Continuano a emergere dettagli e retroscena che concorrono a far luce sulle circostanze in cui è maturato l’agguato costato la vita al 26enne Vincenzo Costanzo, nipote acquisito del boss Antonio D’Amico. Malgrado la giovane età, da diversi anni, Costanzo gestiva e controllava gli affari illeciti nel Conocal di Ponticelli, rione storicamente controllato dalla famiglia/clan di cui è stato un perno portante, soprattutto all’indomani del blitz che nel 2016 portò all’arresto di centinaia di affiliati e che di fatto sancì la fine di un’era camorristica in casa D’Amico.
In questo clima, il giovane “Ciculill'”, così veniva soprannominato Costanzo, riuscì a ricompattare il clan di famiglia concentrandosi prettamente sul Conocal, il rione in cui l’organizzazione di cui era parte integrante è radicata da anni. Non solo spaccio di stupefacenti, ma soprattutto estorsioni a tappeto, perpetrate anche e soprattutto ai danni degli abitanti del rione estranei alle dinamiche camorristiche. Una politica che ha introdotto un clima di pesante insofferenza e di diffuso malcontento da parte dei residenti in zona, seppure orfano di denunce, a riprova del forte timore che la condotta del giovane ras era in grado di sortire.
Pur non rinunciando a una vita agiata e sfarzosa, Costanzo era riuscito a mettere da parte un bel po’ di risparmi che si apprestava ad investire all’estero per dare forma a un progetto ben preciso.
Seppure consapevole che a breve sarebbe finito in carcere per scontare una pena residua, Costanzo era fortemente intenzionato a trasferirsi in Germania, insieme alla sua fidanzata, per investire all’estero il capitale racimolato collezionando reati.
Un sogno infranto dagli spari dei killer che la sera del 5 maggio sono entrati in azione in piazza Volturno a Napoli, mentre le strade della città erano un tripudio di bandiere e tifosi in festa per la vittoria del terzo scudetto della storia del club partenopeo. Un omicidio che sarebbe maturato in un contesto ben preciso: la giovane figlia di elemento di spicco della camorra napoletana, radicato proprio nella zona del Borgo di Sant’Antonio Abate, teatro del delitto, si era invaghita di Costanzo. Secondo quanto riferito da alcuni parenti del ras ucciso, tra i due ci sarebbe stata anche una breve frequentazione. L’unico dato certo è che la giovane sarebbe stata vittima di un violento pestaggio da parte di una delle cugine di Costanzo, nonché figlia del boss Antonio D’Amico. Un affronto che non sarebbe passato inosservato al padre della ragazza che si sarebbe recato nel rione Conocal di Ponticelli per definire la questione con Costanzo e alcuni suoi familiari. Un chiarimento che sarebbe avvenuto pochi giorni prima dell’agguato.
E non è tutto.
Proprio in virtù dell’imminente trasferimento all’estero, Costanzo si era ritirato dalla scena camorristica ponticellese, lasciando ai cugini acquisiti, ovvero i mariti delle figlie del boss Antonio D’Amico, la reggenza del clan di famiglia. Pochi giorni prima di morire, Ciculill’ aveva deciso di chiudere i conti con la malavita, sicuro che sarebbe bastato a garantirgli di godersi gli ultimi giorni all’ombra del Vesuvio, senza particolari preoccupazioni.
Resta incomprensibile la scelta del giovane e dei suoi amici di recarsi a festeggiare lo scudetto azzurro proprio nella zona del Borgo di Sant’Antonio, pur consapevoli che si trattasse del territorio controllato dal ras che pochi giorni prima aveva avuto degli attriti con Costanzo. Secondo quanto riportato da alcune fonti vicine alla famiglia Costanzo, sarebbe stata la fidanzata ad insistere per recarsi lì, forse per inscenare una ripicca nei confronti della rivale in amore.
L’unico dato certo è che per non dare troppo nell’occhio, sperando di passare inosservato, Costanzo aveva tagliato i vistosi capelli ricci, probabilmente convinto che sarebbe così riuscito a confondersi tra i tanti tifosi azzurri che affollavano le strade della città, animati dall’unico intento di concedersi una serata di festa. Un dettaglio che conferma, in ogni caso, che la sua presenza in quella sede non era frutto di una casualità, ma era bensì necessaria per appagare un’esigenza, ancora tutta da decifrare. Numerosi frame apparsi sui social ritraggono il giovane in compagnia di tutto il nutrito gruppo di amici, poco prima del delitto, ma quando i sicari sono entrati in azione, su quella panchina, Costanzo era in compagnia della fidanzata e due coetanei. Perchè il resto della compagine lo ha lasciato solo?
Era sicuro di aver guadagnato lo status del cittadino qualunque agli occhi degli esponenti della malavita napoletana, in virtù delle dimissioni dal ruolo di gestore degli affari illeciti del clan di famiglia, annunciate appena qualche giorno prima. Un errore valutativo madornale che Costanzo ha pagato a carissimo prezzo. Amici e parenti sono sicuri che chi ha sparato non lo ha fatto con l’intenzione di uccidere, voleva solo saldare quel conto in sospeso con un “pezzo da novanta” della malavita locale, ma qualcosa è andato storto. Tuttavia, resta ancora in piedi l’ipotesi della gambizzazione simulata, in virtù della chirurgica precisione con la quale è stato piazzato il colpo letale, dritto all’inguine.
Opera di un cecchino dalla mira infallibile che sperava di inquinare le indagini, inscenando una lite scaturita per futili motivi e finita in tragedia o di un killer irruento e inesperto che doveva solo “dare una lezione” a Costanzo e invece lo ha ucciso?