L’indagine che nel corso della giornata odierna, martedì 2 gennaio, ha inflitto un duro colpo alle finanze del boss di Ponticelli Ciro Naturale, portando a un sequestro di beni pari a un milione di euro, ha anche concorso a fornire alcuni dettagli utili a far luce sulle circostanze in cui è maturato l’agguato in cui il reggente del clan De Micco rimase gravemente ferito, lo scorso luglio.
Una serie di elementi confermano l’ipotesi che fin da subito ha preso forma nei rioni in odore di camorra del quartiere: quella che conduce all’epurazione interna.
A legittimare l’ipotesi che sull’agguato che ha ridotto in fin di vita Naturale ci sia la firma dei De Martino, non sono solo i noti dissidi di carattere economico che portarono a un vero e proprio braccio di ferro tra Naturale e la famiglia De Martino. Questi ultimi avanzavano pretese che il reggente del clan De Micco non intendeva sodisfare, inoltre, Naturale rivendicava numerosi e cospicui debiti da riscuotere, alcuni dei quali contratti anche con i De Martino che non sembravano intenzionati a saldare, al pari di molti altri pusher morosi. In questo clima, la frangia dissidente del clan, galvanizzata da una serie di scarcerazioni, avrebbe decretato la condanna a morte del reggente del clan.
Un’alleanza controversa, quella tra i De Micco e i De Martino, nell’ambito della quale i primi fungevano da mente e i secondi da braccio armato. In tal senso, qualora effettivamente i cosiddetti “XX” avessero cercato di disfarsi del reggente del clan, non avrebbero solo compiuto un agguato eclatante, ma un vero e proprio atto di ribellione, annunciando con un delitto eccellente la scissione dagli alleati. Un piano realizzato a metà: seppure gravemente ferito, Naturale è riuscito a salvarsi e il suo ritorno a Ponticelli, un mese dopo l’agguato, ha introdotto uno scenario imprevisto.
Una tesi supportata dall’atteggiamento del ras, una volta tornato a Ponticelli: seppure, per sua stessa ammissione potrebbe “vivere per 10 anni senza lavorare”, complice il cospicuo patrimonio economico nelle sue disponibilità, il boss inizia a praticare le cattive maniere, manifestando la ferma volontà di riscuotere il denaro dai suoi debitori. Motivo per il quale, lo scorso settembre, è stato arrestato, insieme a suo figlio Giovanni e al cognato, Carmine Verdemare, proprio mentre pianificavano un’azione violenta finalizzata a conseguire questo scopo.
Proprio in questo frangente, Naturale manifesta timori e sospetti legati al coinvolgimento di un giovane affiliato al clan De Martino nell’agguato che lo ha ridotto in fin di vita. Un altro tassello che concorre a ricostruire un mosaico che diventa sempre più nitido.