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Ponticelli, le parentele acquisite hanno stravolto gli equilibri in casa D’Amico

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
16 Maggio, 2023
in Cronaca, In evidenza
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Ponticelli, le parentele acquisite hanno stravolto gli equilibri in casa D’Amico
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La famiglia D’Amico approdò nel Parco Conocal di Ponticelli, uno dei tanti rioni di edilizia popolare costruiti nell’era del post-terremoto del 1980. Provenienti dal centro di Napoli, nella fattispecie dalla zona di Montesanto, dove è radicata “la succursale” del clan facente capo a Giacomo D’Amico, fratellastro di Giuseppe ed Antonio, i boss fondatori dell’omonimo clan operativo nella periferia orientale di Napoli, i cosiddetti “fraulella” sono sempre stati un clan a conduzione familiare, grazie al supporto di cognati e parenti acquisiti che hanno mantenuto in vita la cosca anche in seguito all’arresto dei fratelli D’Amico, dando man forte soprattutto nel momento più delicato: l’omicidio di Annunziata D’Amico, la sorella di Antonio e Giuseppe che subentrò ai fratelli nella reggenza del clan e che fu vittima di un agguato confacente ad un boss. Anche per questo quel delitto destò stupore: la camorra, fino a quel momento, aveva riservato solo agli uomini quel trattamento.

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Un omicidio che ha sancito un punto di non ritorno nella storia camorristica di Ponticelli e che ha inflitto un colpo durissimo ai parenti. Annunziata D’Amico, uccisa a 40 anni in un agguato di camorra ordito dai De Micco, era madre di sei figli, quattro maschi e due femmine. Proprio per andare a far visita all’unico figlio maggiorenne, detenuto nell’istituto penitenziario di Santa Maria Capua Vetere, quella mattina abbandonò il suo bunker in via al Chiaro di luna nel rione Conocal nel quale viveva da diversi mesi da segregata in casa, consapevole di essere finita nel mirino dei rivali per essersi rifiutata di versare una tangente sui proventi delle quindici piazze di droga da lei orchestrate.

Annunziata D’Amico ha difeso il suo rione a discapito della vita. Ignara di essere intercettata, la donna-boss chiarisce in maniera inequivocabile la sua posizione rispetto alle richieste avanzate dai De Micco: “O’ Bodo (soprannome di Marco De Micco, fondatore dell’omonimo clan) in casa mia non mette nessuna legge”.

Un delitto eccellente, seguito da un blitz che ha portato all’arresto di centinaia di affiliati al clan D’Amico: il colpo di grazia definitivo che ha stroncato il business dello spaccio di droga saldamente radicato nel Conocal e al contempo ha decapitato la cosca che da decenni era radicata in quel rione. Una sequenza di eventi che ha funto da spartiacque, decretando l’incipit di una nuova era camorristica, seppure ripartita dai relitti del vecchio clan. Tra i pochi reduci rimasti a piede libero, sopravvissuti a quel terremoto giudiziario scaturito dagli arresti, spicca il giovane Vincenzo Costanzo, nipote acquisito del boss Antonio D’Amico, in quanto figlio della sorella della moglie. Malgrado avesse da poco compiuto la maggiore età, Costanzo è stato chiamato a ricompattare il clan, limitandosi per lungo tempo a gestire il controllo degli affari illeciti nel Conocal, il rione in cui è cresciuto, avviando una politica in netta rottura con quella che ha invece contraddistinto l’era dei fratelli “fraulella”, in primis perchè non riconosce agli abitanti del rione l’immunità della quale hanno beneficiato fino a quel momento. Le estorsioni e le azioni minatorie, seppure finalizzate ad estorcere esigue somme di denaro, riguardano principalmente gli abitanti del rione. A finire nel mirino del nuovo ras, non solo i soggetti a capo di business illeciti, ma anche i possessori di scooter e auto ai quali viene imposto il pagamento di pochi euro al mese per evitare che venissero incendiati, giusto per citare l’esempio più lampante. Diverse le azioni dimostrative inscenate in tal senso, per confermare agli abitanti del rione che era meglio non sfidare il nuovo giovane ras.

In uno scenario profondamente mutato, a dare man forte a Costanzo sopraggiungono i giovani fidanzati di due delle cinque figlie del boss Antonio D’Amico. Si tratta di due giovani provenienti da San Rocco, fortino dei De Micco, cresciuti insieme ai rampolli di quest’ultimo clan. Inoltre, uno di loro, Matteo Nocerino, esponente della terza generazione camorristica della sua famiglia è il cugino di Antonio Nocerino detto “brodino”, figura apicale dei “Bodo”, malgrado la giovane età.

La fetta di famiglia riconducibile al boss Antonio D’Amico intreccia così una parentela con soggetti legati al clan che ha ucciso sua sorella Annunziata.

Uno dei figli della donna-boss assassinata dai De Micco, di contro, si è legato sentimentalmente a una delle figlie del boss del Lotto O Giuseppe De Luca Bossa, con la quale ha messo su famiglia. La giovane è la sorellastra di Carmine D’Onofrio, il 23enne figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa, ucciso ad ottobre del 2021 dai De Micco.

Tanto basta per comprendere quanto sia complesso e concitato il clima che si respira in casa D’Amico, ancora di più all’indomani dell’omicidio di Vincenzo Costanzo che ha ufficializzato l’insediamento dei De Micco nel Conocal, quello stesso rione che Annunziata D’Amico difese a discapito della vita.

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