Poco prima delle 19 di mercoledì 3 agosto, nel bel mezzo della settimana di festeggiamenti dedicati alla Madonna della Neve, la protettrice del quartiere napoletano di Ponticelli, i De Luca Bossa, in guerra con i De Micco, per il controllo del territorio, sono scesi in strada per mettere la firma su un’azione eclatante.
Un corteo in sella a motociclette di grossa cilindrata che da via Angelo Camillo de Meis ha imboccato corso Ponticelli, una delle strade simbolo dell’egemonia dei rivali del clan De Micco. Il commando è rimasto imbottigliato nel traffico e con non poche difficoltà è riuscito a svincolarsi per portare a compimento quella che nel gergo camorristico viene definita “scesa”, ovvero, una scorribanda in sella a scooter e moto voluta per marcare il territorio o come in questo caso per contestare la supremazia dei rivali.
Il gruppo ha agito a volto scoperto e per questo, i tanti cittadini presenti sul corso, particolarmente gremito in questi giorni di festa, hanno facilmente riconosciuto Christian Marfella. Seppure il vistoso tatuaggio che il 30enne porta scalfito sul collo: “Tonino ‘o sicco”, il soprannome del fratellastro nonchè fondatore del clan De Luca Bossa, fosse coperto dalla folta barba, i cittadini che hanno assistito alla scena lo hanno nitidamente riconosciuto, proprio grazie alle recenti fotografie pubblicate sui social e sui giornali.
Resta da capire come abbia fatto Marfella a violare i domiciliari, considerando che fino a settembre sarà monitorato a distanza con il braccialetto elettronico. Scarcerato lo scorso 27 giugno, dopo aver trascorso circa 10 anni in carcere, il figlio del boss di Pianura Giuseppe Marfella e della donna-boss di Ponticelli Teresa De Luca Bossa, deve scontare poco più di tre mesi agli arresti domiciliari. Ciononostante, la sua scarcerazione ha galvanizzato i De Luca Bossa che negli ultimi tempi hanno effettivamente messo la firma su una serie di azioni eclatanti volte a contestare la leadership dei rivali del clan De Micco.
Nei mesi scorsi, soprattutto in seguito all’omicidio di Carmine D’Onofrio, il 23enne figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa, i reduci di quest’ultimo clan hanno subito le imposizioni dei De Micco restando relegati nel Lotto O, il bunker del clan, subendo le incursioni armate dei rivali e versando nelle casse della cosca egemone laute percentuali sui proventi dello spaccio, ma dopo la scarcerazione di Marfella, la situazione è profondamente mutata.
Pochi giorni dopo il ritorno a Ponticelli del figlio di “Donna Teresa”, infatti, un gruppo composto da quattro reclute del clan De Luca Bossa, capeggiato da Emmanuel de Luca Bossa, figlio minore di Tonino ‘o sicco e nipote di Marfella, ha esploso diversi colpi d’arma da fuoco nei pressi di un bar frequentato da affiliati al clan rivale in viale Margherita. Un’incursione nel fortino dei rivali che conferma la volontà di “infrangere le regole” da parte dei De Luca Bossa che per giunta si sono addentrati nella zona egemone dei De Micco, proprio come è successo nel tardo pomeriggio di ieri.
L’ennesima azione eclatante nell’ambito della perenne faida per il controllo del territorio che alterna fasi di calma apparente a temibili escalation di azioni criminali. Bombe, “stese”, agguati, ma anche queste incursioni, “le scese”, nei fortini dei rivali.
Almeno sei persone a bordo di tre moto, tutte a volto scoperto. Il commando ha trovato non poche difficoltà lungo la strada, poichè via Angelo Camillo De Meis era letteralmente paralizzata dal traffico. Non è stato facile per i centauri destreggiarsi con rapidità tra le auto che ostruivano il transito, tant’è vero che sono ricorsi ai clacson. Proprio la fragorosa insistenza palesata dal commando ha attirato l’attenzione dei presenti che non hanno potuto fare a meno di notare la nervosa e plateale rivendicazione del diritto di precedenza da parte della “parata di camorristi” in sella alle moto. Il commando ha poi imboccato corso Ponticelli per dirigersi verso la roccaforte del clan De Micco. La situazione caotica ha impedito ai presenti di capire quante delle moto e scooter imbottigliate nel traffico fossero effettivamente coinvolte nella “scesa”. Alcuni testimoni oculari, infatti, ipotizzano che qualche membro del commando, allarmato dal traffico, abbia proseguito lungo via de Meis, non imboccando Corso Ponticelli, quindi abbia optato per una manovra più prudente, distaccandosi dal gruppo.
Ad attirare l’attenzione dei testimoni oculari che hanno assistito all’azione dimostrativa da parte del corteo di moto, la presenza di soggetti d’età adulta che spalanca nuovi scenari tra le trame camorristiche ponticellesi. Se fino a poco tempo fa, il clan De Luca Bossa contava sull’esclusivo appoggio di giovanissime reclute, così come comprova il fermo dei quattro responsabili del raid del 2 luglio d’età compresa tra i 20 e i 23 anni, l’azione andata in scena ieri potrebbe celare anche un altro segnale indirizzato ai rivali. Non solo perchè quello che allo stato attuale viene stimato essere il reggente del clan De Luca Bossa “ci ha messo la faccia”. Quell’eclatante “scesa” potrebbe anche palesare l’intenzione di “presentare” ai rivali i nuovi alleati del clan De Luca Bossa, ufficializzando la presenza di un altro cartello camorristico pronto ad appoggiarli per aiutarli a riappropriarsi del controllo del territorio.