Il 25 aprile del 1998, quando l’auto blindata guidata da Luigi Amitrano, uscì dal Rione De Gasperi per raggiungere l’ospedale Santobono di Napoli, dove dal giorno precedente era ricoverata la figlia di 4 anni del giovane, a bordo c’era anche suo cugino Domenico Amitrano.
L’auto fu fermata ad un posto di blocco e perquisita, ma dai controlli non emerse alcuna anomalia. Motivo per il quale, i due raggiunsero l’ospedale. Proprio nel parcheggio del Santobono, gli emissari del clan De Luca Bossa entrarono in azione per piazzare l’ordigno confezionato a Giugliano in Campania nella ruota di scorta dell’auto guidata da Luigi Amitrano, autista e nipote del boss Vincenzo Sarno.
Un attentato ordito da Antonio De Luca Bossa per colpire i Sarno, suoi ex alleati. L’ordigno radiocomandato doveva esplodere il giorno seguente quando, come tutte le domeniche, il boss Vincenzo Sarno si sarebbe recato in commissariato a firmare. Tuttavia, complice il manto stradale dissestato, l’autobomba esplose la sera prima lungo via Argine, quando Luigi Amitrano stava rientrando a casa, dopo la serata trascorsa al capezzale della figlia.
Domenico Amitrano si è salvato miracolosamente. Sarebbe rincasato insieme al cugino e quindi sarebbe rimasto coinvolto con lui nell’esplosione, se Pasquale Bevilacqua non si fosse offerto di dargli un passaggio, per permettere a Luigi Amitrano di trascorrere ancora del tempo accanto a sua figlia.
In quel momento storico, i clan di Napoli est mettono da parte vecchi rancori, ruggini e dissapori per far fronte comune e dominare la scena camorristica, con l’intento di preservare guadagni, interessi ed affari.
A ricoprire il ruolo di reggente del clan De Luca Bossa è Giuseppe, fratello di Antonio, ritornato a Ponticelli dopo svariati anni vissuti nel casertano.
Un’alleanza ostentata e rilanciata quotidianamente: foto e video pubblicati sui social ritraggono Domenico Amitrano e Giuseppe De Luca Bossa insieme, mentre marcano il territorio in scooter, ma anche mentre condividono piaceri e relax delle vacanze al mare.
Un patto d’onore che ha fatto storcere il naso ai vecchi uomini d’onore della malavita e che ha inasprito i rapporti tra i parenti di Luigi Amitrano, incapaci di approvare quell’alleanza e ancor più di comprenderne il senso.
Forte era il sentore che quel rapporto idilliaco, ampiamente documentato sui social network, fosse destinato a culminare in un omicidio e che ad avere la peggio sarebbe stato il primo tra i due a mostrare il fianco al finto alleato. Tuttavia, a scrivere un epilogo diverso, ha concorso il blitz che ad ottobre del 2020 ha fatto scattare le manette per Giuseppe De Luca Bossa, ma anche per Domenico Amitrano.
Un arresto che non cancella quel colpo basso, inflitto alla memoria di Luigi Amitrano dal suo stesso sangue e che di fatto si è tradotto nell’alleanza più contestata della storia camorristica di Napoli est.