Una lite tra donne dedite all’usura, culminata nel pestaggio di una ragazza, imparentata con soggetti addentrati nelle dinamiche camorristiche del rione Luzzatti: questo lo scenario che avrebbe introdotto l’ultimo raid in via al chiaro di luna, nel rione Conocal di Ponticelli.
Una dozzina di colpi esplosi, da parte di soggetti che hanno fatto irruzione nel fortino dei D’Amico a bordo di scooter, poco dopo il litigio avvenuto nel corso della serata di martedì 26 settembre. Nessun ferito, i proiettili esplosi hanno danneggiato tre auto in sosta. Un fatto che lascia intendere che il commando abbia sparato ad altezza d’uomo con il probabile intento di colpire un bersaglio che è riuscito a dileguarsi proprio trovando riparo tra le auto parcheggiate lungo la strada. Il raid è avvenuto nei pressi dell’abitazione di una delle figlie del boss Antonio D’Amico che – secondo quanto raccontato dai residenti in zona – sarebbe l’autrice del pestaggio ai danni della giovane con la quale sarebbe in affari. L’incursione armata sarebbe opera di un commando composto dai parenti della giovane malmenata che hanno replicato in maniera eclatante all’affronto subito, indirizzando un avvertimento più che esplicito alla figlia del boss del Conocal.
Un litigio sfociato in un evidente punto di non ritorno, scaturito dai dissidi nati tra il gruppo del rione Luzzatti, indicato come “la cassa” che forniva i soldi alle donne di casa D’Amico a capo del business dell’usura e le donne del clan del Conocal che materialmente provvedono a gestire l’attività illecita. Secondo quanto riferiscono gli abitanti del rione, tra i quali anche alcune vittime del ricatto estorsivo del clan, anche alle più esigue richieste di denaro vengono applicati tassi d’interesse esorbitanti finalizzati a inscenare “la vecchia tecnica” peculiare dell’attività di usura. Richieste di denaro continue e sfiancanti, accompagnate da minacce e talvolta da pestaggi ed altre pratiche violente con l’intento di soggiogare la vittima, sfiancandola soprattutto sotto l’aspetto psicologico. I tassi d’interesse fanno lievitare il debito all’infinito, tant’è vero che in alcuni casi, i soggetti finiti in questo circolo vizioso, si sono visti costretti a rivolgersi ad altri usurai per ottenere un prestito utile a regolare i conti con i taglieggiatori, finendo così dalla padella alla brace, dando il via a un nuovo incubo per mano dei nuovi creditori. I più fortunati racimolano il denaro utile a chiudere i conti con le boss in gonnella del Conocal chiedendo aiuto ad amici e parenti, ma guai a non restituire fino all’ultimo centesimo. In diverse circostanze, malgrado la maggior parte del debito fosse stata riscattata, salvo un ammanco di poche decine di euro, l’incubo si è protratto ancora, perchè il conto era stimato essere ancora non definitivamente regolato.
Le donne del clan D’Amico a capo del business dell’usura non riescono a guardare il bicchiere mezzo pieno, ‘accontentandosi’ delle svariate migliaia di euro che anche il prestito più esiguo è riuscito a fargli incassare, bensì si accaniscono sui 10 o 20 euro non saldati e che nell’arco di pochi giorni si trasformano prima in 100 euro, poi in 200 e così via. Un incubo senza fine per i soggetti taglieggiati, bensì gli spari recenti abbiano annunciato che “il giocattolo si è rotto” e chi rischia di pagarne le conseguenze sono le donne a capo del business.
Un contenzioso nato per via di un ammanco di denaro importante emerso nel corso di una delle consuete riunioni tra le cassiere del rione Luzzatti e le donne del clan D’Amico. Un buco importante nel bilancio dell’attività di usura che ha sancito il punto di non ritorno tra le parti. Seppure inizialmente le D’Amico abbiano provato ad insabbiare la vicenda, accusando del furto una delle donne storicamente legate al clan del Conocal, arrivando perfino a minacciarla platealmente, annunciando che avrebbero provveduto a sottrarle l’abitazione che da anni occupa nel rione, qualora non avesse provveduto a restituire il denaro sottratto dalla cassa in cui convergono i proventi dell’usura. Una minaccia plateale che doveva essere udita da tutti per rendere credibile l’attrito che aveva portato alla brusca rottura tra le due socie in affari, affinchè le finanziatrici del business si convincessero della buona fede delle D’Amico. Una messa in scena in piena regola che non avrebbe sortito l’effetto sperato. Poco prima dell’incursione armata di martedì 26 settembre, la verità sarebbe venuta a galla e le socie finanziatrici dell’attività illecita sarebbero andate su tutte le furie, consapevoli di essere state derubate, raggirate e prese in giro. Gli animi si sarebbero accesi subito e ben presto le donne sarebbero finite alle mani. Ad avere la meglio la figlia del boss dei “fraulella” che in questo modo avrebbe aggravato la sua posizione agli occhi degli ormai ex soci in affari, aggiungendo un altro affronto all’oneroso conto già in sospeso. Motivo per il quale il commando del rione Luzzatti avrebbe fatto irruzione in via al chiaro di luna, nei pressi dell’abitazione della donna che poco prima si era resa autrice del pestaggio.
I residenti in zona sottolineano un aspetto cruciale: si tratta di una “zona morta” del rione, dove i giovani affiliati al clan non sono soliti intrattenersi, motivo per il quale hanno subito escluso che si potesse trattare dell’ennesimo atto dell’eterna faida con i De Micco, ancor più alla luce del plateale litigio avvenuto poche ore prima.
Nel corso della giornata successiva al raid, la dinamica, il movente, i retroscena sono emersi a fatica, complice la paura di pronunciare il nome della figlia del boss del rione. All’indomani dell’ennesima notte di spari, nel Conocal primeggia la comprensibile paura da parte dei civili, estranei alle dinamiche camorristiche, consapevoli che quel conto non regolato non è destinato a restare in sospeso a lungo. Nella malavita certi sgarri, soprattutto se riconducibili a contenziosi di carattere economico, molto spesso sono sfociati nel sangue. Motivo per il quale si teme un’escalation di violenza e si auspica che le forze dell’ordine facciano scattare le manette per le figure apicali del clan egemone nel Conocal prima che ad avere la peggio sia l’ennesima vita estranea alle logiche camorristiche.
Nel frattempo è calato il coprifuoco sul fortino dei D’Amico.