A 24 ore di distanza dall’omicidio di Vincenzo Costanzo, il 26enne ucciso a piazza Volturno, nei pressi di piazza Carlo III a Napoli, mentre tra le strade della città erano in corso i festeggiamenti per il terzo scudetto conquistato dal club partenopeo, due giovani imparentati con il ras del Conocal di Ponticelli sono tornati sul luogo dell’agguato per compiere una “stesa”.
Secondo quanto riferito da alcuni abitanti del Parco Conocal di Ponticelli che hanno appreso la notizia dai familiari degli arrestati, i due sono imparentati con Costanzo. Si tratterebbe di un cugino diretto, figlio di una sorella della madre di Costanzo e uno acquisito, legato sentimentalmente a una cugina del cosiddetto Ciuculill’.
I due sarebbero tornati sul luogo dell’agguato per compiere un’azione minatoria che nel gergo camorristico viene compiuta per indirizzare un monito a un rivale o per inscenare un depistaggio utile a confondere le idee agli inquirenti, consapevoli del fatto che la pista più accreditata al momento è quella riconducibile ad un atto di epurazione interna, necessario per eliminare una figura diventata scomoda e ingombrante. Le indagini in corso concorreranno sicuramente a far luce su entrambi gli episodi. Stando alla versione fornita dai parenti, i due sarebbero stati intercettati immediatamente da una pattuglia della Polizia di Stato che transitava sul posto.
L’unico dato certo è che il sentore che Costanzo potesse morire per mano del fuoco amico, negli ultimi tempi, di giorno in giorno, diventava sempre più accreditata, fino a trovare effettivo riscontro nella realtà durante una serata attesa da 33 anni dai tifosi di fede azzurra.
Il cugino acquisito, autore della “stesa” sfociata in un arresto avvenuto praticamente in tempo reale, già da qualche tempo era subentrato a Costanzo nella reggenza del clan radicato nel Conocal, in quanto quest’ultimo era ritenuto poco affidabile per via delle sostanze stupefacenti di cui stava facendo abuso. Inoltre, soprattutto di recente, il “nuovo ras” del Conocal, in più occasioni aveva sfoggiato una condotta irriverente e autoritaria dalla quale trapelava nitidamente la ferma volontà di ricoprire un ruolo autorevole all’interno dell’organizzazione in cui è confluito grazie all’unione con una delle figlie del boss Antonio D’Amico, dopo aver trascorso l’infanzia e l’adolescenza vivendo letteralmente in simbiosi con i coetanei appartenenti alle famiglie affiliate ai De Micco e con i figli degli stessi reggenti del clan che a suon di delitti eccellenti hanno conquistato il controllo del territorio, non risparmiando lacrime e dolore soprattutto alla sua “famiglia acquisita”.
Seguiranno aggiornamenti.