Il boss del clan dei Barbudos del Rione Sanità, Raffaele Cepparulo, si nascondeva da diverse settimane nel Lotto O di Ponticelli. Il 22 aprile aveva partecipato a quella che fu ribattezzata la “strage delle Fontanelle”, un’azione eclatante, voluta per colpire i nemici del clan Vastarella. Da quel giorno, era finito nel mirino dei rivali, “Ultimo”. Si faceva chiamare così, Raffaele Cepparulo, perchè mirava a restare l’unico boss destinato a comandare la città, dopo aver sterminato tutti i rivali. “L’ultimo” camorrista, per l’appunto.
Un sogno di gloria stroncato sul nascere dai sicari di Ponticelli, il quartiere in cui trovò rifugio ed ospitalità, ma anche quello in cui andrà incontro alla morte.
Forte dell’amicizia che lo legava ad Umberto de Luca Bossa, il rampollo di una delle famiglie d’onore più attempate dell’ala orientale di Napoli, “Ultimo” si trasferì tra i grigi palazzoni del Rione Lotto O. Era solito trascorrere le sue giornate nel circolo ricreativo dell’amico, ricavato abusivamente nel plesso P4 del bunker dei De Luca Bossa, dove abitualmente s’intratteneva a giocare a carte, proprio come accadde quel giorno. Il giorno in cui i sicari della camorra entrarono in azione per ucciderlo.
Sprezzante del fatto che fosse già finito nella black list dei Vastarella, durante il periodo trascorso ai piedi del Vesuvio, Cepparulo cercò di entrare in affari con i De Micco e i Mazzarella, gli acerrimi nemici dell’alleanza tra i clan di Napoli est di cui la famiglia dell’amico Umberto De Luca Bossa era un perno portante.
Oltre al clan del Lotto O, spalleggiato dai Minichini, nel sodalizio nato proprio con l’intento di scalzare la forza egemone dei De Micco a Ponticelli e dei Mazzarella a San Giovanni, convergono anche “le pazzignane” del Rione De Gasperi di Ponticelli, gli Aprea di Barra e i Rinaldi di San Giovanni a Teduccio.
Con l’intento di entrare nelle grazie dei leader della camorra locale, “Ultimo” colleziona una serie di “stese” e raid intimidatori indirizzati proprio alle figure-simbolo dell’alleanza. Cepparulo mette la firma su una “stesa” nei pressi dell’abitazione di Michele Minichini a Barra, un’altra nel rione Villa, fortino del clan Rinaldi, un’altra ancora in prossimità del negozio della “Pazzignana” Luisa De Stefano.
Non potevano seguitare ad esporsi al rischio sempre più concreto che “Ultimo” potesse ordire un agguato indirizzato a qualche membro dell’alleanza, così le vecchie famiglie d’onore di Napoli est decisero di disfarsi di quella serpe in seno.
I sicari entrarono in azione intorno alle 16 del 7 giugno 2016, cogliendo “Ultimo” alla sprovvista, proprio mentre era intento a giocare a carte, seduto ad un tavolino, nel circolo ricreativo dell’amico Umberto, nel Rione Lotto O.
Era un pomeriggio afoso.
Il rione era in balia di un’inquietante clima di desertico silenzio.
Le mamme, i residenti in zona, erano a conoscenza della presenza di un boss ricercato nel rione e per questo vietavano ai bambini di giocare nelle aree verdi, consapevoli delle insidie e dei pericoli associati alla presenza di un ospite tanto ingombrante.
Un presagio che tristemente trova riscontro nella realtà, quando i due killer fanno irruzione nel circolo ricreativo per stroncare le velleità camorristiche di “Ultimo”.
Ad impugnare le armi per disfarsi dell’ospite indesiderato sono Michele Minichini, il killer per antonomasia del sodalizio camorristico, sul cui capo spicca il tatuaggio di una tigre con le fauci spalancate e Antonio Rivieccio detto Cocò, la cui partecipazione all’azione delittuosa ufficializza l’adesione del clan Sibillo di Forcella nell’ambito dell’alleanza tra le famiglie d’onore di Napoli est. Un’unione d’intenti che porterà, in più di una circostanza, giovani contigui al clan del centro storico ad entrare in azione tra le strade della periferia orientale e, di contro, porterà “i ponticellari”,”i barresi”, “i sangiovannari” a “ricambiare il favore” quando ci sarà da sbrigare analoghe faccende tra i vicoli del centro di Napoli. Una strategia figlia dell’intento di “cogliere di sorpresa” le vittime designate, riducendo ai minimi termini le possibilità che i sicari vengano riconosciuti.
Simulando una rapina, i due irrompono nel circoletto ed immobilizzano i presenti. Minichini si avvicina al tavolino dove era seduto Cepparulo e gli spara in faccia una raffica di colpi. Una sequenza di morte rapida ed efferata che dissemina il panico tra i ragazzi presenti. Ciro Colonna, un 19enne abitante del Lotto O, stava giocando al biliardino con un’amica. Anche lui, in preda al panico, cerca di dileguarsi. Durante la fuga, gli cascano gli occhiali. Istintivamente, si china per raccogliergli. Un gesto che sancisce la sua condanna a morte.
L’altro killer, Antonio Rivieccio, ipotizza che il giovane si stia chinando per raccogliere un’arma e replicare al fuoco e gli spara contro un colpo che lo raggiunge dritto al petto.
Per il giovane Ciro Colonna non ci sarà niente da fare. Morirà poco dopo l’arrivo in ospedale.
Per il duplice omicidio del boss dei Barbudos Raffaele Cepparulo e del 19enne Ciro Colonna, vittima innocente della criminalità, la corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo incassato da sei persone.
Fine pena mai per i killer Michele Minichini ed Antonio Rivieccio, quest’ultimo di recente ha deciso di collaborare con la giustizia.
Fine pena mai per il boss di San Giovanni a Teduccio Ciro Rinaldi.
Fine pena mai per le “pazzignane” Luisa De Stefano e Vincenza Maione.
Fine pena mai per la lady-camorra del Lotto O Anna De Luca Bossa.