E’ entrato nella fase cruciale il processo a carico dei 29 imputati ritenuti contigui al clan Mazzarella che lo scorso febbraio finirono in manette accusati a vario titolo di associazione di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina e hashish), violazione alla normativa sulle armi e sugli esplosivi, estorsione e impiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche.
In particolare, le indagini, condotte dal febbraio 2018 al gennaio 2020, consentirono di rilevare il crescente interesse da parte del clan Mazzarella nel settore del commercio e della distribuzione degli idrocarburi, riscontrato dalle pretese estorsive avanzate nei confronti di un imprenditore del settore nonché dall’acquisizione da parte di un affiliato di un’attività di distribuzione di carburanti nell’area di Fuorigrotta, nei pressi dello stadio Maradona, che è stata sequestrata.
Le investigazioni hanno anche dimostrato la perdurante operatività del clan Mazzarella, diretto da Ciro Mazzarella e Salvatore D’Amico e attivo non solo nei quartieri cittadini San Giovanni a Teduccio e Ponticelli, ma anche nei comuni vicini San Giorgio a Cremano e Portici. Documentata anche la contrapposizione armata con il gruppo camorristico dei Silenzio, che rientra nella sfera d’influenza dell’Alleanza di Secondigliano e attivo sempre nell’area Est di Napoli, nel cui ambito si inquadra anche il lancio di bottiglie molotov su autovetture e motocicli del 29 agosto 2018. Le indagini condotte da Carabinieri e Direzione distrettuale antimafia hanno evidenziato anche il controllo delle attività di commercializzazione di tabacchi di contrabbando nonché la diretta e indiretta gestione da parte del clan Mazzarella delle principali piazze di spaccio nell’area orientale di Napoli.
Nel corso della requisitoria dello scorso lunedì 6 novembre, la dottoressa Antonella Fratello ha chiesto pene durissime per gli imputati, tra i quali figurano anche alcuni elementi di spicco della camorra ponticellese: Alessandro Nocerino, Pasquale Nocerino detto Lino e Pasquale Nocerino detto il professore, imparentati con alcune figure di spicco della malavita locale, in primis, Massimo Nocerino detto Patacchella, attualmente detenuto e il giovane Antonio Nocerino detto “brodino”, figlio di uno degli arrestati, stimato essere uno degli elementi di maggiore spessore del clan De Micco, malgrado la giovane età, anch’egli detenuto.
Alessandro Nocerino, Pasquale Nocerino e Pasquale Nocerino sono finiti nel mirino degli inquirenti per il business della droga gestito a Ponticelli per conto del clan D’Amico, costola dei Mazzarella. Le indagini hanno consentito di ricostruire meticolosamente i rapporti tra i Nocerino e i D’Amico in merito all’approvvigionamento della droga.
Alessandro Nocerino, stimato essere a capo del business, non era tenuto a pagare la consueta quota sui proventi dello spaccio ai D’Amico/Mazzarella, ma era obbligato a rifornirsi da questi ultimi. Lo stesso Umberto D’Amico ha riferito di essere il fornitore di Nocerino, forte di un rapporto d’amicizia nato in carcere e che quest’ultimo gestiva una piazza di droga a Ponticelli, quartiere sotto la sfera egemone dei clan alleati di Napoli est in quel momento storico.
Le intercettazioni hanno concorso a ricostruire i rapporti tra Alessandro Nocerino ed Umberto D’Amico, consentendo anche di documentare le singole cessioni di stupefacenti ai clienti che si rifornivano presso la piazza gestita dagli imputati. L’unico dei Nocerino ad aver intrattenuto rapporti con le figure apicali del clan D’Amico/Mazzarella risulta essere Alessandro, mentre il fratello Pasquale e il cugino Pasquale, sulla base degli elementi emersi dalle intercettazioni erano addentrati nella gestione della piazza di droga radicata a Ponticelli.
Gli inquirenti definiscono la piazza dei Nocerino “un market della droga dinamico”, in quanto operante con modalità diverse rispetto al “modello vele di Scampia” dove i clienti che si portano sul posto per acquistare gli stupefacenti, in un contesto blindato e sorvegliato da vedette. La peculiarità del modus operandi della piazza gestita a Ponticelli dai Nocerino va ricercata nelle consegne a domicilio o in luoghi pattuiti last minute telefonicamente, tramite lo scambio di messaggi in codice. Proprio il linguaggio adottato, oltre a lasciar trapelare il forte timore di essere intercettati, per gli inquirenti rappresenta una delle prove granitiche di un solido rapporto di complicità tra clienti e pusher.
Malgrado vengano utilizzate parole in codice per indicare la droga, come “bollette”, “consumazioni piccole”, “rosette”, “mezzo melone”, “un aperitivo”, “un giga” o “caffè”, dalle intercettazioni telefoniche captate appare chiaro come le modalità di contatto e di incontro con gli acquirenti siano ripetitive. A conferma del linguaggio criptico utilizzato dai Nocerino vi è un dato di fatto oggettivo: l’arresto di Alessandro Nocerino, avvenuto a febbraio del 2020. Gli inquirenti avevano avuto modo di apprendere tramite le intercettazioni – malgrado l’utilizzo di parole in codice – che quest’ultimo si accingeva a cedere della sostanza stupefacente ad un cliente, consentendogli di intervenire per arrestarlo, proprio mentre era intento a vendere 13 grammi di cocaina.
Diverse le cessioni documentate dagli inquirenti. Particolarmente emblematica quella tra Pasquale Nocerino “il professore” e un cliente abituale, poco prima arrivato a Napoli in aereo e sprovvisto di contanti. Nocerino rifiuta di consegnargli “uno piccolo” in assenza di denaro, così come non accetta di barattare la dose con due telefoni cellulari.
Per i tre imputati, difesi dall’avvocato Sara Piccini, la dottoressa Fratello ha chiesto pene superiori a 10 anni, fatta eccezione per Pasquale Nocerino detto ‘o professore per il quale il pubblico ministero ha chiesto una condanna di sei anni tenendo conto del fatto che è stato dichiarato in possesso di una capacità di intendere e volere ormai scemata in seguito a una perizia richiesta proprio dal suo legale e pertanto beneficerà di uno sconto di pena, come previsto dalla legge.
Nessuno sconto, invece, per Alessandro e Pasquale Nocerino per i quali il pubblico ministero ha chiesto rispettivamente 18 e 12 anni. Una sentenza attesa, quella fissata a gennaio del 2024, in quanto destinata a incidere sugli equilibri camorristici dell’area orientale di Napoli.