L’alleanza più chiacchierata della storia camorristica di Ponticelli finisce nuovamente sotto i riflettori, complice il blitz che lo scorso 28 novembre ha fatto scattare le manette per diverse figure di spicco della malavita locale, compresi Giuseppe De Luca Bossa e Domenico Amitrano, i due protagonisti più chiacchierati di quell’inimmaginabile coalizione. Entrambi scarcerati di recente, lo scorso 10 settembre, seppure abbiano goduto di poche settimane di libertà che hanno sfruttato in maniera completamente diversa.
Domenico Amitrano ha adottato un profilo bassissimo, secondo i bene informati temeva per la sua incolumità, motivo per il quale è rimasto rintanato nella sua abitazione, guardandosi bene dal mostrarsi in giro.
Molto più vistosa, invece, la condotta di Giuseppe De Luca Bossa che, tra le tante cose, ha intrattenuto lunghe conversazioni si Messenger con la direttrice di Napolitan.it, la giornalista Luciana Esposito per convincerla di non essere mai stato un camorrista e che le vicende giudiziarie che lo riguardavano erano solo “un malinteso” che aveva chiarito con la magistratura.
Giuseppe De Luca Bossa ha parlato anche del suo rapporto con Domenico Amitrano, in riferimento a quella clamorosa alleanza che destò scalpore soprattutto per il fatto che Domenico Amitrano solo per una fortuita casualità non si trovava seduto accanto al cugino Luigi, nell’auto blindata in dotazione di quest’ultimo per svolgere la mansione di autista dello zio, il boss Vincenzo Sarno, quando esplose l’ordigno piazzato nel ruotino di scorta per volere di Antonio De Luca Bossa.
Doveva essere un agguato eclatante, finalizzato ad uccidere il boss Vincenzo Sarno per annunciare in maniera eclatante la scissione di Antonio De Luca Bossa dai Sarno e invece, complice il dissesto del manto stradale, fu solo l’agguato che sancì un punto di non ritorno in cui perse la vita il giovane nipote dei boss di Ponticelli.
Una ferita mai sanata nel cuore dei familiari di Luigi Amitrano, tant’è vero che quell’alleanza suscitò viva indignazione su più fronti.
Giuseppe De Luca Bossa deride e schernisce la giornalista Luciana Esposito nel fare riferimento all’articolo da lei pubblicato per annunciare l’alleanza con Domenico Amitrano. “Un’alleanza mai esistita”, secondo Giuseppe De Luca Bossa, perchè lui e Mimì sono sempre stati in buoni rapporti, fin da bambini. Un’amicizia che neanche la morte violenta del cugino di Mimì, maturata per mano del fratello di Giuseppe avrebbe scalfito, secondo quanto riferito da quest’ultimo alla giornalista Luciana Esposito.
Domenico Amitrano, soprannominato Mimì ‘a puttana, era un affiliato al clan De Micco, per giunta imparentato con una figura di spicco. Durante la detenzione in carcere il suo nome era sul libro paga dei De Micco. Erano i “Bodo” a provvedere al suo mantenimento in carcere, ma quando gli furono concessi i domiciliari e tornò nel Rione De Gasperi di Ponticelli, quello che un tempo fu il fortino del clan Sarno, l’organizzazione capeggiata dai suoi zii per circa trent’anni, Amitrano capì che lo scenario era profondamente mutato e che l’unico modo che aveva per non restare relegato ai margini del contesto malavitoso era entrare in affari con i parenti dell’assassino di suo cugino Luigi.
Un sacrificio premiato dalle famiglie alleate di Napoli est: Domenico Amitrano aveva preso il posto di Tommaso Schisa come capo zona nel Rione De Gasperi di Ponticelli. Ed è proprio Tommaso Schisa, oggi collaboratore di giustizia, a rivelare alla magistratura il piano covato dai clan alleati: “Quando ero libero decidemmo, insieme al cinese, ai Minichini e a Peppe, avevamo deciso di ucciderlo perchè lo ritenevamo vicino ai De Martino.”
Un’ipotesi alimentata dalla precedente effettiva affiliazione ai De Micco, clan nel quale Antonio De Martino “XX” ricopre il ruolo di braccio armato, godendo della fama del killer cinico e spietato e che trova proprio nella ferita scaturita dalla morte del cugino un’altra valida motivazione per dedurre che Amitrano stesse facendo il doppio gioco, simulando fedeltà verso i nuovi alleati per colpirli alla prima occasione utile per vendicare la morte di suo cugino Luigi.
In riferimento all’intenzione dei Minichini-Schisa-De Luca Bossa di uccidere Domenico Amitrano, Tommaso Schisa rivela alla magistratura quanto segue: “Nel periodo compreso tra marzo e luglio 2018, dovevamo uccidere Mimì ‘a puttana. In particolare, il cinese, tramite Gabriella Onesto, mi mandò a chiamare e mi riferì del sospetto del gruppo nei confronti di questo Mimì ‘a puttana, da poco scarcerato, ritenuto responsabile di fare il doppio gioco con De Martino “XX”. Poichè Mimì dimorava nel Rione De Gasperi, ad eliminarlo dovevo essere io per questioni di competenza territoriale. Mi diedero la disponibilità di poter utilizzare per la commissione dell’omicidio Peppe Prisco. All’epoca Amitrano era agli arresti domiciliari. Ci appostammo per qualche giorno presso l’abitazione di mia zia Antonella De Stefano, ma non riuscimmo a beccarlo. In seguito desistemmo dall’azione in quanto Gabriella Onesto ci informò che la situazione era chiarita e che Amitrano stava con noi.”
Superata la “prova fedeltà”, Giuseppe De Luca Bossa e Domenico Amitrano inscenano una vera e propria campagna pubblicitaria sui social network per ufficializzare la nascita di quell’alleanza. Le foto e le stories che ritraggono i due insieme, felici e sorridenti, vengono pubblicate con una certa frequenza sui profili social di entrambi e non passano di certo inosservate.
“E’ stata una cosa sana quella di farci una vacanza e togliere pensieri negativi, già da lì dovresti apprezzarmi”, già perchè Giuseppe De Luca Bossa sostiene di aver trascorso le vacanze estive nel 2020 insieme a Domenico Amitrano per realizzare un sogno condiviso fin da ragazzi e che lo avrebbero fatto per “spezzare la catena”, quindi per dissociarsi dalle dinamiche malavitose. Una ricostruzione in netta antitesi con il quadro ricostruito dagli inquirenti e che ha fatto scattare le manette nuovamente per entrambi.
Autore di “più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso”, in questo modo gli inquirenti definiscono, in particolare, l’operato di Giuseppe De Luca Bossa quando era sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune casertano di Gricignano di Aversa da marzo del 2015 a dicembre del 2016. Si era più volte allontanato da Gricignano per recarsi a Marcianise, Cercola, Sant’Anastasia, frequentava abitualmente figure di spicco dell’organizzazione, in primis, Michele Minichini. Giuseppe De Luca Bossa viene indicato a capo dell’organizzazione, all’interno della quale ricopre un ruolo decisionale, insieme al Cinese, su tutte le attività illecite del clan.
“Alla fine non ho fatto nulla di male, anzi ho fatto stare tranquillo”: così, invece, giudica il suo mandato da boss di Ponticelli, Giuseppe De Luca Bossa.
Destò ancora più scalpore la foto che ritrae Domenico Amitrano insieme ad Umberto De Luca Bossa, il primogenito di Antonio De Luca Bossa, condannato all’ergastolo per l’omicidio di suo cugino Luigi Amitrano.
Una foto scattata contestualmente alla scarcerazione di Umberto De Luca Bossa, quando nel 2019 ritornò a Ponticelli per ricoprire il ruolo di boss del clan fondato da suo padre Antonio.
Nel ricostruire il piano voluto per uccidere Domenico Amitrano, Tommaso Schisa fornisce un’informazione importantissima che introduce lo scenario in cui è maturata la cosiddetta “vendetta contro i parenti dei pentiti dei Sarno”: “mia zia Antonella era consapevole del motivo per il quale stavamo sopra la sua abitazione anche perchè eravamo armati. D’altra parte, mia zia Antonella ci ha fornito appoggio anche per gli appostamenti nei giorni precedenti all’omicidio di Giovanni Sarno, dandoci anche consigli su dove avremmo dovuto sparargli ossia vicino alle scale.”