Il video che ritrae il momento dell’arresto del cantante neomelodico Niko Pandetta è diventato subito virale.
Il cantante trapper neomelodico, dopo aver pubblicizzato sui social la notizia della sua condanna a quattro anni di reclusione per spaccio di stupefacenti ed evasione, si era sottratto al provvedimento, allontanandosi da Catania, ma è stato rintracciato in zona Quarto Oggiaro dagli agenti della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Milano. Si nascondeva in una stanza di un B&b preso in affitto dal suo manager. I poliziotti lo hanno seguito e fermato non appena è uscito incappucciato, insieme al suo collaboratore di 33 anni ed è salito su un’auto guidata da un terzo uomo di 38 anni con precedenti per falso. Lo hanno bloccato mentre la macchina era incolonnata nel traffico. Addosso Pandetta aveva 12mila euro in contanti.
In queste ore, a collezionare visualizzazioni e consensi non è solo il video del suo arresto, ma anche quelli del suo nuovo album che nell’arco di poco più di 24 ore hanno già conquistato un posto di rilievo nelle hit di tendenza su youtube, scavalcando artisti di caratura internazionale.
Un album atteso dai fans di Pandetta che prima di finire in manette aveva diffuso un video sui social in cui diceva: “I quattro anni mi sono arrivati sì, ma devo fare due anni e mezzo. Io li faccio in affidamento, non mi chiuderanno mai. E vi dico un’altra cosa… il disco è pronto. L’anno prossimo tutti a casa. Anche se mi arrestano ho cinque dischi pronti. Posso mancare io fisicamente ma non mancherà la mia musica perché io vivo con quella paura che mi arrestano perciò facciamo con il mio Producer 7 pezzi alla settimana. Se io vado a prendere il mio computer ho 350 pezzi pronti posso stare anche vent’anni in galera”.
Un messaggio dl quale trapela la chiara intenzione di cavalcare la vicenda giudiziaria e il periodo di detenzione per consolidare il suo status di icona del mondo trapper neomelodico. Un titolo conquistato a suon di hit discutibili. Basta pensare che Pandetta ha portato a casa due dischi d’oro per il singolo Pistole nella Fendi e per l’album Bella vita.
Partendo da queste premesse ha lanciato l’album dal titolo eloquente: “Ricorso inammissibile”, chiaro il riferimento alla recente vicenda giudiziaria. La Cassazione ha infatti respinto il ricorso dei legali del rapper, rendendo definitiva la condanna a quattro anni per spaccio.
Lo scorso 6 settembre, sul suo profilo Instagram, si era fatto fotografare in divisa da carabiniere con il chiaro intento di rilanciare l’atto denigratorio indirizzato ai militari dell’arma nel brano “Maresciallo non ci prendi”. “Sono abituato agli spazi stretti, alle case piccole, alle celle, alla scena italiana. Quando tornerò là mi porterò il vostro affetto. Da dentro vi darò nuova musica. Uscirò e mi vedrete più forte di prima”, è un altro suo post, seguito cinque giorni fa da queste parole: “Sono cambiato ma pagherò il mio passato finché ci sarà da pagarlo. Non fuggo più né dalla polizia né dalle mie responsabilità”.
Lo scorso 31 agosto, la Questura di Catania aveva emesso un Daspo “Willy” della durata di un anno nei confronti del trapper che gli vietava di accedere ai locali pubblici. Un provvedimento scaturito in seguito alla maxi-rissa all’esterno di un locale catanese in cui era rimasto coinvolto insieme ad altre persone. Due gruppi, “due bande”, si erano azzuffate a calci e pugni, ma alla fine erano spuntate anche le pistole. Quattordici colpi esplosi, due ragazzi feriti, cinque persone arrestate: questo il bollettino finale di quello scontro.
“Siccome non potrò farlo per un po’ di tempo”, spiega il cantante, “spero che voi ascoltiate il mio nuovo album che uscirà tra poche ore. Vi lascio in regalo le mie ultime settimane da persona libera. Perché le ultime settimane le ho dedicate interamente al disco. Spero non mi abbandonerete mai, siete la mia forza”. Il manifesto pubblicitario che annunciava l’uscita del nuovo album del trapper catanese e apparso anche in piazza San Babila, nel cuore di Milano.
Tra i brani del nuovo album più gettonati su youtube spicca “Non mi prenderete mai”, ennesimo smacco alle forze dell’ordine già sbeffeggiate nel brano “Maresciallo non mi prendi”.
Malgrado i contenuti espliciti narrati nei suoi brani e il palese intento di inneggiare alla mafia e alla malavita, la scorsa primavera la Procura di Catania ha richiesto l’archiviazione dell’inchiesta per istigazione a delinquere sul cantante Vincenzo ‘Niko’ Pandetta, nipote del boss Turi Cappello.
Il successo di alcuni esempi di canzone neomelodiche “si palesano quali espressioni di una subcultura che non può censurarsi per ciò solo, se non accompagnata da esplicite condotte emulative che si richiamano espressamente ad essa”. Queste le motivazioni che hanno portato a propendere per l’archiviazione rispetto ai tre episodi contestati: un video su Facebook del 6 giugno del 2019 in cui “prendeva le difese dello zio, a suo dire “accusato ingiustamente da ‘pentiti di mafia’“, e in cui “proferiva espressioni ingiuriose e minacciose nei confronti degli intervenuti ad una puntata della trasmissione televisiva Realiti” ed “in particolare del consigliere regionale della Campania Francesco Borrelli”; una sua esibizione a concerto non autorizzato, “davanti a 200 persone, organizzato in onore di Marco Strano, esponente del clan Cappello-Carateddi, all’epoca detenuto”; e un video su Tik-Tok in cui affermava, tra l’altro, “lo capisci che sei sbirro, o non lo capisci?” e imitava con “la mano sul collo il gesto del taglio della gola” ai danni di una persona che aveva denunciato un familiare del cantante.
Pandetta, sentito dai Pm, in quella circostanza ha spiegato di “essere cambiato e cresciuto” e di “rendersi conto di avere tenuto comportamenti biasimevoli”. Sullo zio boss, ha spiegato che lui gli manda dal carcere, dove è detenuto in regime di 41bis, delle poesie che sono sottoposte al visto di controllo. Sul video di TikTok ha sostenuto che era collegato a una lite con un automobilista che aveva fatto intervenire la polizia stradale.
La Procura di Catania ha ritenuto che “la versione dei fatti fornita a discolpa appare verosimile” e che “in un contesto culturale ed ambientale “sui generis” qual è certamente quello in cui riscuote successo la tipologia di musica neomelodica di cui l’indagato si fa interprete, le sue propalazioni, più che dirette all’apologia delle attività criminali dell’organizzazione mafiosa Cappello-Carateddi (ed in specie di un diretto consanguineo) si palesano quali espressioni di una subcultura che non può censurarsi per ciò solo, se non accompagnata da esplicite condotte emulative che si richiamino espressamente ad essa”. Il Gip ha ritenuto “le argomentazioni e le conclusioni del pm logiche e convincenti” e ha “disposto l’archiviazione del procedimento”.
Una carriera controversa, segnata dalla passione per la musica neomelodica e la predisposizione a delinquere. Vincenzo Pandetta in arte Niko è finito in carcere per la prima volta quando era giovanissimo.
Uno status, quello del ragazzo che ha commesso degli errori che vuole lasciarsi alle spalle, facendo della musica una valvola di sfogo e di denuncia, condiviso da tanti altri artisti, soprattutto del mondo trap e rap. “I cantanti del ghetto” che raccontano la vita di strada e narrano una realtà nella quale “quelli come loro” si rispecchiano. Questa la chiave del successo che consacra “quelli come Pandetta”, a prescindere dai contenuti opinabili inneggiati nei brani. Del resto, Niko Pandetta, nipote del boss Turi Cappello, diventa celebre nel 2016, proprio grazie al brano “Dedicata a te” indirizzato proprio allo zio detenuto al 41 bis. Un brano che allo stato attuale conta più di sei milioni di visualizzazioni su YouTube.
Malgrado la rapida ascesa nel panorama musicale neomelodico, Pandetta resta coinvolto in un giro di spaccio di cocaina e marijuana nel 2017.
Finisce nuovamente al centro delle polemiche in seguito alla partecipazione alla trasmissione televisiva Realiti, condotta da Enrico Lucci su Rai2, nel corso della quale racconta, tra le tante cose, di avere finanziato il suo primo cd con una rapina e di non essere pentito del suo passato, oltre ad aver oltraggiato la memoria di Falcone e Borsellino. Dopo la trasmissione, Pandetta pubblicò un video sulla sua pagina Facebook nel quale, mostrando la sua pistola d’oro, minacciava il consigliere della Regione Campania Francesco Emilio Borrelli, che durante la puntata aveva criticato il messaggio dei neomelodici, descrivendolo come “un delinquente che inneggia alla mafia”.
Poi il passaggio dal pop neomelodico al trap neomelodico, senza mai adottare un profilo basso, bensì seguitando a collezionare episodi opinabili dove a fungere da filo conduttore è uno stile di vita fuori dalle righe. Una strategia sagace e utile ad incrementare i consensi ed accrescere il numero dei fans o followers che dir si voglia. Noti i legami con altre star chiacchierate del panorama neomelodico: da Tony Colombo a Anthony Ilardo, tant’è vero che Pandetta è uno degli artisti più gettonati anche all’ombra del Vesuvio.
Eppure, di recente, i primi segnali di nervosismo Pandetta li aveva manifestati al cospetto delle esibizioni annullate dalle questure in cui erano fissati i suoi concerti. Un’estate particolarmente rovente, quella che il cantante neomelodico si è lasciato alle spalle, segnata dalla collezione di date annullate dalle tanto osteggiate forze dell’ordine. Una serie di circostanze che Pandetta aveva sfruttato a suo vantaggio, contestando alacremente quelle decisioni, seguito a ruota da una caterva di fans che sui social insultavano e criticavano pesantemente l’operato delle forze dell’ordine, ergendosi a difesa del loro idolo.
Tutto lascia presagire che il trapper sia intenzionato a sfruttare in maniera analoga anche il periodo di detenzione che mira a colmare a suon di hit che seguiterà a sfornare avvalendosi dell’ausilio del suo staff.