Nelle ore successive alla pubblicazione dell’articolo in cui denunciavamo l’occupazione coatta degli appartamenti da parte degli esponenti della malavita che controllano gli affari illeciti nel Parco Conocal di Ponticelli, alla nostra redazione sono pervenute molte altre segnalazioni, non solo in riferimento a questa situazione.
Diversi residenti in zona stanchi di vivere sotto la costante minaccia rappresentata dalla forte presenza della criminalità organizzata, hanno fornito una serie di informazioni precise e dettagliate che ben descrivono l’inquietante clima in cui tantissime persone estranee alle dinamiche camorristiche sono costrette a vivere.
A suscitare maggiore apprensione è proprio la recente alleanza tra gli eredi del clan D’Amico e le giovani leve del clan De Micco-De Martino che concorre a sedare – almeno sulla carta – ruggini e dissapori legati alla faida che prese il via in seguito al declino dei Sarno e che vide le due fazioni fronteggiarsi a suon di agguati ed azioni violente. Nell’arco degli ultimi dieci anni, si sono registrati plurimi episodi eclatanti e soprattutto delitti eccellenti, uno su tutti, quello della donna-boss Annunziata D’Amico, sorella di Antonio e Giuseppe, fondatori dell’omonimo clan, subentrata ai fratelli a capo dell’organizzazione in seguito al loro arresto e uccisa in un agguato di matrice camorristica il 10 ottobre del 2015. Un delitto sul quale, fin da subito, era inequivocabilmente visibile la firma dei De Micco, gli attuali alleati degli eredi del clan D’Amico.
“La passillona”, questo il soprannome della D’Amico, pagò con la vita il diniego di corrispondere ai De Micco la tangente sulle dozzine di piazze di droga che gestiva nel Conocal, “il suo” rione. Quel rione che ha difeso a discapito della vita. Un sacrificio eluso dalle nuove leve del clan che seguitano a mostrarsi complici e sorridenti, a ridosso delle piste da ballo più rinomate d’Italia, in compagnia dei loro coetanei contigui al clan De Micco-De Martino. Non solo per questo motivo il nuovo, clamoroso equilibrio suscita allarmismo e apprensione tra gli abitanti del Conocal.
I giovani ras del rione, sempre più spesso, si mostrano in uno stato di visibile alterazione, complice l’abuso di sostanze stupefacenti. I residenti in zona li definiscono “schegge impazzite”, a riprova della palese incapacità di autocontrollo che ostentano con livore ed esaltazione. Armati, spregiudicati, avvezzi a fare la voce grossa soprattutto con la gente comune per dare libero sfogo al potere criminale del quale dispongono e che gli deriva anche dalla rinsaldata intesa con i nuovi leader di Ponticelli. Una situazione che suscita allarmismo soprattutto in relazione alla presenza di bambini e giovani estranei alle dinamiche camorristiche che non possono essere costretti a rinunciare alla vita sociale e alle attività ludiche, ma proprio per questo esposti al pericolo di diventare un facile bersaglio sul quale i giovani ras del rione possono dare libero sfogo all’aggressività che faticano a contenere e gestire.
Fino a poco tempo fa, secondo quanto raccontano gli abitanti del Conocal, il reggente del “nuovo clan D’Amico”, l’unico membro dell’organizzazione legato da un vincolo di parentela diretto ai fondatori del clan, avrebbe dato man forte alla scalata al potere di Alessio Bossis, il 22enne affiliato al clan De Luca Bossa ucciso in un agguato lo scorso ottobre. Un omicidio voluto probabilmente per stroncarne i piani criminali e che di conseguenza avrebbe ridisegnato rapidamente priorità e strategie anche del ras del rione Conocal, fino ad entrare in affari con i potenziali assassini dello stesso Bossis.
A rendere la questione ancora più ingarbugliata concorre un altro retroscena: Bossis, in passato, era legato sentimentalmente ad una delle cinque figlie del boss Antonio D’Amico. Quando la relazione terminò e la giovane iniziò a frequentare un giovane vicino ai De Micco che oggi costituisce lo zoccolo duro del nuovo clan D’Amico, Bossis per vendetta cacciò il rivale in amore e i suoi familiari dall’alloggio popolare in cui viveva.
Il fatto che il giovane reggente del clan D’Amico abbia strizzato l’occhio all’artefice di un affronto così eclatante indirizzato ad uno dei perni portanti della neo-rifondata organizzazione, rappresenterebbe la prima scintilla che potrebbe rivelarsi destinata a sfociare in un epilogo violento.
Un’ipotesi avvalorata dall’uso spasmodico di stupefacenti da parte delle giovani leve del clan radicato nel Parco Conocal: chi si vede costretto a vivere a stretto contatto con quelle dinamiche imprevedibili assicura che l’armonia ostentata sui social sarebbe solo una farsa, un’operazione di facciata, verosimilmente voluta per palesare una sintonia che in realtà sarebbe sempre più precaria, minata dalle insidie insite nell’abuso di droghe.
Un altro dettaglio concorre ad avvalorare la tesi di una possibile epurazione interna, secondo gli abitanti del Conocal: gli altri elementi di spicco del clan D’Amico sono confluiti nel clan dopo aver messo su famiglia con le figlie del boss fondatore dell’organizzazione, ma sono amici d’infanzia delle giovani leve del clan De Micco. Motivo per il quale, qualora dovessero decidere di disfarsi dell’unico parente diretto dei “fraulella” andrebbero a delineare un assetto camorristico ben più in sintonia con le esigenze condivise da quel gruppo di amici fraterni, mettendo al sicuro non solo gli affari, ma anche l’incolumità di molte altre pedine strategiche e funzionali alle logiche camorristiche.
Secondo i testimoni diretti di questa situazione instabile e concitata, a giocare un ruolo determinante in tal senso sarà sicuramente la droga: lo stato di alterazione e allucinazione potrebbe infatti armare la mano di chiunque e in qualsiasi momento, in questa fase, come del resto sarebbe già accaduto qualche sera fa.
Alcuni abitanti del Conocal riferiscono di aver udito degli spari, ma di non aver visto poi sopraggiungere i lampeggianti dell’ambulanza e delle forze dell’ordine. Meno che mai si sono attivati per segnalare l’accaduto alle forze dell’ordine, in preda al timore di vedersi costretti a rilasciare le proprie generalità. Non è dato sapere se si sia trattato di una “stesa” o di un conflitto a fuoco, l’unico elemento certo è che chi ha udito gli spari si è guardato bene dal mostrarsi affacciato al balcone o alla finestra nel tentativo di comprendere cosa stesse accadendo in strada, a riprova del clima di paura che si respira nel rione.
Sulla stessa lunghezza d’onda i rumors del giorno dopo: nessuno ha voglia neanche di provare a dare un senso a quegli spari. Qualcuno parla di un soggetto ferito in maniera non grave per motivi riconducibili a beghe interne al clan. Un fatto che se confermato, legittimerebbe l’apprensione degli abitanti del Conocal, sempre più convinti che prima o poi ci scapperà il morto e per questo fermamente intenzionati a restare rintanati in casa il più a lungo possibile, seppure questo voglia dire rinunciare a vivere.