Gli eventi che hanno segnato la scena camorristica ponticellese nelle ultime settimane sarebbero strettamente correlati a un episodio ben preciso, verificatosi un anno fa, contestualmente al pentimento dell’ex affiliato ai De Micco-De Martino Antonio Pipolo.
Dopo aver ucciso il 29enne Carlo Esposito, affiliato al suo stesso clan d’appartenenza e il 53enne Antimo Imperatore, vittima innocente della criminalità, quando si è presentato spontaneamente in procura manifestando la volontà di voltare le spalle alla malavita, per fornire agli inquirenti una prova concreta della sua attendibilità di collaboratore, Pipolo diede indicazioni ben precise che portarono al sequestro di un ingente quantitativo di droga.
Un sequestro che provocò un buco considerevole nelle finanze del clan De Micco-De Martino. Una serie di elementi, unitamente alle intercettazioni, fin dal primo momento hanno portato gli inquirenti a dedurre che quel carico di droga fosse riconducibile a Ciro Naturale, il 46enne di recente rimasto gravemente ferito in un agguato, da sempre addentrato nel business del narcotraffico e che in quel momento storico ricopriva il ruolo di reggente dei De Micco, rappresentandone il cuore pulsante, il fulcro intorno al quale ruotava l’economia del clan e non solo. L’agguato indirizzato al ras che portò i De Luca Bossa a piazzare una bomba nell’auto della moglie, poche ore dopo il sequestro, rappresentò la prova plateale e tangibile del ruolo apicale ricoperto dal 46enne.
Proprio quella sequenza di eventi che si susseguirono a distanza ravvicinata avrebbero concorso a sancire il punto di non ritorno tra Naturale e le altre figure apicali dell’organizzazione, in primis i De Martino. Poco prima del terremoto di eventi introdotti dal pentimento di Pipolo, infatti, fu scarcerato Francesco De Martino, fondatore dell’omonimo clan: pochi mesi dopo, anche il suo secondogenito Giuseppe è tornato a Ponticelli. Due delle tante scarcerazioni eccellenti che hanno concorso a rinfoltire il clan De Micco-De Martino e che hanno contribuito a stravolgere gli equilibri camorristici, dentro e fuori dall’organizzazione.
I vertici della cosca avrebbero attribuito le responsabilità di colpa che avevano determinato quel grosso buco nel bilancio delle finanze del clan, in seguito al sequestro, proprio a Naturale. La droga sequestrata doveva rifornire le tante piazze di droga gestite dai Bodo-XX nel quartiere e nei comuni limitrofi, pertanto quel sequestro aveva comportato una duplice perdita per la cosca, costretta a farsi carico di un’ingente spesa imprevista per approvvigionare gli arsenali della droga, rinunciando la contempo ai proventi che sarebbero derivati dalla vendita dello stupefacente sequestrato. Motivo per il quale i vertici del clan avrebbero preteso che quel buco in bilancio venisse saldato da Naturale, reo di non essere stato in grado di custodire in maniera sicura il carico e di non essere ugualmente riuscito a fiutare il pericolo, attivandosi prontamente per sventare quell’ingente danno, ricaduto sull’intera organizzazione. A partire da quel momento, in sostanza, Naturale sarebbe stato obbligato a versare nelle casse del clan una quota mensile proprio per colmare quel ‘debito’. contratto suo malgrado. Un impegno che sarebbe ricaduto anche su uno dei suoi parenti, direttamente coinvolti nel business della droga, in quanto gestore di una delle piazze più redditizie del quartiere, quella radicata nel “grattacielo” di via Franciosa. Assodato che quest’ultimo gestiva l’attività di spaccio radicata nell’ex arsenale dei Casella per conto dei De Micco, sembra che le responsabilità di quell’ingente sequestro avvenuto un anno fa siano in qualche modo ricadute anche su di lui.
Una situazione che ha suscitato il crescente malcontento di Naturale, per giunta sempre più braccato dai rivali del clan De Luca Bossa che nel corso dell’estate 2022, in seguito all’attentato che distrusse la Jeep di sua moglie, non facevano nulla per nascondere la ferma volontà di ucciderlo. Consapevole di essere finito nel mirino della cosca del lotto O e insofferente per le incomprensioni e le divergenze di vedute che lo portavano a non condividere le decisione dei nuovi vertici del clan, Naturale stava prendendo le distanze dal contesto camorristico ponticellese, trascorrendo lunghi periodi lontano dal quartiere. Il punto di non ritorno sarebbe scaturito proprio dall’ennesima discussione riconducibile a ragioni di carattere economico, nel corso della quale Naturale manifestò la volontà di uscire dall’organizzazione per dedicarsi ai suoi affari in maniera autonoma e indipendente, proprio perchè stanco di perdere ingenti somme di denaro per via della gestione poco oculata dei nuovi boss dell’organizzazione.
In quest’ottica, non risulta difficile capire perchè la sera seguente all’agguato che ha gravemente ferito Naturale, si sia verificata una sparatoria proprio a ridosso del “grattacielo” di via Franciosa. L’ipotesi che gli affiliati al clan dal quale Naturale aveva deciso di dissociarsi ne abbiano deliberato la morte, in virtù dello scenario che fin dai primi istanti si è delineato intorno all’agguato, trova sempre più riscontro nella realtà. Non a caso, la sera successiva all’agguato indirizzato all’ex ras dei De Micco, nel mirino dei killer è finita la piazza di droga gestita dal parente di Naturale.
Appare quindi chiaro perchè il destino di Naturale sia legato a filo doppio a quello del gestore del business della droga nella zona di via Franciosa, teatro dell’ennesima “stesa” avvenuta la scorsa notte, dove vivono altri soggetti che per ragioni analoghe potrebbero essere finiti nel mirino della cosca attualmente egemone a Ponticelli. Ormai chiusa la partita con Naturale, sopravvissuto all’agguato dopo diversi giorni trascorsi in rianimazione in condizioni critiche, l’attenzione dei killer si starebbe spostando sui soggetti invischiati nella stessa vicenda che avrebbe portato alla brusca rottura dei rapporti con il 46enne broker della droga, miracolosamente sopravvissuto a quella condanna a morte.