fu eletto consigliere a Cercola. Nel 2006 fu eletto consigliere comunale a Napoli. Aderì poi a Forza Italia e supportò il candidato sindaco del centrodestra del Comune di Cercola. Nel 2009 fu arrestato con l’accusa di violenza privata per una denuncia sporta da suo nipote. Scarcerato nel 2011 fu reintegrato in Consiglio comunale a Napoli e divenne capolista di Alleanza di Centro di Pionati. Nel 2013 fu condannato a tre anni per violenza privata aggravata dal metodo mafioso, ma rivendicando con fermezza la sua innocenza, si candidò a sindaco di Cercola. La sua storia politica e terrena volge al termine un anno dopo, nel 2014, quando muore all’età di 73 anni.
Una morte che chiude un’era politica durata circa 40 anni e che ha visto De Simone protagonista indiscusso della scena cercolese, riuscendo a conquistare sistematicamente una poltrona. Forte di una scarsa cultura scolastica, i suoi studi si erano fermati alle scuole medie, Achille De Simone ha puntato tutto sulla “scuola della strada” e su un modo di fare sornione e amichevole che gli consentiva di prendere sottobraccio le figure più disparate. In occasione delle elezioni piantonava i seggi elettorali, offriva caffè e dispensava santini, sotto gli occhi di tutti. “Erano altri tempi”, esclamano le memorie storiche cercolesi che ben ricordano anche il suo rapporto confidenziale con il boss Gianfranco Ponticelli. “In quegli anni, il quartier generale del clan era il bar che sta in mezzo al municipio – racconta un anziano – Ponticelli e i suoi stavano sempre là e pure Achille era un assiduo frequentatore di quel bar. Ridevano, scherzavano. Mai un litigio o una battuta fuori posto, ma quelli erano altri tempi”, per l’appunto.
Achille De Simone, dipendente della Regione Campania, ha marcato la scena politica cercolese per circa 30 anni, dal 1987 al 2001 è stato assessore comunale, riuscendo anche a conquistare una poltrona al consiglio comunale di Napoli, eletto nelle fila del Partito dei Comunisti Italiani. Pur eletto in uno schieramento di sinistra al Comune di Napoli, per un periodo, ha fatto parte contemporaneamente di una giunta di centro destra a Cercola. Era consigliere comunale, del gruppo misto, in appoggio a Rosetta Iervolino e assessore del PdL a Cercola con il sindaco Tammaro, dal quale fu allontanato nel primo anno di amministrazione. Negli anni novanta, per una manciata di voti, vide sfumare il sogno di diventare Senatore della Repubblica. L’ultima carica istituzionale che ha ricoperto Cercola è stata quella di assessore nel 2007 in veste di rappresentante del Popolo della Libertà.
A novembre del 2009, quando il clan Sarno inizia a vacillare, prende il via anche il processo di declino della sua carriera quando viene arrestato con l’accusa di violenza privata. Ad incastrare De Simone è la denuncia di suo nipote, Giovanni De Stefano.
Achille De Simone avrebbe partecipato a una riunione in casa di Patrizia Ippolito, moglie del boss Vincenzo Sarno, che proprio in quel periodo aveva intrapreso il percorso di collaborazione con la giustizia. Nell’abitazione fu convocato proprio il nipote di De Simone che voleva aprire un’associazione antiracket. La moglie di Vincenzo Sarno, in presenza dello zio, disse che l’associazione non si sarebbe aperta se l’uomo non avrebbe rendicontato al clan tutte le denunce e le iniziative dell’associazione. In sostanza, quando il clan Sarno apprese che in nipote di De Simone intendeva aprire uno sportello antiracket, cercò di sfruttare a proprio vantaggio quell’informazione, ma anche un potenziale rapporto amichevole con lo stesso politico.
Secondo quanto riferito dallo stesso De Stefano, che denunciò e fece arrestare lo zio, Achille De Simone lo condusse al cospetto di Patrizia Ippolito, detta «’a patana», moglie di Vincenzo Sarno, capoclan all’epoca detenuto, e cercò di convincerlo ad acconsentire alle richieste della donna. De Stefano avrebbe potuto aprire lo sportello antiracket a patto che di volta in volta comunicasse al clan i nomi dei coloro che avevano sporto denuncia.
Dinanzi a quelle premesse Giovanni De Stefano rinunciò all’intenzione di aprire quello sportello antiracket, ma denunciò lo zio e la moglie del boss che in quel momento ereditò la reggenza del clan Sarno. Achille De Simone fu scarcerato dopo alcuni mesi e non ha mai smesso di dichiararsi innocente.
I fratelli Sarno confermano di essere stati sempre in buoni rapporti con la figura più espressiva della politica cercolese che da un lato strizzava l’occhio ai camorristi, dall’altro si faceva promotore di un rapporto clientelare con gli elettori: “se mi voti, puoi chiedermi tutti i favori che vuoi”. Motivo per il quale, la sua figura è stata sempre accompagnata da dicerie e leggende metropolitane che concorrono ad accrescere ambiguità e confusione. Del resto è risaputo che nel rione De Gasperi vive un uomo che sarebbe il figlio di Achille De Simone, seppure non lo abbia mai riconosciuto.
Arrestato il 26 novembre del 2009 nel corso di un blitz durante il quale scattarono le manette anche per altre undici persone ritenute contigue al clan Sarno, Achille De Simone ha sempre allontanato con fermezza le accuse a suo carico.
“Le accuse che mi vengono rivolte sono infamie, frutto solo di gelosie politiche. Non intendo fare un passo indietro perché la mia coscienza è adamantina: chi mi conosce potrà giudicare e decidere se votarmi oppure no. Mi affido al giudizio degli elettori, in attesa che il tribunale, nel quale ho piena fiducia, sancisca la mia completa estraneità ai fatti che mi vengono addebitati”. Si difendeva così, dal suo canto, Achille De Simone, dalle accuse dei rivali politici che definivano inammissibile la sua candidatura, auspicando ina piena assoluzione che però non arrivò.
Condannato a sei anni e mezzo di reclusione per violenza privata aggravata dall’aver agito per agevolare un clan camorristico. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, De Simone era legato al clan Sarno e si era impegnato per impedire l’apertura di uno sportello antiusura sul territorio di Cercola. La sentenza è stata emessa nel 2013 dal presidente Sassone della prima sezione penale del tribunale di Napoli, che gli ha inflitto una pena più grave rispetto a quella chiesta dal pm Vincenzo D’Onofrio che si era fermato a sei anni.
La sentenza giunge a quattro anni di distanza dall’arresto di De Simone, mentre “l’uomo del popolo” pensava addirittura di rientrare in qualche modo in politica alla vigilia delle amministrative cittadine.
Due giorni dopo la sentenza, De Simone rilascia alcune dichiarazioni ai media dalle quali trapela tutta la sua tempra di politico duro a morire: “Non mi hanno arrestato e attendo ancora due gradi di giudizio, pertanto resto candidato a sindaco di Cercola. Sono un uomo libero, contro di me c’è stato soltanto fango, ma resto fiducioso nella giustizia, certo che nei due prossimi gradi di giudizio verrà fuori la verità. Sono innocente, non ho mai conosciuto alcun esponente di qualsivoglia clan di camorra né tantomeno ho mai provato a fermare l’apertura di uno sportello antiracket. Chi mi conosce sa che non sarei mai in grado di fare del male a qualcuno e sono sicuro che la gente di Cercola mi premierà con un successo alle urne”.
Achille De Simone muore un anno dopo, nell’aprile del 2014, all’età di 73 anni, dopo aver cercato di osteggiare un brutto male che però non gli ha lasciato scampo.