La faida tra i De Micco e i D’Amico per il controllo degli affari illeciti nel quartiere napoletano di Ponticelli, raggiunse il primo punto di non ritorno la sera del 29 gennaio del 2013 quando, in via Arturo Toscanini, nel Rione Conocal, fortino del clan D’Amico, i sicari del clan De Micco uccisero Gennaro Castaldi, di 21 anni e Antonio Minichini, di 19 anni.
A carico del 19enne risulta un’indagine per rapina, ma il suo è un cognome pesante che gli deriva da parentele di primo piano nel panorama camorristico: Antonio Minichini è il figlio di Anna De Luca Bossa, sorella di Tonino ‘o sicco, dapprima luogotenente dei Sarno e poi distaccatosi da questi ultimi per fondare un clan autonomo, e figlia di Teresa De Luca Bossa, la prima donna detenuta in regime di 41 bis. Nato dall’unione tra la lady-camorra del Lotto O e il boss Ciro Minichini detto Cirillino che aveva avuto due figli da una precedente relazione, Antonio Minichini è il fratellastro di Alfredo e Michele, due figure più che addentrate nelle dinamiche camorristiche che a partire da quella sera si avvicenderanno tra le strade della periferia orientale di Napoli. Infatti, così come rimarca il tatuaggio inciso sul petto di Michele Minichini, da quel momento i due fratellastri non hanno mai smesso di bramare vendetta.
Dopo diversi anni trascorsi in sordina, costretti a subire la furia egemone dei De Micco, in seguito al blitz che nel 2017 sancì la prima battuta d’arresto del clan, i Minichini confluirono nell’alleanza tra le vecchie famiglie d’onore dell’area orientale di Napoli, riuscendo a conquistare il controllo del territorio.
Una leadership durata all’incirca un anno: complici i primi arresti, le fondamenta dell’alleanza iniziarono a vacillare, dando il via a una serie di dissidi che suscitarono il malcontento dei detenuti, non solo in ordine al trattamento economico a loro riservato, ma anche in riferimento alla piega che stavano assumendo gli affari criminali.
In questo clima, il 10 luglio del 2018, matura un colloquio in carcere piuttosto significativo tra Michele Minichini e Gabriella Onesto, dal quale trapela tutta la collera del ras per la mancata vendetta nei riguardi degli assassini del fratellastro, ma Minichini riversa tutta la sua rabbia anche sui D’Amico dichiarando che l’alleanza stipulata nel 2013, nell’ambito della faida tra questi ultimi e i De Micco fu un errore madornale, perché a causa loro avevano subito l’omicidio di Antonio Minichini.
Gabriella Onesto rincara la dose sostenendo che i D’Amico in quel momento storico si sentivano più forti, perchè si vociferava che di lì a poco avrebbero beneficiato di una scarcerazione eccellente, quella di Ciro Perrella.
Inoltre, la Onesto narra un episodio relativo a un “cavallo di ritorno” (furto di una motocicletta, restituita al legittimo proprietario in cambio di un “riscatto” in denaro) praticato ai danni di un suo parente proprio dai D’Amico. Un fatto che aveva indispettito la donna, in quanto questi ultimi non avevano tenuto conto del vincolo di parentela che intercorreva tra la vittima e la lady-camorra che in quel momento ricopriva un ruolo di rilievo all’interno dell’alleanza tra i vecchi clan di Napoli est.
Proprio quest’ultimo racconto convince Michele Minichini del fatto che la separazione dal clan D’Amico era ormai inevitabile.
“Carmelotto si sbatte sano sano…. ci vuole attaccare mò che esce… ma fammelo acchiappare, quante mazzate ci devo dare, poi ti faccio vedere… io ce lo devo far capire a quella zozzosa di tua sorella (afferma, rivolgendosi a suo fratello Alfredo, seduto al tavolo accanto) che se la fa con quella gente che già ha pagato una cosa che non era sua, insieme a quella gente, ancora insieme a quella gente… Quella razza ci ha portato Antonio da dentro casa nostra… per mezza loro è morto Antonio… non si è resa conto che Antonio è morto per mezza di quella gente… Esce Roberto (Boccardi) sai quante mazzate gli dà?”
“Disse che io dovevo pigliarla per i capelli Melania”, aggiunge Gabriella Onesto.
Michele Minichini: “E che faccio il cane di pecora io? Non ho mai fatto il cane di pecora di nessuno. Se dobbiamo litigare, dobbiamo litigare.”
Gabriella Onesto: “Quella è pure la tipa che verrebbe a fare la scema.”
Michele Minichini: “Una bucchina di mazziata a quella palla di siv’ (ndr grossa/grassa) tu glielo devi dire a questo (tira indietro l’occhio con il dito per indicare un soggetto dai tratti somatici orientali, alludendo verosimilmente a Francesco Audino soprannominato “il cinese”) “sta un macello il fatto dei fraulella, dei carcerati lo vogliono attaccare, non so chi di loro deve uscire mò. Ci vogliono attaccare.. Tommaso si è scannato giù là, tu diglielo, Tommaso ha litigato con Carmelotto…”
Gabriella Onesto: “Quello deve uscire il compare della mamma di Checco Petri”. (Ciro Perrella, legato sentimentalmente alla mamma di Francesco Petri, a sua volta fidanzato con una delle figlie del boss Antonio D’Amico).
Michele Minichini: “Checco Petri sta giù al Conocal?”
Gabriella Onesto annuisce.
Michele Minichini: “Abbiamo fatto la carne sotto e i maccheroni sopra.”
In riferimento alla vicenda del “cavallo di ritorno”, Gabriella Onesto racconta di essere stata impegnata un’intera giornata nella trattativa insieme a tale Peppe, presumibilmente Giuseppe De Luca Bossa, in quanto la donna lo indica come il cugino di Minichini: “devi vedere cosa sta combinando (…) quattrocento euro glieli ho portati io, ho detto: ‘Melania diglielo a tuo cognato questa cosa gliela devo dire a Michele’ disse: ‘e con questo che vuoi dire che Michele deve litigare con Carmelotto?’
‘No -dissi io – però il gesto come l’ha fatto tuo cognato’… volle per forza i soldi…sono una razza di cornuti proprio.”
Michele Minichini: “Digli: Melania a momenti Bossis uscirà, vi deve fare un culo tanto. Diglielo, ma comincia dalle femmine. però dille ‘non fate la gloria due tre mesi’. Diglielo ‘Non fare la gloria’. Diglielo: non fare la gloria di due tre mesi perché dopo andate a finire male.”