L’impegno della Fondazione Sorgente Group, fondata da Valter Mainetti e dalla moglie Paola per salvaguardare l’arte italiana con un lavoro di recupero, restauro e riscoperta enorme e sostenibile, ci regala la visione di un pezzo d’arte unico, un’opera da piena maturità dell’artista noto come “il pittore delle Madonne”. Ci permette infatti di ammirare la Madonna col Bambino di Giovanni Battista Salvi, noto anche come Il Sassoferrato. Un dipinto della metà del diciassettesimo secolo intenso ed emozionante che va a unirsi a una collezione che aumenta il prestigio culturale del nostro Paese.
Madonna col Bambino: chi è Giovanni Battista Salvi
Giovanni Battista Salvi è un pittore italiano, nato a Sassoferrato nel 1609, che ha mosso i primi passi nella bottega del padre Tarquinio Salvi. Del suo percorso sappiamo poco: è noto il suo lavoro presso la bottega del bolognese Domenichino, a sua volta allievo di Annibale Carracci, ma non esistono altre testimonianze certe sul suo processo di formazione.
Il Sassoferrato viene considerato un esecutore fedele della tradizione pittorica italiana del tempo, tanto che le sue opere contese tra i musei di tutto il mondo sono più di 300, alcune delle quali conservate nella collezione Reale del Castello di Windsor, in Inghilterra.
La Madonna col Bambino nella collezione di Valter Mainetti: la quiete e la stabilità artistica
La Madonna col Bambino è un’altra delle gemme della Collezione della Fondazione Sorgente Group, un quadro bellissimo con un senso complessivo di quiete con un equilibrio unico, con una tessitura cromatica che fa vivere nello spettatore una vera e propria sospensione nella percezione del tempo, mostrato quasi come immobile e allo stesso tempo vicinissimo a noi nonostante sia cristallizzato nel 1600 circa. La mano del Sassoferrato è estremamente riconoscibile per gli appassionati d’arte e l’attribuzione dell’opera è lampante, ma il quadro è comunque caratterizzato da elementi di mistero, quasi di incertezza, in particolare per quanto riguarda la datazione dell’opera stessa.
Il Sassoferrato, infatti, non ha quasi mai firmato le sue opere e gli storici dell’arte si basano su un ritratto illustre, in questo caso firmato, per confrontarne la pennellata con il resto della produzione lui attribuite. Fortunatamente lo stile del pittore è rimasto particolarmente coerente e costante per tutto il corso della sua carriera artistica, come se avesse trovato una formula vincente e non l’avesse ulteriormente perfezionata, rendendolo più facilmente riconoscibile. La datazione dell’opera resta comunque una curiosità relativa: l’autore del quadro è infatti uno dei rari esempi nella storia dell’arte universale in cui la maturazione dell’artista e il progresso del suo esprimersi risultano relativamente importanti perché a indirizzarci c’è il suo modo di pensare definitivo da cui non si scosta mai. La sua cifra stilistica è talmente perfetta e affascinante da rendere tale stabilità confortante e rassicurante. Il Sassoferrato ha trovato qualcosa che ha il sapore della verità: perché andare oltre?
La tessitura cromatica e il Purismo osservati dalla Fondazione Sorgente Group
Nel meraviglioso dipinto del Sassoferrato è assolutamente riconoscibile l’influenza della scuola bolognese, a sua volta influenzata da Raffaello. Un dettaglio lampante se osserviamo nella Madonna ritratta quella tenerezza, quella dolcezza materna, quella affettuosità, quella delicatissima attitudine del bambino verso la madre che in effetti risalgono alla scuola Raffaellesca, a Raffaello stesso e ai suoi seguaci e ai seguaci della scuola bolognese dell’inizio del Seicento. Pur essendosi ispirato a tutti questi pittori, ne ha cambiato l’impostazione pittorica. La tessitura cromatica del Sassoferrato e il suo disegno impeccabile – preciso e perfetto in modo sorprendente – derivano da quella tradizione artistica, ma restano allo stesso tempo autonomi: in nessun altro dei suoi maestri si ritrova quel punto cromatico sublime che costituisce l’anima dell’immagine del Sassoferrato.
Un’opera come questa ci comunica la buona educazione e il buon gusto, due dei principi supremi che per molto tempo ispirarono i comportamenti, le attitudini, gli usi e i costumi della classe dirigente italiana – soprattutto in ambito ecclesiastico – del tempo. Risulta che Sassoferrato fosse terziario francescano, ovvero aveva aderito alla spiritualità francescana nel cosiddetto terzo ordine, quello che si apre anche ai laici. Per certi versi il pittore doveva un uomo di profonda spiritualità e con una timbratura francescana particolarmente intensa, un dettaglio che leggiamo nella sua opera. Quella purezza delle mente che attribuiamo a Sassoferrato corrisponde alla sua impostazione stilistica, tanto che molti storici dell’arte hanno usato il termine Purismo per indicare quella propensione che possiamo leggere nel dipinto.
Questa sorta di Purismo ha quindi una correlazione fortissima con la spiritualità francescana: l’opera interpreta la purezza di spirito come approccio al mondo, al rapporto con gli altri e come soluzione a ogni malinteso tramutando il tutto in cifra stilistica commovente, votata al bello. Il bambino che posa il volto in modo delicato, tenero ed educato sulla madre, con la stessa espressione pacata e sorridente, sono l’esempio perfetto di quel modo di dipingere. I soggetti sembrano guardare verso di noi, ma con estrema discrezione e garbo. Una delicatezza che si impone con la forza di una potenza stilistica sintomo di una maturità espressiva davvero ammirevole.