L’escalation di violenza che si registra da diversi mesi, seppur a fasi intermittenti, nel quartiere napoletano di Ponticelli e che tra ottobre e novembre del 2020 ha portato al compimento di 3 agguati in 26 giorni, sarebbe frutto di una precisa e pianificata azione di epurazione interna, voluta dal clan Casella-Minichini-De Luca Bossa per domare l’atto di ribellione degli “XX” – sigla identificativa del clan De Martino – consequenziale alla rottura degli accordi stipulati in passato, soprattutto per quanto concerne la spartizione dei proventi illeciti e le cosiddette mesate alle famiglie dei detenuti.
Una faida guidata da due menti occulte che hanno dettato tempi ed azioni alle giovani leve del clan che si contraddistinguono soprattutto per i tatuaggi e le barbe folte: il detenuto Antonio De Martino Antonio e la madre Carmela Ricci. Sono loro gli ispiratori della faida nata con l’intento di opporsi alla posizione di emarginazione imposta dai Casella-De Luc Bossa, al clan nato in seguito alla dipartita dei “Bodo” – questo il soprannome degli affiliati al clan De Micco – in seguito al blitz che nel novembre del 2017 fece scattare le manette per 23 elementi di spicco. I De Martino hanno cercato di riorganizzarsi per continuare a detenere l’egemonia del territorio, dando il via ad una faida che ha visto primeggiare il ben più organizzato sodalizio camorristico composto dai clan alleati, ovvero i Minichini-De Luca Bossa, gli Aprea di Barra e i Rinaldi di San Giovanni a Teduccio.
Dopo una tregua durata all’incirca un paio d’anni, a partire dal settembre 2020, la famiglia De Martino, insoddisfatta del trattamento economico ricevuto per i propri detenuti, ha osato venire meno ai patti relativi alla spartizione dei proventi derivanti dalle attività estorsive e dal controllo delle piazze di spaccio di Ponticelli, iniziando ad operare senza autorizzazione dei vertici e rifiutandosi di versare le relative quote alle casse del clan egemone.
In quest’ottica matura il ferimento di Rodolfo Cardone, 23enne vicino ai De Martino, avvenuto il 7 ottobre scorso e che ha aperto ufficialmente il botta e risposta tra le fazioni in guerra, dando il via alla faida. Il ferimento di Luigi Aulisio, cognato dei Casella, avvenuto lo scorso 29 ottobre, di conseguenza, rappresenterebbe la replica dei De Martino. Non si sarebbe fatta attendere la replica dei Casella: il 2 novembre, 3 giorni dopo il ferimento di Aulisio, anche Rosario Rolletta – contiguo al clan XX – va incontro al medesimo destino.
Dopo una battuta d’arresto lunga circa 4 mesi, la faida è rientrata nel vivo lo scorso marzo, facendo registrare prima il ferimento di Giuseppe Righetto, stimato essere la figura chiave del cartello Casella-De Luca Bossa e poco dopo il duplice agguato che ha portato alla morte di Giulio Fiorentino e al ferimento di Vincenzo Di Costanzo, entrambi contigui al clan De Martino.
Tutt’altro scenario, tuttavia, sembra destinato a disegnarsi intorno all’agguato in cui è rimasto ferito Rosario Rolletta e sul quale lui stesso ha concorso a far luce, in veste di collaboratore di giustizia. Friariello – questo il soprannome di Rolletta – all’indomani dell’agguato al quale è fortuitamente riuscito a sopravvivere, ha deciso di passare dalla parte dello Stato, ben consapevole del fatto che i De Martino lo avevano “venduto” ai Casella per mettere fine alla faida.
I De Martino, il clan al quale Rolletta apparteneva, dunque, avrebbero consegnato la sua testa alla cosca di via Franciosa per stipulare la pace, identificando lo stesso Rolletta come l’autore dell’agguato ai danni di Luigi Aulisio detto Alì, cognato dei fratelli Casella.
“Dopo l’agguato ad Alì si sparse la voce che potevo essere stato io uno degli autori del fatto, perchè quel giorno la Polizia mi fece un controllo in serata e non mi trovo a casa perchè io ero fuori a festeggiare. – l’agguato ad Aulisio fu compiuto il 29 ottobre, giorno in cui Rolletta festeggia il compleanno – Proprio per questo motivo ho subito un agguato.”
E’ lo stesso Rolletta a ricostruire la dinamica dell’agguato al quale è sopravvissuto, indicando tre esecutori materiali, tra i quali il fratellastro dei Casella, Giuseppe Righetto e Nicola Aulisio, figlio di Alì, entrambi arrestati lo scorso 21 marzo. Inoltre, Rolletta avrebbe confermato la partecipazione all’agguato anche di una terza persona, contigua al clan De Luca Bossa. Un elemento che conferma la solida alleanza tra i due clan e che li vede camminare a braccetto per difendere il controllo del territorio, conquistato dopo diversi anni trascorsi alla mercè dei De Micco, il clan che ha saputo imporsi in seguito al declino dei Sarno, colmando il vuoto di potere che si era così generato. Proprio in seguito alla dipartita dei “Bodo”, i relitti del clan provarono a rifondarsi convergendo nel clan De Martino con l’intento di preservare il controllo del territorio. Una velleità ben presto stroncata dal cartello camorristico costituito dai clan alleati che, seppur nato durante il periodo in cui i De Micco detenevano saldamente il controllo del territorio, non hanno mai lanciato il guanto di sfida a questi ultimi per provare a scalzarne l’egemonia, pur rivelandosi pronti ad approfittare del momento di debolezza dei rivali per consacrare la propria supremazia, conquistando così il controllo del territorio, costringendo gli ex De Micco a stipulare un accordo, poi rotto di recente, proprio perchè i De Martino hanno nuovamente tentato di avere la meglio sui “clan alleati”, auspicando nella conquista di una posizione ben più autorevole, nell’ambito dello scenario camorristico ponticellese. Non riuscendo a primeggiare sui Casella-De Luca Bossa avrebbero quindi intrapreso nuovamente la via della diplomazia, tentando la via della conciliazione, a discapito di Rolletta.
Il colpo di scena più clamoroso in quel botta e risposta fitto di raid a suon di colpi di pistola ed azioni strategiche, lo disegna proprio Rolletta, rifiutandosi di adempiere al ruolo di agnello sacrificale, decidendo di passare dalla parte dello Stato per salvarsi la vita.
Friariello spiega che il 2 novembre, il giorno in cui rimase vittima di quell’agguato, fu contattato da un affiliato al clan De Martino che con una banale scusa lo invitò a raggiungerli a Ponticelli. Rolletta, prima di lasciare la sua vita di sempre per raggiungere una località protetta, abitava nel plesso di edilizia popolare sito in via Matilde Serao a Caravita, frazione del comune di Cercola. Non appena uscì dal rione in cui viveva, si accorse di essere seguito da una panda grigia. Non appena sbucò su via Argine, a ridosso della strada che conduce in via Sambuco, un’altra vettura di colore rosso – a bordo della quale Rolletta ha riconosciuto due persone riconducibili al clan Minichini-De Luca Bossa – tenta di sbarragli la strada.
“L’inseguimento iniziò sotto casa mia e ricordo che furono sparati circa 12 colpi da Peppe ‘o blob che sedeva sul sedile passeggero anteriore – si legge nella deposizione resa da Rolletta – Ho saputo che nel momento in cui il clan De Martino ha fatto un’alleanza con i clan Casella-De Luca Bossa è stato riferito da esponenti dei De Martino che ero stato io a sparare ad Ali’ e che come “prezzo” dell’accordo loro mi avrebbero ammazzato”.
Le frizioni tra Rolletta e gli “XX” erano oggetto di perenni discussioni nei rioni in odore di camorra, dove non di rado si è vociferato che Friariello vivesse male lo status di leader riconosciuto al giovane Salvatore De Martino, solo perchè erede della famiglia fondatrice ed ispiratrice del clan. Rolletta, infatti, vantava una discreta carriera camorristica marcata dalla partecipazione ad episodi eclatanti, come ad esempio, l’omicidio della donna-boss del Rione Conocal Annunziata D’Amico. Un passato nel corso del quale aveva puntualmente palesato fedeltà ed affidabilità al clan De Micco e pertanto si sentiva in dovere di rivendicare un ruolo di maggiore rilievo e più confacente ad un camorrista del suo calibro. Proprio perchè le pretese di Rolletta rischiavano di minare la compattezza del gruppo, i De Martino avrebbero stabilito che disfarsi di quella pedina che di giorno in giorno diventava sempre più scomoda, potesse rivelarsi la mossa giusta anche per ritrovare un equilibrio con i Casella-De Luca Bossa.
Una mossa rivelatasi poi fatale, in virtù del pentimento di Rolletta: una scelta che ha destabilizzato non poco le compagini in lotta per il controllo del territorio, proprio in virtù della nota fedeltà di friariello al codice d’onore della camorra e ai suoi dogmi.