I due raid avvenuti a poche ore di distanza tra Ponticelli e Napoli, lo scorso martedì 27 giugno, sembrano inequivocabilmente ufficializzare la ripresa delle ostilità tra i De Micco e i D’Amico, due clan operanti a Ponticelli e in guerra per il controllo del territorio fin dai tempi della dissoluzione del clan Sarno.
Il primo, avvenuto intorno alle 19, in via Maria Callas, nel rione Conocal di Ponticelli, storica roccaforte del clan D’Amico. Una raffica di colpi d’arma da fuoco esplosi ad altezza d’uomo che hanno danneggiato anche alcune auto in sosta.
Poche ore, a Piazza Mercato a Napoli, un 21enne legato ai De Micco è stato ferito alla gamba destra da un proiettile in maniera lieve. Una gambizzazione in piena regola.
E’ l’ultimo epilogo di una faida che si combatte, a fasi alterne, da circa 10 anni, nel corso dei quali si sono registrati non pochi eventi clamorosi. Delitti eccellenti, come quelli di Antonio Minichini, il figlio 19enne della lady-camorra Anna De Luca Bossa e del boss Ciro Minichini, ma anche quello di Annunziata D’Amico, sorella di Antonio e Giuseppe, fondatori dell’omonimo clan, uccisa quando ricopriva il ruolo di reggente dell’organizzazione. Tra i colpi di scena più clamorosi, spicca il legame sentimentale nato tra due delle figlie del boss Antonio D’Amico e le giovani leve della camorra, cresciute sotto l’ala protettrice dei De Micco.
Si tratta di Francesco Petri, finito insieme ai suoi familiari nel piano di vendetta ordito da Alessio Bossis, un tempo fidanzato con l’attuale madre dei suoi figli. Quando Bossis venne a conoscenza della loro relazione, cacciò di forza la sua famiglia dall’appartamento in cui viveva per appropriarsene. E’ solo uno dei tanti episodi che concorre a chiarire le concitate e contorte trame che negli ultimi tempi si stanno avvicendando sul fronte camorristico ponticellese.
Basta pensare che l‘altro genero del boss D’Amico, Matteo Nocerino, figlio di Massimo “patacchella”, figura di spicco della malavita locale ai tempi dei Sarno, è anche il cugino di Antonio Nocerino detto “brodino”, uno dei giovani che con le sue gesta ha notevolmente favorito l’ascesa dei De Micco, tant’è vero che la defunta boss Annunziata D’Amico bramava di scioglierlo nell’acido.
In questo clima matura la nascita di due nuove famiglie, nelle cui vene scorre sangue ibrido, concorrendo così non solo alla genesi di una nuova generazione, ma anche di un’altra era camorristica, soprattutto tra le rovine dei grigi palazzoni del rione Conocal, storica roccaforte dei D’Amico.
Se inizialmente, i giovanissimi generi del boss “Tonino fraulella”, cresciuti letteralmente in simbiosi con i giovani rampolli del clan De Micco e a loro tuttora legati da un’amicizia fraterna, sono dirottati nel fortino dei D’Amico per dare man forte a Vincenzo Costanzo, il 26enne nipote acquisito del boss Antonio D’Amico, concentrandosi soprattutto sul controllo degli affari illeciti circoscritti alla zona di competenza del clan, negli ultimi tempi lo scenario stava cambiando rapidamente.
Complice non solo la scarcerazione di “Brodino”, ma anche l’ormai nota volontà di Costanzo di estromettersi dagli affari malavitosi per trasferirsi all’estero, i due giovani mariti delle figlie del boss D’Amico avevano preso il sopravvento, subentrando a Costanzo nel controllo degli affari. Matteo Nocerino è stato arrestato lo scorso 6 maggio, il giorno successivo all’omicidio di Costanzo, intercettato da una pattuglia della polizia mentre ritornava a Ponticelli dopo essere tornato, insieme a un nutrito gruppo di giovani, sul luogo del delitto, in piazza Volturno a Napoli, per compiere una “stesa”. Nella stessa circostanza, fu tratto in arresto insieme a lui anche Gaetano Maranzino, cugino fraterno di Costanzo, notoriamente estraneo alle dinamiche camorristiche e con una brillante carriera calcistica alle spalle.
Se fino all’operazione Delenda – il blitz che nel 2016 ha decapitato il clan D’Amico – i fraulella erano parte attiva di un unico clan, in seguito a quella massiccia operazione che portò all’arresto di centinaia di affiliati, lo scenario sembra mutato.
Vincenzo Costanzo, supportato dai cugini acquisiti e da un nutrito gruppo di giovani cresciuti insieme a lui nel Conocal, unitamente alla parte di famiglia che ha appoggiato la sua leadership camorristica, ha dato il via alla versione 2.0 del clan D’Amico, mentre la restante parte della famiglia, costituita da coloro che si rispecchiano tuttora nel modus operandi che in passato ha portato la cosca a gestire dozzine di piazze di droga nel Conocal e non solo, starebbe progressivamente risalendo la china, dopo anni trascorsi in sordina, anche grazie ad una serie di scarcerazioni eccellenti.
Uno scenario ben chiaro fin da prima dell’omicidio di Costanzo e che in seguito alla sua uscita di scena è diventato ancora più nitido. Le sorelle di Annunziata D’Amico, al pari dei figli della donna-boss uccisa nel 2015 da Antonio De Martino, killer per antonomasia del clan dei “Bodo”, hanno disertato i funerali di Costanzo, ma anche il tributo-show in stile “Gomorra” andato in scena nel Conocal in occasione del trigesimo della morte. Un atteggiamento che lascia intravedere la rottura interna alla famiglia D’Amico, probabilmente aggravatasi in seguito all’alleanza di cui Costanzo si era fatto promotore poco prima di essere assassinato, mostrandosi in compagnia di diversi affiliati del clan De Micco-De Martino, a ridosso della pista da ballo di una nota discoteca capitolina.
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Un’alleanza bruscamente interrotta dal botta e risposta dello scorso martedì 27 giugno e che inevitabilmente introduce uno scenario che esige chiarezza. Considerata la posizione “scomoda” di Petri e Nocerino che mai potrebbero dichiarare guerra ai membri della famiglia di cui sono parte integrante, dopo aver messo al mondo i nipoti del boss Antonio D’Amico, ma che al contempo difficilmente potrebbero impugnare le armi per entrare in conflitto con gli amici di sempre. Ragion per cui appare piuttosto chiaro che l’ago della bilancia potrebbero essere proprio loro.