Giuseppe Righetto, soprannominato ‘o blob, 35enne fratellastro dei Casella, è stimato essere una delle figure-simbolo della camorra ponticellese.
Lo comprova quello che a tutti gli effetti risulterebbe essere un agguato, maturato intorno alla mezzanotte di venerdì 12 marzo, mentre ‘o blob – secondo la versione che ha fornito agli inquirenti – si trovava in un cortile nei pressi della sua abitazione in via Franciosa, quartier generale del clan Casella.
‘O blob avrebbe violato il coprifuoco imposto per contenere i contagi da coronavirus, per sostare in cortile a fumare una sigaretta. In quel frangente, sarebbe stato avvicinato da due individui che avrebbero cercato di rapinarlo. A quel punto, avrebbe tentato di difendersi a mani nude, seppur sotto la minaccia di una pistola ed avrebbe quindi avuto la peggio, ferendosi ad una mano.
Una ricostruzione al vaglio degli inquirenti che non convince affatto chi ben conosce le dinamiche camorristiche del quartiere, ancor più alla luce del particolare momento storico attualmente in scena a Ponticelli.
Sul luogo indicato come teatro dell’accaduto da Righetto, gli inquirenti non hanno trovato bossoli nè tracce ematiche. Meno che mai i residenti in via Franciosa riferiscono di aver udito il rumore degli spari squarciare il silenzio del lockdown.
Secondo quanto riferito dai residenti in zona, ‘o blob vivrebbe in un ex negozio adibito ad appartamento che un tempo era gestito dalla madre.
Inoltre, negli ultimi tempi, da quando Luigi Aulisio, cognato dei Casella, era rimasto vittima di un agguato lo scorso ottobre, le figure-simbolo del clan, si vedono poco in giro e non erano solite stanziare per lungo tempo in strada, soprattutto al calar del sole.
I Casella temevano un agguato dei rivali a tal punto da aver disposto la potatura degli alberi che costeggiano la loro abitazione per disporre di una visuale più ampia e chiara. Avrebbero inoltre provveduto ad incrementare l’illuminazione in zona, a spese proprie, pur di essere in grado di intercettare anzitempo un’eventuale spedizione nemica.
Non è escluso, dunque, che il ferimento di Righetto sia avvenuto in un luogo diverso rispetto a quello che ha dichiarato agli inquirenti.
Così come appare ugualmente plausibile che ‘o Blob abbia fornito una ricostruzione dei fatti non veritiera o non del tutto. Quella ferita alla mano che gli ha procurato una frattura stimata guaribile entro 30 giorni dai medici del pronto soccorso dell’ospedale Villa Betania, potrebbe essere “un avvertimento”.
O’ blob, designato dai De Luca Bossa come “l’erede dell’impero del male” di Ponticelli, quando sull’era camorristica del clan del Lotto O scorrevano già i titoli di coda, è stimato essere un “pezzo da 90” della malavita locale che qualche malintenzionato si sarebbe guardato bene dal rapinare, soprattutto in via Franciosa, nel fortino del clan Casella.
E’ forse più appropriato leggere quanto accaduto contestualizzando quell’azione e collocandola nello scenario camorristico attuale: il botta e risposta che ha generato la faida tra clan, in seguito al declino dei De Luca Bossa e che ha fatto registrare 3 agguati a distanza ravvicinata tra ottobre e novembre del 2020, si era improvvisamente arrestato dopo l’agguato in cui rimase ferito Rosario Rolletta detto friariello. La prima vittima del fuoco nemico fu Rodolfo Cardone – ritenuto contiguo al clan XX – e poi fu la volta di Luigi Aulisio detto Alì – cognato dei fratelli Casella – infine l’agguato a Rolletta. Non appena si è diffusa la notizia del pentimento di quest’ultimo, su Ponticelli è calato il silenzio.
Dopo 4 mesi di calma apparente, dunque, la camorra ponticellese avrebbe rotto il silenzio per tornare ad impugnare le armi pur di conquistare il controllo del territorio.
Perchè proprio adesso?
O’ Blob potrebbe aver pagato a caro prezzo una leggerezza, pensando di non correre alcun pericolo, forte del lockdown e del tempo trascorso in sordina, esponendosi così al mirino dei killer del clan rivale.
Non è da escludere che, approfittando del momento caotico generato dall’arresto del sostituto commissario Vittorio Porcini, i clan intenzionati a riprendere la faida, abbiano deciso di approfittare dell’evento propizio per tornare a sparare. Il sostituto commissario, fino a pochi giorni prima di finire ai domiciliari, infatti, faceva sentire la sua presenza in via Franciosa pressochè quotidianamente, consapevole del fatto che intorno al fortino dei Casella sono tanti e vari gli interessi che seguitano a muoversi, anche in assenza degli spari.
Negli ultimi mesi, quasi a voler allontanare lo spettro del sospetto e della paura, Righetto aveva contattato più volte il direttore del nostro giornale, non solo per inscenare un corteggiamento improbabile, ma anche per rimarcare con forza che “il clan Casella non esiste”: circostanza smentita prima dalla relazione semestrale della Dia e poi dagli spari che gli hanno messo ko la mano per un mese.
Del resto, “‘o blob è ferito, ma non è morto”, quindi c’è da aspettarsi un’imminente replica all’affronto subito.