Le tensioni che hanno messo a dura prova l’egemonia dei De Micco-De Martino di Ponticelli nel corso dell’estate targata 2022, ormai sono solo un lontano ricordo. I “Bodo-XX”, archiviate le fibrillazioni che hanno segnato la faida per il controllo del territorio nei mesi scorsi, non devono fare altro che gestire gli affari affinchè nelle casse del clan confluiscano guadagni ingenti e adottare strategie ed escamotage utili a raggirare le insidie insite nelle indagini delle forze dell’ordine.
Un clan storicamente propenso ad adottare un profilo basso, proprio per evitare di attirare l’attenzione degli investigatori e privilegiare gli affari illeciti, motivo per il quale negli ultimi tempi le figure apicali dell’organizzazione stanno ricorrendo a una serie di accorgimenti finalizzati ad ostruire il lavoro delle forze dell’ordine. Consapevoli di essere l’unico clan più strutturato rimasto operativo tra le strade di Ponticelli, in seguito al blitz che lo scorso novembre ha decapitato la cosca antagonista costituita dai vecchi clan dell’ala orientale di Napoli, i “Bodo-XX” sanno che i riflettori degli inquirenti ora sono principalmente puntati su di loro, motivo per il quale tra gli intenti da perseguire primeggia anche quello di adottare strategie utili a eludere controlli e perquisizioni, oltre ad evitare di lasciare tracce e prove che possano compromettere la posizione di boss e affiliati.
In primis, il grande merito dell’ordinanza che ha portato all’arresto di circa 70 persone è anche quello di aver rivelato dettagli importanti circa le strategie e le abitudini peculiari del clan attualmente egemone. Lo scorso novembre, infatti, non sono finite in manette solo boss e affiliati al clan De Luca Bossa-Minichini-Schisa-Aprea-Rinaldi, ma anche soggetti legati al clan De Micco-De Martino, come Ciro Ricci e Giovanni Palumbo, in carcere già dall’aprile del 2022 e accusati di aver partecipato all’omicidio di Carmine D’Onofrio, figlio naturale del boss Giuseppe De Luca Bossa, oltre a Ivan Ciro D’Apice, arrestato da latitante in Piemonte poche settimane dopo il blitz. Proprio dalle pagine che ricostruiscono il quadro accusatorio a carico dei giovani contigui al clan De Martino e poi confluiti nel clan De Micco, in seguito alla scarcerazione del boss Marco De Micco, emergono dettagli importanti circa le abitudini adottate dagli affiliati al clan radicati nella zona compresa tra il Rione Incis, il rione Fiat e il Lotto 10, i quali erano soliti riunirsi in un noto bar della zona, così come confermano i frame estrapolati dalle videocamere del locale. Era lì che si svolgevano incontri, riunioni, ma anche dialoghi con altri affiliati detenuti che usufruivano di telefoni cellulari. Una tana bruciata in quanto abbondantemente stanata e che ha imposto al clan di cercare un nuovo luogo di ritrovo abituale dove svolgere le riunioni necessarie per prendere decisioni e pianificare azioni, strategie, direttive. La casa che il boss Marco De Micco aveva dato mandato di ristrutturare nel Lotto 10, quasi come a voler lanciare un messaggio rassicurante ad affiliati e rivali rispetto al fatto che le accuse a suo carico siano destinate a cadere, è un nascondiglio ormai noto alle forze dell’ordine, motivo per il quale le figure di spicco dell’organizzazione, già da diversi mesi, sarebbero solite riunirsi in un basso nel rione Fiat, fortino del clan De Martino, sicuri del fatto che si tratti di un luogo sicuro e tranquillo, privo di videocamere e anche di microspie.
Così come l’utilizzo di auto a noleggio che vengono per giunta cambiate con una certa frequenza aiuta a disperdere le tracce, non rendendo identificabili i soggetti legati al clan e soprattutto i loro spostamenti. Quest’ultimo espediente sta diventando piuttosto ricorrente tra i membri delle organizzazioni camorristiche che evitando di acquistare dei veicoli si garantiscono una serie di ovvi vantaggi.
Per quanto concerne le comunicazioni tra i vari affiliati, le ordinanze più recenti confermano una duplice tendenza: l’utilizzo di un linguaggio in codice e di canali comunicativi sempre più moderni. Servirsi di parole sostitutive per fare riferimento ad armi, droga o a nomi di persone che è bene non nominare esplicitamente è un’espediente ricorrente da parte di soggetti sicuri di essere intercettati. Anche i canali di comunicazione di cui si avvale la camorra stanno cambiando: oltre ai telefoni “usa e getta” più difficili da intercettare, l’utilizzo di app di messaggistica come WhatsApp, Messenger e Instagram, oltre a Telegram e alle altre applicazioni in grado di autodistruggere le conversazioni, risulta sempre più frequente in quanto stimati essere canali comunicativi in grado di garantire maggiore discrezione rispetto alle classiche telefonate, ben più facili da intercettare.