Da circa un mese a Caravita – frazione del comune vesuviano di Cercola – si respira un clima concitato, complice la presenza di un gruppo di pregiudicati, scarcerati di recente, che starebbero cercando di appropriarsi del controllo dei traffici illeciti. Non solo piazze di droga, nel mirino degli aspiranti ras sono finiti tutti i soggetti invischiati in pratiche illegali: furti e rapine, imprese di pulizie, ma anche gli autisti che accompagnano i familiari in carcere per sostenere i colloqui settimanali con i parenti detenuti e tutti quelli capaci di trarre guadagni da pratiche analoghe, molti dei quali versano già regolarmente la tangente ai De Micco di Ponticelli, organizzazione che detiene il controllo del territorio anche in quella zona.
I soggetti indicati come le figure promotrici delle sfiancanti pratiche estorsive sono Eduardo Mammoliti Fiorentino detto “Fiore” trentenne nipote del ras dei De Luca Bossa Bruno Solla, ucciso lo scorso aprile in un agguato di camorra e fedelissimo dei De Luca Bossa di Ponticelli e Massimiliano Baldassarre detto “a serpe” di 46 anni. I due erano finiti nei guai lo scorso 8 maggio quando nel corso di una perquisizione nella zona delle case popolari di via Matilde Serao di Caravita – dove risiedono entrambi – erano stati arrestati dai poliziotti dei commissariati Decumani e Ponticelli per detenzione abusiva di armi e denunciati per ricettazione.
Baldassarre è riuscito a sottrarsi al carcere tornando così a Caravita pochi giorni dopo l’arresto per seguitare a capeggiare il piano finalizzato ad imporre l’egemonia di un nuovo cartello camorristico in quella sede, a discapito dei De Micco, mentre Fiorentino è rimasto dietro le sbarre. Negli ultimi tempi le estorsioni venivano praticate a nome di “quelli di Bartolo Longo”, dicitura utilizzata nel gergo locale per indicare i membri del clan De Luca Bossa, la cui roccaforte è radicata nel rione Lotto O in via Bartolo Longo. Ad onor del vero, ai soggetti affiancati dai membri riconducibili alla cosca che mira ad imporsi a Caravita veniva riferito di recarsi proprio nel quartier generale dei De Luca Bossa per versare i soldi richiesti. Un dettaglio che sottolinea l’unione d’intenti perseguita dai reduci del clan De Luca Bossa e la squadriglia sotto le direttive di Fiorentino, nipote del ras Bruno Solla, fedelissimo proprio della cosca del Lotto O ucciso lo scorso aprile.
Neanche le imposizioni a nome del clan De Luca Bossa, espediente verosimilmente utilizzato per inasprire i toni ed incutere maggiore timore, avrebbe sortito gli effetti sperati, in quanto i gestori delle piazze di droga e le altre persone coinvolte in altri business illeciti seguitano a palesare di non avere alcuna intenzione di pagare la tangente sia ai De Micco che al nuovo clan nascente, anche perchè consapevoli del fatto che tale azione sarebbe recepita dai famigerati “Bodo” di Ponticelli come un affronto, una mancanza di rispetto in piena regola, volta a sminuire l’egemonia e l’autorità del clan.
Baldassarre e Fiorentino, forti del supporto di una squadriglia di giovanissimi che attorniava il defunto Alessio Bossis, avrebbero fin da subito cercato di raccogliere soldi per tentare la scalata al potere, non riuscendo però a centrare l’obiettivo.
Tutt’altro che intenzionati a ridimensionare i loro piani, gli aspiranti ras di Caravita presidiano la zona delle case popolari di via Matilde Serao con le ronde, perennemente a caccia di soggetti ai quali indirizzare richieste estorsive.
Litigi e discussioni animate, soprattutto con i gestori delle piazze di droga, si registrano quotidianamente, ma quanto accaduto la sera dello scorso 1 giugno ben sottolinea il clima di pericolo e terrore che si respira nella zona delle cosiddette palazzine di Caravita.
Chiaro l’intento perseguito dal cartello che mira a conquistare il controllo dei traffici illeciti in quella sede, inculcando nei rivali e nei residenti in zona la finta convinzione che anche Fiorentino sia stato scarcerato e che dunque l’organizzazione stia beneficiando del pieno supporto di tutte le sue reclute più autorevoli. Un bluff che poteva costare caro al cartello nascente, in virtù della tanto repentina quanto inquietante replica della controparte. Almeno 12 colpi d’arma da fuoco dono stati esplosi poco dopo la mezzanotte, contro l’abitazione di Fiorentino. Una “stesa” voluta per indirizzare un chiarissimo messaggio intimidatorio.
Non solo perché quell’appartamento rappresenta il cuore pulsante del clan nascente, così come conferma la perquisizione che ha fatto scattare le manette per Baldassarre e Fiorentino. I poliziotti dei Commissariati Decumani e Ponticelli, il mese scorso, durante una perquisizione, hanno rinvenuto delle pistole, ma soprattutto un sistema di videosorveglianza che consentiva al ras di monitorare l’intera zona.
Inoltre, Baldassarre è solito mostrarsi affacciato alla finestra di quell’appartamento pressoché quotidianamente e per gran parte della giornata, tant’è vero che nei residenti in zona regna la convinzione che il braccio destro di “Fiore” possa anche pernottare in quella casa.
La camorra parla soprattutto servendosi di simboli e il cartello nascente fin da subito ha indicato quell’abitazione come il fortino del clan, intimando ai soggetti taglieggiati di recarsi proprio presso quell’abitazione per consegnare la tangente pretesa sui proventi dei business illeciti.
Così come per rafforzare la convinzione che Fiorentino fosse veramente riuscito ad ottenere gli arresti domiciliari e pertanto nuovamente tornato in quell’appartamento in via Matilde Serao, poco prima dello scoccare della mezzanotte di venerdì 2 giugno è andato in scena un lungo e plateale spettacolo pirotecnico. Il rituale per antonomasia di cui si avvale la camorra per festeggiare e annunciare una scarcerazione eccellente.
Un messaggio eclatante che non ha sortito l’effetto sperato: i rivali hanno replicato indirizzando un monito chiaro, sparando una raffica di colpi contro l’abitazione-simbolo del cartello nascente.
Poche ore prima dei fuochi e degli spari c’era stato un litigio, l’ennesimo, tra le reclute del clan nascente e i familiari di uno degli esponenti della malavita locale più radicati nella zona di Caravita, attualmente detenuto agli arresti domiciliari fuori regione. L’ennesima “alzata di resta” che ha sortito il puntuale malcontento della controparte, tutt’altro che intenzionata a supportare l’ascesa del clan che mira a conquistare il controllo del territorio.