A meno di un anno di distanza da uno dei pomeriggi più concitati della storia del quartiere Ponticelli, arrivano le condanne in primo grado per i membri del commando che esplose diversi colpi d’arma da fuoco ad altezza d’uomo, per circa 50 metri, lungo viale Margherita, nel corso del pomeriggio di sabato 2 luglio 2022.
Fu il primo episodio eclatante che diede il via alle ostilità tra i clan in guerra per il controllo del territorio, dopo una battuta d’arresto durata diversi mesi. Forte della scarcerazione di Christian Marfella, fratellastro di Antonio De Luca Bossa, la cosca del Lotto O lanciò platealmente il guanto di sfida ai rivali del clan De Micco mettendo la firma su quello che doveva essere un agguato, voluto per uccidere un affiliato alla compagine nemica, ma che invece rischiò di tramutarsi in una strage di innocenti.
Un commando composto da quattro giovanissimi, disposti in coppie su due moto, a volto scoperto, partì dal Lotto O diretto al “Super bar”, luogo di ritrovo abituale di diversi affiliati al clan De Micco, ubicato in una delle zone più frequentate del quartiere.
Le videocamere delle attività commerciali presenti lungo la strada percorsa dal gruppo di fuoco ha consentito agli inquirenti di identificarli in tempi record e di ricostruire l’intero percorso.
Una volta giunti sul posto, i due passeggeri hanno esploso una raffica di colpi di mitraglietta ad altezza d’uomo, danneggiando diverse auto parcheggiate in zona, proprio perchè avevano cercato di colpire uno o più soggetti mentre fuggivano e trovarono riparo proprio dietro i veicoli in sosta.
Un raid eclatante che seminò sconcerto e paura tra i residenti in zona per il fatto che i killer non avessero esitato a sparare, malgrado la massiccia presenza di cittadini estranei alle vicende camorristiche che potevano concretamente rischiare di avere la peggio.
Le manette per i quattro autori del raid scattarono 18 giorni dopo: tutti giovanissimi, tra i quali spicca la presenza di un minorenne scagionato dalle accuse pochi giorni dopo l’arresto perchè i frame che lo inchiodavano non fornivano prove nitide, in grado di accertare in maniera inconfutabile la sua identità.
Troppo schiaccianti, invece, le prove a carico di Emmanuel De Luca Bossa, il 24enne figlio minore del boss Antonio che aveva terminato di scontare una pena ai domiciliari appena pochi giorni prima. A inchiodarlo, infatti, non solo le immagini in cui sono visibili i tatuaggi. De Luca Bossa junior, quando si è recato in viale Margherita per compiere quel raid, indossava la stessa camicia che figurava in uno scatto pubblicato sui social nei giorni successivi. Un epic fail clamoroso che ha costretto il rampollo di casa De Luca Bossa a non poter fare altro che ammettere le sue responsabilità.
Emmanuel De Luca Bossa, detto “Chicco” è stato condannato a sei anni e otto mesi di reclusione, al pari di Giuseppe Damiano, un altro membro del commando di 21 anni. Pena più severa per il 24enne Vincenzo Barbato che ha incassato sette anni e quattro mesi.