Pochi giorni fa è nata la terza figlia di Emmanuel De Luca Bossa, il figlio minore di Antonio De Luca Bossa, alias Tonino ‘o sicco, sanguinario killer ergastolano della camorra ponticellese, detenuto al 41 bis da decenni e condannato all’ergastolo in via definitiva per gli efferati crimini commessi. Tuttavia, la sua storia, il suo esempio, non hanno consegnato ai suoi eredi il doveroso insegnamento.
Tonino ‘o sicco era una poco più di un ragazzo, seppure già padre di quattro figli, quando è finito in carcere per andare incontro alla consapevolezza che è lì che trascorrerà il resto dei suoi giorni.
Umberto ed Emmanuel, i figli del boss scissionista dei Sarno, ispiratore e promotore di una delle faide di camorra più sanguinarie della storia della camorra napoletana, sono quindi cresciuti senza la guida e l’affetto di un padre. Un destino feroce, quello che gli ha imposto la camorra. Quella stessa camorra che gli scorre nelle vene.
Già, perché i due eredi di Tonino ‘o sicco hanno ben presto iniziato a seguire le orme paterne, dapprima timidamente e poi con maggiore ferocia. Anche se questo li ha costretti a vedersi negata la gioia di assistere alla nascita dei propri figli.
Quando è nato Antonio, il primogenito di Umberto che porta il nome del nonno paterno, il rampollo di casa De Luca Bossa era detenuto. Tornato in libertà ha concepito una bambina, ma ha goduto solo per fugaci attimi delle emozioni legate alla paternità in quanto, dopo un anno, è finito nuovamente in carcere.
E’ andato incontro alla medesima e beffarda sorte suo fratello Emmanuel, che a dispetto dei suoi 23 anni è già padre di tre figli, l’ultima nata di recente, ma anche lui non ha potuto assistere alla nascita dell’ultima arrivata in casa De Luca Bossa. Anche lui, più piccolo di sei anni rispetto al fratello Umberto, lo scorso luglio è finito in carcere, pochi giorni dopo aver terminato di scontare una pena agli arresti domiciliari.
Umberto è accusato di estorsioni e minacce aggravate dal metodo mafioso, Emmanuel è uno dei quattro membri del commando che lo scorso 2 luglio mise a segno un raid in Viale Margherita, nei pressi del bar adibito a luogo di ritrovo dei rivali del clan De Micco-De Martino. Un mancato agguato, compiuto in pieno giorno, alla luce del sole e a volto scoperto, sprezzanti delle tantissime persone presenti in strada. Un mancato agguato compiuto pochi giorni dopo il ritorno in libertà, poche settimane prima di diventare padre per la terza volta.
Una gioia negata da mamma-camorra, ai due rampolli di una famiglia d’onore condannati ad una vita da orfani da quelle stesse logiche, con la differenza che quel padre è vivo e vegeto e viene ancora osannato come “un grande uomo”, “un uomo con gli attributi”, “un leone in gabbia” dagli abitanti del Lotto O, il fortino del clan De Luca Bossa. Un falso mito, quello di Tonino ‘o sicco, il sanguinario killer della camorra che è andato incontro al carcere a vita, pur di non emulare le gesta dei Sarno che hanno invece deciso di collaborare con la giustizia. Un fantasma ingombrante che ha consegnato ai suoi figli un’eredità pesantissima, dalla quale non potevano sottrarsi.
Così doveva essere e così è stato. E così seguita ad essere.
Ben più feroce la sorte alla quale è andato incontro Carmine D’Onofrio, il cugino di Umberto ed Emmanuel, in quanto figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa, fratello di Tonino ‘o sicco.
Carmine è stato ferocemente assassinato all’età di 23 anni da un killer solitario entrato in azione nei pressi dell’abitazione del giovane e lo ha ucciso sotto gli occhi attoniti della compagna incinta e in procinto di partorire. Quel bambino che nel grembo materno ha assistito alla morte del padre è nato pochi giorni dopo quel brutale assassinio e suo padre non lo ha mai conosciuto, seppure porti il suo stesso nome.
La seconda generazione dei De Luca Bossa assiste alla nascita della terza dal carcere per seguitare a servire la camorra, malgrado sia stata proprio la camorra a negargli la gioia di crescere accanto a un padre.