“Ha portato gli sbirri dove non dovevano stare. A San Basilio era già pronto dell’esplosivo per attentare alla vita di Don Antonio Coluccia”.
A rivelarlo è Maricetta Tirrito, 49enne originaria di Palermo, ma residente a Roma, portavoce del Co-Gi – comitato composto dai collaboratori di giustizia – da anni accanto a Don Coluccia nelle sue incursioni tra le piazze di droga capitoline e per questo costantemente aggredita, vessata e minacciata. L’episodio più recente risale a pochi giorni fa, il lancio di una bottiglia le ha provocato la frattura del radio: 75 giorni di prognosi, un braccio ingessato e la ferma determinazione di continuare quella battaglia quotidiana che molto spesso la vede fiancheggiare il sacerdote salentino che ha fatto dell’attività di contrasto al business della droga una vera e propria missione che da diversi anni lo costringe a vivere sotto scorta. Lo scorso agosto Don Coluccia è stato vittima di un attentato, proprio mentre era impegnato in una delle sue consuete marce della legalità, nel quartiere romano di Tor Bella Monaca. Un 28enne a bordo di uno scooter ha cercato di investirlo. Il tempestivo intervento della scorta ha evitato il peggio e ha consegnato alla giustizia il giovane che dovrà rispondere di tentato omicidio.
Quanto denunciato da Maricetta concorre a ricostruire lo scenario in cui è maturato quell’attentato, ma al contempo lascia emergere una serie di retroscena inquietanti che accendono un riflettore sulla situazione di pericolo in cui versa Don Coluccia per la sua incessante attività di contrasto alle mafie.
Un lavoro che si concentra su tre zone ben precise: San Basilio, Tor Bella Monaca e Ostia dove a rifornire le piazze di droga sono gli apparati criminali siciliani. “Differentemente da quanto accade in Sicilia – spiega Maricetta – e nelle regioni meridionali in cui sono radicate organizzazioni criminali monopoliste, sul fronte romano regna una pacifica convivenza tra diverse organizzazioni: mafia, camorra, ‘ndrangheta e non solo, si spartiscono il territorio, le partite di droga, la manovalanza e soprattutto sono propensi a farsi “favori” per eliminare soggetti scomodi.“
Uno scenario meticolosamente ricostruito da una fonte attendibile della donna che in passato le aveva già fornito informazioni che hanno poi trovato riscontro nella realtà. Una fonte che ha indicato i ponti di collegamento tra le organizzazioni siciliane e quelle radicate nella capitale, ha indicato i nomi dei principali soggetti invischiati nel traffico di droga, ha spiegato le modalità con le quali gli stupefacenti destinati ad approvvigionare le piazze romane giungono dalla Sicilia, mediante l’utilizzo di corrieri leciti, come Sda e Poste Italiane.
Dopodiché ha invitato la donna a prestare attenzione, perché uno dei soggetti apicali coinvolti nel controllo delle piazze di droga romane era piuttosto spazientito dall’attività di Don Coluccia, reo di aver portato “gli sbirri laddove non dovevano essere” e le rivela che a San Basilio era già pronto l’esplosivo per attentare alla vita del sacerdote. Nella stessa circostanza Maricetta apprende che per lei era invece in programma una “spedizione punitiva”.
“La fonte mi fornì delle indicazioni precise in tal senso – racconta Maricetta – precisandomi che nell’ambito malavitoso, quando viene commissionata una “spedizione punitiva” vengono utilizzate persone apparentemente avulse dal contesto criminale e utilizzano dei segni convenzionali per rivendicare l’accaduto.
Per questo motivo mi disse di fare attenzione a una Fiat Punto di colore bianco proveniente da Bagheria, poichè qualora fosse accaduto qualcosa a me o a Don Coluccia su richiesta dei malavitosi romani, quell’auto sarebbe usata come segnale per far capire alla criminalità romana che la loro richiesta era stata accontentata dagli esponenti mafiosi di Bagaria.”
Di lì a poco, la donna ha vissuto un episodio piuttosto inquietante che le ha fornito un’inequivocabile conferma dell’attendibilità delle informazioni rese dalla sua fonte. Maricetta nota una Punto bianca appostata nei pressi della sua abitazione. Dai controlli effettuati sulla targa che è riuscita ad annotare, il veicolo è risultato rubato proprio a Bagheria.
Inoltre, le confidenze di quell’informatore hanno già trovato ampio riscontro in alcune operazioni condotte dalle forze dell’ordine e che hanno portato al sequestro di ingenti quantitativi di droga.
Il motivo per il quale il lavoro di Don Coluccia risulti così scomodo alle organizzazioni criminali che operano nei quartieri capitolini, trapela nitidamente dalle parole di Maricetta: “Gli ho visto fare cose straordinarie. I primi tempi, quando scendeva dall’auto di scorta era guardato male da tutti. Sprezzante dell’ostilità che lo circondava, impugnava il megafono per scandire parole di speranza oppure iniziava a palleggiare con il pallone. La sua presenza inevitabilmente colpisce e incuriosisce, riesce a catturare l’attenzione e conquista la fiducia entrando nell’intimo delle storie delle persone che incontra in quei luoghi. Nei contesti come San Basilio e Tor Bella Monica i ragazzini di 12 anni fungono già da vedette o da pali o da corrieri, molto spesso alle spalle hanno famiglie difficili, vivono in contesti disagiati e in condizioni d’indigenza. Con Don Antonio parlano di tutto, non solo dell’attività di spaccio: si confidano, non negano i reati che commettono, molte volte gli consegnano un’accorata richiesta d’aiuto, affinché li tiri fuori da quella realtà. Don Coluccia ha portato gli sbirri e la speranza che è il primo nemico di chi non vuole che quelle realtà possano cambiare per continuare ad agire indisturbati.”