Nel processo per il crollo del ponte Morandi di Genova, in cui il 14 agosto 2018 persero la vita 43 persone, Autostrade per l’Italia ha chiesto il patteggiamento, ottenendo il consenso da parte dei Pubblici ministeri. Contestualmente, Aspi ha messo a disposizione della Procura quasi 27 milioni di euro, cifra corrispondente al valore del progetto di rifacimento delle pile 9 (quella collassata) e 10 del viadotto Polcevera.
La società concessionaria pagherà, inoltre la sanzione massima di un milione di euro. Anche Spea, che per conto di Aspi si occupava delle manutenzioni e ispezioni, ha chiesto di patteggiare e pagherà una multa di 810mila euro. Le due società sono imputate, insieme ad altre 59 persone, nel processo di cui ieri si è svolta, al Tribunale di Genova, l’udienza preliminare.
La società ha anche modificato «il documento di valutazione dei rischi di cui ha colmato le precedenti lacune in materia di valutazione ed eliminazione dei rischi legati alla solidità e stabilità del luogo di lavoro». E, ancora, «nel nuovo documento» sono state ricomprese tra i luoghi di lavoro dei quali il datore di lavoro deve garantire la stabilità e la solidità «tutta la rete autostradale della quale viene assicurato un monitoraggio efficace ed efficiente al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori».
Per quanto riguarda la cifra messa a disposizione, i pm scrivono che «tale quantificazione è condivisibile, giacché corrisponde al risparmio di spesa realizzato mediante l’omissione dell’intervento che avrebbe evitato» la tragedia. Inoltre la società «ha eseguito, o comunque messo a disposizione, l’integrale risarcimento di tutti i danni ai parenti delle vittime». In ogni caso, per le famiglie dei 43 morti, il patteggiamento «non lava la coscienza di nessuno per quello che è successo», ricorda la portavoce del Comitato, Egle Possetti.