Una pianta dai molti volti che, grazie alle scoperte della ricerca medica, potrebbe trovare interessanti applicazioni per il benessere psicofisico
La canapa, conosciuta come Cannabis sativa, è una delle piante più antiche e versatili mai coltivate dall’uomo. Una pianta che, per quanto in passato sia stata cresciuta diffusamente in moltissimi Paesi (Italia compresa che, fino agli anni ’30 del XX secolo, era il secondo produttore mondiale), oggi ci appare per lo più estranea a causa delle politiche proibizioniste adottate al livello globale.
E oggi, dunque, possiamo conoscerla solo ‘indirettamente’ attraverso prodotti a base della cosiddetta canapa legale, oppure tramite il collezionismo delle semenze che alcuni fornitori di semi di cannabis come Sensoryseeds offrono agli aficionados di questo settore.
Ma, sebbene la sua reputazione possa aver sofferto a causa di questi divieti, i suoi possibili benefici per la salute stanno ancora costituendo un campo di rilievo per la scienza che, attraverso ricerche sempre più mirate, sta cercando di far piena luce sulle sue proprietà.
Certo, non siamo ancora arrivati alla meta di svelare tutte le caratteristiche di questa pianta, ma possediamo comunque diversi dati interessanti in questo ambito. E li esploreremo più a fondo nel seguente articolo.
Ma prima, cerchiamo di dare al lettore una dovuta precisazione sull’utilizzo del termine ‘canapa’, ancora oggi utilizzato spesso in maniera impropria.
Canapa o cannabis?
La canapa, dal punto di vista scientifico, è una pianta erbacea originaria dell’Asia meridionale e centrale, appartenente alla famiglia delle Cannabaceae. Si tratta di una specie molto versatile, che può raggiungere i 4 metri di altezza e che presenta foglie palmate e fiori unisessuali.
Per quanto questo termine indichi, come accennato, la specie Cannabis sativa nel suo complesso, in realtà nel gergo comune viene utilizzato specificatamente per denominare le varianti a basso contenuto di THC. Quelle che, secondo la normativa italiana, rientrano nel novero della canapa industriale.
Si tratta di un modo per distinguere questi esemplari da quelli che contengono alte concentrazioni di tetraidrocannabinolo e che, per questo motivo, possiedono effetti psicotropi. Questi ultimi, sempre in base al gergo popolare, vengono invece indicati come cannabis o marijuana.
Fatto questo piccolo chiarimento, possiamo proseguire con una rapida panoramica dei benefici legati alla canapa, specificando che con questo termine ci riferiremo al suo significato scientifico, ovvero all’intera specie della Cannabis sativa.
Il CBD: un ausilio naturale contro ansia e depressione?
La canapa è stata oggetto di numerosi studi e ricerche per comprenderne le proprietà e i potenziali benefici. Tuttavia, è essenziale approcciare le affermazioni relative con prudenza, basandosi sempre su evidenze scientifiche.
Il Cannabidiolo, o CBD, è uno dei principali cannabinoidi identificati nella pianta. A differenza del THC, che è noto per i suoi effetti psicoattivi in altre varietà di cannabis, il CBD non ha alcuna proprietà stupefacente.
Sono stati condotti studi preliminari sul cannabidiolo che suggeriscono potenziali utilizzi terapeutici, ad esempio come ausilio nella riduzione dell’ansia e dell’infiammazione. Per quanto si tratti di proprietà di notevole interesse medico, è fondamentale ricordare che la ricerca in merito è ancora in fase iniziale, e sono necessari ulteriori studi per confermare questi risultati.
Alcuni composti presenti nella canapa, inoltre, hanno la capacità di influenzare il sistema serotoninergico, che regola molte funzioni nel corpo, tra cui l’umore, il sonno e l’appetito. In particolare, sembrerebbe che le sostanze contenute nella pianta siano in grado di agire sul meccanismo di produzione della serotonina, una molecola nota anche come ‘ormone della felicità’ per il suo ruolo nel promuovere sentimenti di benessere e soddisfazione.
Uno studio ha indicato che il CBD potrebbe avere effetti su questo meccanismo, contribuendo a bilanciare i livelli di serotonina nel corpo e potenzialmente fornendo un sollievo naturale per chi soffre di depressione e ansia.
Proprietà terapeutiche della cannabis propriamente detta
Quanto riportato nel paragrafo precedente vale per quanto riguarda specificatamente la cannabis a basso contenuto di THC. Tuttavia, in base agli studi scientifici sembra che anche la sua variante tradizionale possieda interessanti proprietà che, se sfruttate con prudenza, possono costituire un supporto per il trattamento di alcune patologie o disturbi della salute.
Ecco alcuni esempi:
- nei casi di dolore cronico refrattario, cioè quello che non risponde ai trattamenti convenzionali, l’associazione di THC e CBD può avere un effetto analgesico e antinfiammatorio in grado di dare sollievo;
- la nausea e il vomito sono sintomi spesso indotti dalla chemioterapia, un trattamento contro il cancro che può avere gravi effetti collaterali. Il THC può contrastare questi disturbi e stimolare l’appetito dei pazienti;
- determinate patologie possono causare anoressia e la cachessia, provocando una perdita di peso e di massa muscolare. Di fronte a questi disturbi la capacità (già accennata nel punto precedente) del THC di stimolare l’appetito può favorire l’assunzione di cibo e il recupero di peso;
- il tetraidrocannabinolo è noto per abbassare la pressione sanguigna. Questa caratteristica potrebbe essere sfruttata per rallentare la progressione del glaucoma, una patologia che aumenta la pressione intraoculare causando danni alla vista.
In conclusione
La canapa, con le sue diverse varianti, rappresenta una potenziale risorsa grazie ai benefici che sembrano emergere man mano che la ricerca scientifica prosegue la sua strada nello studio della pianta, dalla riduzione dell’ansia e dell’infiammazione alla stimolazione dell’appetito e alla riduzione della pressione sanguigna.
Tuttavia, è fondamentale avvicinarsi a questi argomenti con una mentalità aperta ma cauta, basando le proprie decisioni e opinioni su dati scientifici e studi approfonditi. E, soprattutto, tenendo a mente che:
- si tratta di una pianta che, a eccezione della sua variante a basso contenuto di THC, è ancora considerata illecita in Italia;
- nel nostro Paese il suo utilizzo terapeutico è regolamentato da specifiche normative in base alle quali solo un medico può prescrivere medicinali a base di cannabis ai pazienti, esclusivamente come supporto per il trattamento di patologie ben precise indicate dalla legislazione in materia.