Ennesimo arresto eccellente all’ombra del Vesuvio che concorre a indebolire ulteriormente il già rimaneggiato clan De Luca Bossa di Ponticelli.
A finire in manette Carmine Pecoraro, 36enne affiliato al clan del Lotto O, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, in quanto gravemente indiziato del reato di tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso. In particolare, Pecoraro, facendo esplicito riferimento alla sua appartenenza al clan De Luca Bossa, avrebbe preteso il pagamento di una somma di denaro da parte del titolare di un’azienda impegnata nei lavori di pulizia e di manutenzione all’interno dell’Ospedale del Mare di Ponticelli. Un tentativo di estorsione che va interpretato come l’ultimo colpo di coda del clan De Luca Bossa, in seguito al blitz che ha tradotto in carcere le figure apicali dell’organizzazione. Pecoraro era uno dei pochi superstiti e pertanto tenuto a tentare il tutto per tutto, ancor più all’indomani dell’analoga operazione che aveva fatto scattare le manette per altri elementi di spicco del clan e alla quale era scampato per insufficienza di prove.
Tuttavia, il suo nome figura in più episodi riportati nell’ordinanza di custodia cautelare che lo scorso gennaio ha fatto scattare le manette per “i bombaroli di Ponticelli”, artefici – tra le tante cose – della notte delle bombe che portò all’esplosione di tre ordigni a distanza ravvicinata nella notte tra il 22 e il 23 luglio 2022. Il ruolo ricoperto da Pecoraro all’interno del clan De Luca Bossa emerge dalle intercettazioni che ricostruiscono le fasi salienti che scaturirono dal sequestro dell’arsenale di armi nelle disponibilità della cosca del Lotto O. Pecoraro figura tra i partecipanti alle riunioni in casa Marfella e fu tra i primi affiliati contattati per reperire armi. Il 36enne garantì la sua piena disponibilità, in quanto consapevole dell’emergenza in corso in tal senso e che esponeva l’organizzazione a un pericolo tangibile, in quanto impossibilitata a fronteggiare la faida in corso senza il supporto di armi.
Pecoraro era riuscito a farsi spazio tra le fila del clan De Luca Bossa nel corso della faida con i De Micco-De Martino che arroventò l’estate 2022, dopo il debutto in veste di fedelissimo di Alessio Bossis, il 22enne aspirante ras assassinato lo scorso ottobre. Pecoraro partecipò alla stesa in Piazza Trieste e Trento a Napoli, voluta per intimorire i rampolli del clan Mariano con i quali Bossis e i suoi amici avevano avuto una lite in discoteca la sera precedente. Dopo un periodo trascorso in carcere è tornato nel quartiere della periferia orientale di Napoli con le idee chiare: l’assidua frequentazione di soggetti legati alla cosca del Lotto O trapela anche dai fermi di polizia effettuati nel corso dell’estate 2022. Pecoraro fu infatti fermato a bodo di uno scooter con Alessandro Ferlotti, braccio destro di Umberto De Luca Bossa e successivamente in auto, in compagnia di Luca Concilio. La sua ascesa all’interno dell’organizzazione fondata da Tonino ‘o sicco, in seguito alla dissociazione dal clan Sarno è sottolineata anche da un altro episodio cruciale: è proprio Carmine Pecoraro a insediarsi nell’appartamento dal quale fu cacciato un affiliato al clan De Martino nell’isolato 12 del rione De Gasperi. Un’occupazione abusiva che matura in un momento storico ben preciso: quando nel corso della faida con i De Micco-De Martino, tra le tante cose, i De Luca Bossa miravano anche ad insediarsi nell’ex roccaforte dei Sarno. Un atto di rivalsa indirizzato agli ex boss di Ponticelli, oggi collaboratori di giustizia che con le loro dichiarazioni hanno inguaiato numerosi affiliati, costretti a incassare sonore condanne, oltre che una strategia mirata a consolidare il potere della cosca radicata nel Lotto O che in quel momento storico era particolarmente galvanizzata, complice la scarcerazione di Christian Marfella, fratellastro di Antonio De Luca Bossa, reduce da una lunga detenzione e intenzionato a riscattare le sorti del clan di famiglia.
Come detto, fino allo scorso gennaio, gli indizi a carico di Pecoraro non erano schiaccianti. Neanche il collaboratore Antonio Pipolo lo aveva menzionato tra i soggetti addentrati nelle dinamiche camorristiche del quartiere.
Uno scenario ben diverso rispetto a quello che poche ore fa lo ha portato a finire in carcere con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Di recente si era reso irreperibile, ma i poliziotti della Squadra Mobile di Napoli sono riusciti a rintracciarlo in un comune dell’avellinese per condurlo in carcere.