Un giovane timido e schivo, avviato alla malavita quando non era ancora maggiorenne, perchè le circostanze lo richiedevano: questo l’identikit di Salvatore De Martino, reggente dell’omonimo clan attivo a Ponticelli, arrestato all’alba di oggi, lunedì 11 ottobre, insieme a sua moglie e ad altre 9 figure di spicco delle organizzazioni camorristiche che negli ultimi mesi hanno animato la faida per il controllo dei traffici illeciti nel quartiere della periferia est di Napoli.
Le circostanze che lo hanno obbligato a gettarsi nella mischia, risalgono al novembre del 2017: quando un blitz tutt’altro che dissimile da quello andato in scena stamane, decapitò il clan De Micco, egemone a Ponticelli in quel periodo storico.
Nell’ambito di quell’operazione, finirono in manette il boss Luigi De Micco ed altre 22 figure di spicco del clan, tra cui Antonio De Martino detto “XX”, fratello di Salvatore. Un killer sanguinario, temibile e temuto, a tal punto da imporre alla collettività di guardarsi bene dal pronunciare il suo nome a voce alta. Per questo motivo veniva apostrofato come “XX”, un innominabile protagonista della malavita ponticellese che negli anni aveva saputo distinguersi, in quanto riconosciuto come l’autore di omicidi eclatanti ed efferati, come quello della donna-boss Annunziata D’Amico e del fedelissimo dei De Luca Bossa Salvatore Solla. Delitti che hanno concorso ad imporre l’egemonia dei De Micco a Ponticelli.
Antonio “XX” era anche un facinoroso, uno che godeva della fama del picchiatore violento e spietato. Un motivo in più per guardarsi bene dal pestargli i piedi.
Una figura chiacchierata, rigorosamente a voce bassa, ma soprattutto temuta e rispettata e ben presto trasformatasi in un’icona della camorra 2.0 da osannare ed emulare per i giovani vogliosi di farsi strada, guardando dritto verso lo stesso vicolo cieco.
Nasce così il mito di “Antonio XX”, ancor più fomentato all’indomani del suo arresto e di quello delle altre figure apicali del clan De Micco. Un evento che spiana la strada ai clan alleati, il cartello camorristico costituito dalle pazzignane del Rione De Gasperi, dai Minichini-De Luca Bossa, ai quali si sono accodati poi anche i Casella, che con l’appoggio degli Aprea di Barra e dei Rinaldi di San Giovanni a Teduccio, miravano ad affondare le grinfie sull’intera periferia orientale partenopea.
La necessità di mantenere la presa sul territorio per non consentire ai clan alleati di prendere il sopravvento, spinge la madre dei De Martino, Carmela Ricci, detta Donna Lina, a gettare nella mischia l’unico uomo della famiglia rimasto a piede libero: suo figlio Salvatore.
Ancora minorenne, Salvatore non gode della tempra camorristica degli altri uomini De Martino. Da suo padre, il ras Francesco De Martino, ai fratelli Giuseppe ed Antonio, tutti reclusi per aver servito la malavita, tutti nati per servire la malavita. Salvatore è uno dei tanti ragazzi nati con il destino già segnato. Condannato dal cognome e dalla famiglia d’appartenenza a servire la malavita.
![Salvatore De Martino, diventato padre di recente](https://www.napolitan.it/wp-content/uploads/2021/10/186540395_3950329731711988_9170133874599538344_n.jpg)
Per colmare quella scomoda lacuna, tutt’altro che confacente allo status di giovane rampollo di una famiglia d’onore, intorno a Salvatore De Martino viene erto un cordone di coetanei, cresciuti insieme ai fratelli De Martino e soggiogati dal mito di “XX”.
Giovani incensurati o con piccoli precedenti a carico, completamente inesperti in materia di camorra, cresciuti rapidamente tra le fila del clan che ha ereditato la pesante fama insita in quella sigla, “XX”, e chiamati ad eseguire gli ordini impartiti dalla regia occulta di “Donna Lina” ed Antonio De Martino.
Come pecore mandate al macello, gli “XX” provano a rispondere colpo su colpo alla raffica di azioni messe a segno dai clan alleati per imporre la propria egemonia. Ad aprire le danze, l’atto di ribellione esternato dalla “pazzignana” Luisa De Stefano che poche ore dopo il blitz che fece scattare le manette per i 23 affiliati al clan De Micco, si presentò al garage di questi ultimi, in via Luigi Piscettaro, per comunicare ai Bodo che a partire da quel momento non avrebbe più pagato il pizzo sulle piazze di spaccio da lei gestite, non riconoscendo al clan più alcuna autorità.
I giovani eredi del clan “XX” furono chiamati subito ad impugnare le armi: al calar del sole, un gruppo di giovani in sella agli scooter, mise la firma su una “stesa” nel rione De Gasperi di Ponticelli, nei pressi del bunker del clan delle “pazzignane”.
Un evento che diede il via ad un’escalation di azioni delittuose che portarono gli “XX” a sventolare bandiera bianca, pur riuscendo a preservare il controllo delle roccaforti del clan: il rione Fiat e il rione Incis, in primis.
Dopo un periodo relativamente breve di pace, a rompere gli equilibri, attuando una serie di azioni volte a contestare l’egemonia dei Minichini-De Luca Bossa-Casella, fu l’atto di ribellione inculcato nei giovani “XX” dalle menti pensanti del clan, “Donna Lina” e “Antonio XX”, poichè insoddisfatti delle esigue somme elargite per mantenere i detenuti in carcere.
Gli “XX”, numericamente inferiori e meno esperti dei rivali in termini di strategie, non erano pronti per sostenere l’onda d’urto generata dalla guerra, ma seguitarono ed eseguire gli ordini impartiti. Ad esporsi fisicamente sono sempre le reclute, mentre il ras Salvatore De Martino, che viene puntualmente preservato e tutelato.
Sono i giovani affiliati al clan, Pietro Frutto, Ciro Uccella, Vincenzo Di Costanzo, Giulio Fiorentino, e molti altri a mettere la firma su minacce, estorsioni, stese e soprattutto sugli agguati. Il giovane boss si espone solo quando è strettamente necessario e sempre ben protetto da un cordone di scagnozzi.
Il ruolo di garzone di un ragazzino inesperto, sta stretto a Rosario Rolletta, fedelissimo dei De Micco che negli anni in cui il clan aveva conquistato la ribalta, non aveva mai fatto mancare il suo supporto. Nascono così una serie di frizioni che sfociano in una guerra intestina al clan. “Una guerra nella guerra”, mentre era in corso la disputa con i clan alleati e che i De Martino pensano di risolvere consegnando ai nemici propria la testa di Rolletta, già sopravvissuto miracolosamente ad un agguato.
E’ l’inizio della fine per i De Martino che non potevano prevedere che Rolletta fosse pronto a tutto, pur di sopravvivere. Anche passare dalla parte dello Stato.
Un clamoroso colpo di scena che stravolge gli equilibri e che concorre a sedare i livori dei clan in lotta per il controllo del territorio per qualche tempo.
Il misterioso ferimento del ras Giuseppe Righetto, fratellastro dei Casella, a marzo del 2021, riapre le ostilità e di lì a poco sfocia nell’episodio che più di ogni altro ha inflitto un duro colpo al clan “XX”: il duplice agguato in cui perde la vita Giulio Fiorentino e rimane ferito Vincenzo Di Costanzo.
Un morto e un ferito messi a segno nel cuore del fortino del clan De Martino. Un colpo durissimo al cuore di quei giovani che vengono bruscamente riportati con i piedi per terra. Un momento di paura e smarrimento che il ras De Martino ha gestito abilmente, trasformando il dolore in brama di vendetta.
Le giovani leve del clan XX combatteranno senza esclusione di colpi una guerra inculcata nelle loro coscienze per servire le logiche di un’organizzazione camorristica e non di una famiglia.
Una guerra senza vincitori nè vinti, perchè a ripristinare gli equilibri ci ha pensa una scarcerazione eccellente: quella di Marco De Micco, leader e fondatore del clan, tornato in libertà lo scorso marzo.
![Ciro Uccella, Salvatore De Martino, Giulio Fiorentino](https://www.napolitan.it/wp-content/uploads/2021/10/56255368_410468353115925_2665718645363048448_n.jpg)
Tutto quello che resta oggi del clan De Martino, nel giorno in cui l’ennesima operazione brillantemente condotta dalle forze dell’ordine, ha concorso a decapitarne velleità e motivazioni, sono le foto che raccontano le vite di quelli che potevano essere ragazzi normali. Giovani come tanti che hanno condiviso scampoli di ordinaria quotidianità, dalle serate in discoteca a quelle trascorse in macchina chattando in diretta sui social network. Le giornate al mare, le feste di compleanno, le sere trascorse nel rione, fumando uno spinello e raccontandosi i sogni.
![Giulio Fiorentino, Ciro Uccella e Salvatore De Martino](https://www.napolitan.it/wp-content/uploads/2021/10/57427439_2181027918642187_2086569058848735232_n.jpg)
Ma oggi, sulle pagine delle loro vite, il destino ha scritto tutt’altro epilogo.