Poteva costare la vita ad una bambina, l’agguato andato in scena lo scorso mercoledì 24 agosto nel Rione De Gasperi di Ponticelli, dove un commando a bordo di un’auto, affiancato da altre due persone in sella ad altrettante moto, ha esploso diversi colpi d’arma da fuoco mentre inseguiva Christian Marfella, attuale reggente del clan De Luca Bossa, anch’egli a bordo di una moto. Marfella è riuscito a schivare i colpi a lui indirizzati e a dileguarsi. Intercettato dal gruppo di fuoco che mirava ad eliminarlo, appena uscito dal Lotto O, intorno alle 18, Marfella ha tentato la fuga imboccando via Curzio Malaparte, una delle strade d’accesso all’ex fortino dei Sarno che sfocia su via Angelo Cammillo De Meis. Il killer che lo inseguiva ha iniziato a sparare, dopo aver percorso pochi metri all’interno del rione, nei pressi delle cosiddette “case murate”.
Ed è proprio lì, tra le case abitate dai non aventi diritto ad un alloggio Iacp e quelle tumulate per impedirne l’occupazione coatta, che da circa 48 ore è custodito un segreto agghiacciante: una bambina, una delle tante che era in strada a giocare, quando il sicario ha iniziato a sparare, è rimasta ferita da un proiettile. La piccola è stata raggiunta di striscio da una pallottola, quindi ferita superficialmente, tant’è vero che non sarebbe neanche stata condotta in ospedale per farsi medicare, in quanto avrebbe rimediato solo una bruciatura e un forte spavento.
Hanno trovato il coraggio di rompere il muro d’omertà, gli abitanti del Rione De Gasperi, stanchi di vivere in balia delle angherie della camorra, consapevoli che solo una fortuita casualità ha sventato il peggio, almeno stavolta. Raccontano quello che hanno visto, desiderosi di garantire un futuro migliore almeno ai bambini, a quei bambini, Quelli che quando disegnano il posto in cui vivono usano un unico colore: il nero.
Quei bambini che non possono permettersi una vacanza al mare e ai quali la camorra vorrebbe negare anche la libertà di concedersi un giro in bicicletta nel rione in cui vivono. Un rione nel quale, per decenni, il verbo della camorra ha dominato incontrastato, per espresso volere dei fratelli Sarno, gli ex leader di Ponticelli che proprio tra le rovine di quei grigi palazzoni costruirono la loro roccaforte.
Un atto rivoluzionario, quello intrapreso dai “superstiti” che ancora vivono nel rione, quello che li ha indotti a rompere gli indugi, dopo due giorni di silenzio, per rivelare quel macabro retroscena che, forse, non sarebbe mai emerso, se non avessero fatto un significativo passo in avanti verso la luce della verità, prendendo le distanze dalle ombre della connivenza e dell’omertà.
E’ la figlia di un bravo giovane, uno dei tanti costretti a vivere nel rione e a crescere lì i suoi figli. Un buon padre di famiglia, una persona stimata da tutti. Uno dei tanti, costretti a vivere in un rione in cui la camorra fa sentire fortemente la sua presenza, malgrado lui si guardi bene dall’invischiarsi tra quelle losche trame, ma non basta per mettersi al riparo dai rischi. Quanto accaduto 48 ore fa, lo insegna severamente. Ad avere la peggio, in quella logica di morte e spari, poteva essere la sua bambina.
Per l’ennesima volta, è stata sventata una tragedia.
Poteva essere la cronaca dell’ennesima morte innocente, per giunta di una bambina, colpevole di abitare in un rione abbandonato al suo destino.
Poteva costare la vita ad una bambina, l’ennesima scellerata scorribanda armata inscenata dalla camorra a Ponticelli.