Alle prime luci dell’alba del 6 ottobre del 2021, le prime notizie che apparvero sui giornali narravano dell’omicidio di un 23enne assassinato a Ponticelli. Fu il nostro giornale a rivelare l’identità di quel giovane: Carmine D’Onofrio, rispetto al nome dichiarato all’anagrafe, era il figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa, fratello del killer ergastolano Tonino ‘o sicco, fondatore del clan De Luca Bossa, tuttora attivo e che annovera nel rione Lotto O la sua roccaforte.
Un vincolo di parentela che inizialmente aveva introdotto il movente della vendetta trasversale, all’indomani dell’ordigno artigianale esploso nel cortile dell’abitazione del boss Marco De Micco con il chiaro intento di contestarne l’egemonia e che aveva rischiato di uccidere i figli e i nipoti del boss che erano soliti intrattenersi a giocare proprio nella zona in cui si era verificata l’esplosione.
Carmine era cresciuto ignorando la reale identità di suo padre, erroneamente convinto di essere il figlio di Giovanni, un uomo umile ed onesto ed aveva condotto una vita normale, lontana dalle dinamiche camorristiche, coltivando il sogno di diventare attore frequentando la parrocchia del rione, per poi andare incontro ad una vera e propria crisi d’identità, quando scoprì quel segreto. Seppure il suo vero padre abbia cercato di tenerlo lontano dalla malavita, in seguito al suo arresto, le cose sono andate diversamente.
Il richiamo del sangue si rivela più forte del sogno di una vita normale e Carmine, ben presto, diventa il factotum di suo cugino Emmanuel De Luca Bossa, il figlio minore di Tonino ‘o sicco, detenuto ai domiciliari. “Chicco” – questo il soprannome di Emmanuel – si serve del cugino in vari modi, non limitandosi a chiedergli di fare da autista ai figli, ma anche intimandogli di svolgere diverse mansioni per conto del clan di famiglia. Sullo sfondo una promessa: un appartamento nel Lotto O, il rione-bunker della famiglia/clan De Luca Bossa, nel quale si sarebbe trasferito con la sua fidanzata in procinto di partorire, non appena Umberto di De Luca Bossa – primogenito di Tonino ‘o sicco, arrestato insieme al padre naturale di Carmine – gli avrebbe accordato il permesso.
In quella casa Carmine trova rifugio e riparo, dopo aver messo la firma sul raid indirizzato al boss Marco De Micco, così come confessa a Giovanna, l’amica che lo raggiunge e con la quale trascorre quella notte. All’amica, Carmine rivela che quella era stata “la terza ed ultima bomba” e che a partire da quel momento, intendeva godersi la famiglia. Pare che il giovane in procinto di diventare padre avesse trovato un lavoro onesto e che intendesse fare una sorpresa alla sua ragazza.
Gli esiti delle indagini condotte dalle forze dell’ordine, nell’arco dell’anno trascorso dall’assassinio di Carmine D’Onofrio, hanno permesso sì di fermare i responsabili, a vario titolo, del suo omicidio, ma anche di delineare il profilo camorristico del 23enne figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa. Un giovane che, una volta discostatosi dal sogno di diventare attore, era andato incontro ad una rapida ascesa nell’ambito malavitoso. Numerosi elementi lo comprovano.
Dopo una vita trascorsa ad inseguire il sogno di diventare attore, riuscendosi a ritagliare perfino un ruolo da comparsa in “Gomorra-La serie”, Carmine è poi finito risucchiato nelle logiche della camorra che vanno in scena nelle terre di Gomorra. Tant’è vero che paga con la vita pochi mesi di affiliazione, brevi ma intensi. A nulla serviranno i suggerimenti di suo cugino “Chicco” che gli chiederà di non taggarsi sui social nei luoghi che frequenta e di adottare un atteggiamento prudente. “Non fidarti di nessuno”: scrive Emmanuel in uno dei tanti messaggi.
Non appena il boss Marco De Micco apprende dalla bocca del complice che lo ha aiutato ad eseguire il raid a lui indirizzato che è stato Carmine a piazzargli la bomba, decreta la sua condanna a morte.
Il boss impartisce immediatamente ai suoi gregari l’ordine di recarsi “sotto l’arco” – la zona di San Rocco in cui Carmine vive con la sua famiglia – per stanarlo, ma non lo trovano. Nei giorni seguenti al raid indirizzato al boss, Carmine si vede poco in giro ed è solito recarsi a casa della madre solo di sera. Ciononostante, l’agguato viene organizzato e pianificato in tempi record.
La sera del 6 ottobre 2021, Carmine cena con la sua famiglia e con Francesca, la sua fidanzata, all’ottavo mese di gravidanza. Poi esce e poco dopo la mezzanotte torna a prendere la fidanzata che necessita di recarsi ad uno sportello postale per verificare che le sia stato accreditato il bonus per il corredino del bambino. Quella sera piove, l’emergenza covid rappresenta ancora una minaccia per la salute collettiva e pertanto le strade del quartiere sono pressochè deserte. I due fidanzati fanno il giro di più uffici postali, imbattendosi in un paio di terminali fuori servizio, ignari di essere seguiti a distanza dal filatore, pronto a “lanciare il segnale” non appena il killer potrà entrare in azione per stanarlo.
Quando giungono in via Crisconio, la strada di San Rocco sotto la sfera egemone dei De Micco dove vivono entrambi, Francesca si gira verso Carmine, per ricordargli di prendere l’ombrello e in quel momento vede un killer solitario con il volto coperto esplodergli contro una raffica di colpi.
A nulla servirà la disperata corsa in ospedale della madre, Carmine muore poche settimane prima della nascita di suo figlio. Anche per Francesca, in preda ad un comprensibile stato di shock, sarà necessario il ricovero in ospedale.
Gli agenti della squadra mobile di Napoli hanno consegnato alla giustizia i responsabili dell’omicidio del 23enne in tempi record: sei mesi dopo il delitto, vengono arrestati il boss Marco De Micco e Ciro Ricci, Vincenzo Palumbo, Ferdinando Viscovo, Giuseppe Russo Junior.
Poche settimane dopo l’assassinio di Carmine D’Onofrio è venuto al mondo Carmine junior, un bambino condannato dalla camorra a crescere senza un padre.
Carmine D’Onofrio è seppellito accanto ad Antonio Minichini, il figlio 19enne di Anna De Luca Bossa e del boss Ciro Minichini, assassinato nel 2013 dai De Micco. Una sovrapposizione di storie e di ferite che di recente, in particolar modo, ha portato i De Luca Bossa a rivendicare il desiderio di vendetta a suon di raid e di azioni eclatanti.
Quello che resta oggi, a distanza di un anno, di Carmine D’Onofrio è un bambino che porta il suo stesso nome e che ha gli occhi del suo stesso colore, azzurro cielo.