Cresce la tensione nel quartiere Ponticelli, teatro dell’ennesimo raid notturno.
I carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Poggioreale, poco dopo l’una di lunedì 11 settembre, hanno repertato 21 bossoli in via al chiaro di luna, nel parco Conocal di Ponticelli, fortino del clan D’Amico. Ed è proprio lì che vivono diverse figure apicali della cosca fondata dai fratelli Antonio e Giuseppe D’Amico e ereditata da Annunziata D’Amico, la donna-boss uccisa in un agguato di camorra il 10 ottobre del 2015, proprio in via al chiaro di luna.
21 colpi di pistola esplosi nel cuore del bunker dei D’Amico.
Nessun ferito. Danneggiata una Fiat Panda, colpita da alcuni proiettili che si sono conficcati nella carrozzeria e nel lunotto posteriore; la vettura è stata sequestrata dai carabinieri che indagano sulla vicenda. Un dettaglio che suggerisce una dinamica ben diversa da una “stesa” ovvero un’azione a scopo intimidatorio che consiste in una raffica di spari verso il cielo o rivolti all’abitazione di un “obiettivo sensibile”. La traiettoria disegnata dai proiettili esplosi la scorsa notte, invece, sembra suggerire ben altro. L’ipotesi più accreditata appare quella del mancato agguato, la vittima finita nel mirino dei killer potrebbe aver trovato fortunosamente riparo dietro l’auto crivellata di colpi, riuscendo così a mettersi in salvo.
Secondo una prima ricostruzione, il commando sarebbe partito da via Mario Palermo per poi dirigersi verso via Argine. Determinante in tal senso il contributo fornito dalle videocamere presenti in zona, al vaglio dei militari intenzionati a far luce sull’ultimo sussulto di camorra andato in scena a Ponticelli.
Negli ultimi mesi, nel rione Conocal, si erano già registrati episodi simili. Lo scorso giugno andò in scena un copione analogo in via Maria Callas, dove un commando esplose una raffica di proiettili ad altezza d’uomo. Anche in quella circostanza furono danneggiate delle auto, ma non si registrarono feriti.
Lo scorso 21 agosto, invece, si è verificata l’esplosione di un petardo, nei pressi dell’abitazione del defunto Vincenzo Costanzo, il 26enne nipote acquisito del boss Antonio D’Amico che da qualche tempo aveva ereditato le redini del clan di famiglia, ucciso in un agguato lo scorso 5 maggio.
Secondo quanto riferito dai residenti in zona, dopo l’omicidio di Costanzo, seguito dall’arresto di altre giovani legati al “nuovo clan D’Amico”, l’organizzazione sarebbe tornata sotto le direttive delle donne di famiglia, proprio come avvenne nel periodo storico in cui l’organizzazione era controllata da Annunziata D’Amico, forte del supporto delle altre donne di casa, sorelle e cognate in primis. Complici le recenti scarcerazioni e le impellenti necessità dettate da una serie di dinamiche interne, i cosiddetti “fraulella” avrebbero nuovamente optato per un modello camorristico prettamente al femminile e non solo per quanto concerne le attività illecite storicamente controllate dalle donne di casa, come ad esempio l’usura.
Venendo meno il supporto di figure maschili più esperte e affidabili, i D’Amico puntano tutto sulle boss in gonnella, riproponendo un assetto organizzativo assai simile a quello che in un passato relativamente remoto portò alla nascita del clan sgominato nel 2016, quando scattarono le manette per oltre 100 affiliati, oltre che alla disarticolazione di oltre 10 piazze di droga nel Conocal, tutte parimenti redditizie. A meno di 10 anni da quell’operazione, complici le prime scarcerazioni eccellenti, unitamente a nuove alleanze, i D’Amico rialzano la testa. Un dato di fatto sottolineato dal mancato agguato andato in scena la scorsa notte.