Prima a familiari ed amici e poi agli inquirenti, il cugino di Federico Vanacore, il 34enne assassinato a Ponticelli, mentre era a bordo della sua auto, lo scorso lunedì 6 febbraio, avrebbe raccontato, in visibile stato di choc, di essere riuscito a scappare assecondando un riflesso istintivo.
I residenti nella zona di San Rocco, la frazione di Ponticelli in cui vivono i familiari di Vanacore, tra cui anche il cugino che era in auto con lui quando i sicari lo hanno crivellato di colpi, riferiscono che il giovane, nelle ore successive all’agguato, era talmente spaventato da non riuscire neanche a parlare. Una sequenza rapida, violenta, efferata che ha colto anche lui di sorpresa e dalla quale è riuscito a sottrarsi, assecondando l’istinto di scendere dalla vettura e fuggire.
Chi ha avuto modo di incontrare il giovane all’indomani dell’assassinio del cugino e ha potuto testare di persona il suo visibile stato di choc, non riesce ad avere dubbi in merito all’attendibilità della versione da lui fornita, escludendo l’ipotesi che possa aver fatto da esca per consentire ai killer di uccidere Vanacore, almeno non in maniera consapevole.
Lo scenario maggiormente ipotizzato nel rione storicamente controllato dai De Micco, dove vivono i familiari di Vanacore è che forte del solido rapporto di amicizia che intercorre tra le giovani leve del clan De Micco e il cugino di Federico Vanacore, il ragazzo possa aver fatto da tramite, “da garante”, nell’ambito di un ipotetico incontro chiarificatore voluto per regolare qualche conto in sospeso e che poi entrambi hanno scoperto essere una trappola mortale, almeno per il 34enne. Diversamente non si spiegherebbe perchè due sicari a bordo di una moto non avrebbero raggiunto il giovane fuggito a piedi per uccidere anche lui, dopo aver assassinato Vanacore, ma gli avrebbero consentito di scappare, lasciando così a piede libero un potenziale testimone. Anche il giovane, quindi, ignorava le reali intenzioni dei sicari e inconsapevolmente avrebbe creato le condizioni utili per consentire l’omicidio di suo cugino. Questa, almeno per il momento, risulta l’ipotesi che con maggiore convinzione viene spalleggiata dalle persone che conoscono bene i familiari di Vanacore e che hanno avuto modo di raccogliere dalla voce dei diretti interessati la loro versione dei fatti.
Inoltre, il fatto che l’omicidio di Vanacore sia avvenuto contestualmente alla scarcerazione di Fabio Riccardi, figura di spicco del clan De Micco, ha introdotto un’altra ipotesi fortemente spalleggiata dai residenti in zona San Rocco, secondo la quale non sarebbe da escludere che il delitto sia stato voluto proprio per saldare un vecchio conto in sospeso tra i due. Una sorta di segnale premonitore, un monito inequivocabile lanciato a tutti coloro che starebbero manifestando reticenze e riserve nel riconoscere l’egemonia dei De Micco, ancor più galvanizzati e fortificati dalla scarcerazione di pedine cruciali e pertanto ancor più temibili.
Va anche precisato che, complice il carattere irruento e rissoso di Vanacore, il 34enne era un vero e proprio collezionista di rissa e rogne, molte delle quali intercorse con soggetti contigui alla malavita locale, ma anche con esponenti di clan camorristici di altre zone del napoletano. Una fitta collezione di episodi violenti che rendono oggettivamente difficile individuare il fattore scatenante che ha armato la mano del killer che lo ha assassinato in pieno giorno, lungo una delle strade più popolate del quartiere Ponticelli.