A far luce sull’omicidio del boss dei “Barbudos” del rione Sanità, Raffaele Cepparulo, avvenuto nel rione Lotto O di Ponticelli il 7 giugno del 2016, hanno contribuito soprattutto le dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia eccellenti: Tommaso Schisa, figlio della “Pazzignana” Luisa De Stefano e Antonio Rivieccio detto “Cocò”, affiliato al clan Sibillo del centro storico di Napoli che ha partecipato all’agguato in veste di esecutore materiale.
Tommaso Schisa, collaboratore di giustizia dall’estate del 2019, figlio di Roberto Schisa, condannato all’ergastolo in via definitiva per aver partecipato alla strage del bar Sayonara, un’azione camorristica pianificata dal clan Sarno in cui persero la vita quattro persone estranee alle dinamiche camorristiche, mentre sua madre, Luisa De Stefano, è andata incontro allo stesso destino del coniuge per aver partecipato proprio all’omicidio di Raffaele Cepparulo, in cui perse la vita anche Ciro Colonna, 19enne estraneo alle dinamiche camorristiche. La De Stefano ha ricoperto un ruolo cruciale nella pianificazione dell’omicidio che le è costato l’ergastolo e pertanto suo figlio – detenuto quando avvenne l’omicidio – riferisce alla magistratura una serie di informazioni che ha avuto modo di apprendere non solo dalle madre, ma anche dall’altro esecutore materiale, Michele Minichini, al quale era profondamente legato.
I killer entrarono in azione nel primo pomeriggio, nel circolo ricreativo di proprietà di Umberto De Luca Bossa, nel rione Lotto O. Minichini sparò a Cepparulo, seduto a un tavolino, mentre era intento a giocare a carte con altre tre persone, mentre nel caos generale, Rivieccio interpretò il gesto di Colonna – chinatosi per raccogliere gli occhiali che gli erano cascati durante la fuga – come il tentativo di raccogliere un’arma per replicare al fuoco e gli sparò un colpo a bruciapelo che lo raggiunse dritto al petto. I due si allontanarono dal luogo dell’agguato, grazie al supporto di un’auto che li attendeva.
Le dichiarazioni dei due collaboratori sono determinanti soprattutto per chiarire i ruoli ricoperti dai vari affiliati che parteciparono all’azione delittuosa. Di seguito, la deposizione resa alla magistratura da Tommaso Schisa:
“Michele Minichini mi disse che Umberto De Luca Bossa sapeva che avrebbero commesso l’omicidio nel suo circoletto. Era presente nel circoletto che era gestito da lui. Gabriella Onesto (cugina della madre e perno portante del clan, ndr) era a conoscenza dell’omicidio. Si doveva prendere Michele Minichini e Rivieccio sul posto ed erano andate Vincenza Maione e Ciretta (Cira Cipollaro, madre di Minichini, ndr). Non mi hanno precisamente raccontato il ruolo.
Vincenza Maione mi ha detto che lei era a conoscenza. Mi fu detto anche da mia madre e da Michele Minichini. Alfredo Minichini se non sbaglio doveva tenere a casa sua Rivieccio. L’omicidio di Cepparulo è stato commesso sia per favorire Ciro Rinaldi che per Michele Minichini. Michele Minichini si lamentava che Cepparulo aveva sparato più volte nel suo giardino. Ero presente quando si lamentava del comportamento di Cepparulo.
Ho parlato con Alfredo Minichini in carcere e mi ha detto che era stato graziato così come Gabriella Onesto. Anche loro, per come mi disse, erano coinvolti perchè sapevano dell’omicidio ed avevano partecipato all’organizzazione.
In particolare, Alfredo mi disse che lui doveva accogliere Rivieccio a casa sua e lo doveva portare sul luogo dell’agguato. Poichè Rivieccio era in ritardo, quando arrivò, lo accompagnò Vincenza Maione. Quest’ultima mi disse che a recuperare Minichini e Rivieccio doveva andare lei insieme a Ciretta, ma alla fine erano andare Ciretta e Gabriella Onesto. Me lo disse anche Michele Minichini.”
Ancora più rilevanti le rivelazioni di uno dei due esecutori materiali dell’omicidio, Antonio Rivieccio, detto Cocò, affiliato al clan Sibillo, collaboratore di giustizia dall’estate del 2021: “Non avete arrestato Gabriella Onesta che ha partecipato all’omicidio con noi. In particolare, ci ha accompagnato a casa dopo l’omicidio. Io e Michele Minichini dovevamo andare in motorino, ma era senza benzina. Io sono stato accompagnato da Enzina (Vincenza Maione, ndr) e dalla madre di Michele. Mi hanno accompagnato a casa di Anna De Luca Bossa. Lì ho trovato Anna e Michele e quest’ultimo mi ha detto che Gabriella ci avrebbe accompagnato a casa dopo l’omicidio e stava lì ad attendere. Si trovava sotto le scale che si trovano sotto il circoletto da dietro. Gabriella era a bordo di una Lancia Y nera, non so di chi fosse, ma era sempre nella sua disponibilità. Siamo saliti io e Michele e siamo andati a casa di Michele. A casa di Michele c’erano la mamma, i bambini. Alfredo, il fratello di Michele, non c’era. Preciso che ci siamo recati all’interno del circoletto di Michele Minichini adibito ad abitazione. Da lì sono stato accompagnato da Enzina e dalla mamma di Michele a casa di Anna De Luca Bossa, mentre Gabriella è rimasta lì.
Le pistole le abbiamo buttate in un bidone dell’immondizia lungo il tragitto. Le abbiamo pulite con lo spirito che era già nella macchina. Non se se Gabriella si era messa d’accordo con Luisa De Stefano e Vincenza Maione per svolgere anche un altro ruolo nell’omicidio. Quando abbiamo parlato dell’omicidio a casa di Luisa De Stefano, Gabriella non c’era.
Sapevamo che Cepparulo frequentava i De Micco perchè ce lo diceva Anna De Luca Bossa che lo vedeva sempre nel suo quartiere. Abbiamo deciso di ucciderlo perchè dava fastidio in quanto faceva stese, una anche dietro alla 46 (zona del rione Villa di San Giovanni a Teduccio controllata dal boss Ciro Rinaldi, ndr).
Dopo la stesa alla 46 vennero di notte da me Michele Minichini e Sergio Grassia, Bussarono, io scesi e mi dissero che avevano avuto una sparatoria dietro da Rinaldi e si doveva eliminare Ultimo. Cepparulo apparteneva alla Sanità, ai Genidoni, poi si spostò a Ponticelli e sapevamo che aveva avuto delle riunioni con i De Micco con i quali i Minichini erano in guerra.
Dopo l’incontro prendemmo appuntamento per il giorno dopo. Andai da Michele Minichini e insieme andammo da Ciro Rinaldi, dietro alla 46 nelle scale del suo palazzo dove tenevamo le riunioni. Eravamo io, Michele Minichini, Sergio Grassia e Ciro Rinaldi. Cepparulo era già un nostro obiettivo ma con la sparatoria è stata firmata la sua condanna a morte. Successivamente Michele, Anna De Luca Bossa e Luisa De Stefano organizzarono tutto.
Michele dopo tre o quattro giorni mi disse che ne aveva parlato con Anna De Luca Bossa e Luisa De Stefano e che avrebbero organizzato visto che Cepparulo frequentava il quartiere di Anna.
Avevamo un’organizzazione precisa anche per la filata. Avevamo due telefoni, uno lo usava Anna, l’altro Michele. Ho saputo che Gabriella stava già aspettando quando sono arrivato a casa di Anna De Luca Bossa per partire per fare l’agguato. Quando ci recuperò ci chiese se Cepparulo era morto e noi abbiamo confermato e io le ho detto che avevo ucciso anche un ragazzo. (Ciro Colonna, estraneo alle dinamiche camorristiche, ndr).
Nella macchina Gabriella aveva anche lo spirito per pulire le pistole e un panno pronti sul sedile di dietro della macchina.”