Secondo uno studio condotto dalla Université de Montréal pubblicato su Scientific Reports chi ha contratto il COVID-19 produce anticorpi, ma chi è anziano ne produce di più.
I ricercatori hanno analizzato la risposta anticorpale di 32 adulti canadesi risultati positivi nel 2020 al SARS-CoV-2 e non avevano avuto bisogno di ricovero ospedaliero. L’analisi della risposta anticorpale dei pazienti è stata fatta a 4 e 16 settimane dalla diagnosi di SARS-CoV-2 tramite test PRC. Il primo dato che emerge dallo studio è che gli anticorpi continuavano ad essere presenti nel sangue anche a 16 settimane dalla diagnosi. Ma ad attirare l’attenzione dei ricercatori è stata anche la correlazione tra risposta anticorpale ed età dei pazienti: quelli con più di 70 anni avevano risposte superiori alla media mentre al di sotto dei 49 anni si registravano risposte anticorpali inferiori alla media.
Gli anticorpi prodotti dopo un’infezione da parte del ceppo originale del virus hanno reagito anche alle varianti emerse nelle ondate successive – B.1.351 (Beta, Sud Africana), B.1.617.2 (Delta, Indiana) e P.1 (Gamma Brasiliana) – ma a in misura ridotta del 30-50% circa. Anche nel caso delle varianti, tuttavia, era evidente un gap correlato all’età.
Nel dettaglio, gli over 70 hanno mostrato risposte dal 15% (ceppo nativo) al 30% (varianti) al di sopra della media della coorte complessiva, quelli di età compresa tra 50-59 o 60-69 anni hanno mostrato risposte entro il 10% di la media, e quelli di età compresa tra 18 e 49 anni hanno mostrato risposte dal 18% (nativo) al 30% (varianti) al di sotto della media.
Dallo studio è emerso, infine, che in un paziente con età inferiore a 49 anni l’infezione pregressa non ha prodotto anticorpi, ma la vaccinazione sì.