Nelle ore in cui si è diffusa la notizia della morte di Raffaele Cutolo, uno degli interventi più utili a contrastare la cascata di proseliti e tributi alla memoria del boss defunto, è stato fornito da Davide Basile, autore di un post su Facebook diventato virale.
Basile è l’autore del post che ha ricostruito la storia di Giuseppe Salvia, un delle tante vittime innocenti della Nuova Camorra Organizzata. Il vicedirettore del carcere di Poggioreale, ucciso il 14 aprile 1981, all’età di 38 anni, pagò con la vita “uno sgarro” inflitto al boss detenuto. Di ritorno in carcere da un’udienza in tribunale, Cutolo fece intendere agli agenti penitenziari che non gradiva essere perquisito come, invece, prevedeva il regolamento. Salvia, allora, perquisì personalmente il boss, per rivendicare con forza l’autorità dello Stato e il rispetto di quelle leggi che troppo spesso vengono limate dalle minacce degli “uomini d’onore”. Un gesto che indispettì non poco il boss che si sentì umiliato davanti agli altri detenuti che lo vedevano come un leader, oltre che un capo indiscusso. Un gesto che rischiava di minare la sua autorità di boss e questo Cutolo non poteva permetterlo.
Fu così che ordinò la morte di Giuseppe Salvia, marito e padre di due figli che avevano appena 3 e 5 anni, quando il vicedirettore del carcere fu trucidato dai sicari del boss della NCO.
Una ricostruzione che ha avuto un fortissimo impatto sull’opinione pubblica e che ha gettato una nutrita coltre di fango sulla figura di Cutolo, concorrendo non poco a minare quell’immagine di icona della malavita da idolatrare e consacrare.
Abbiamo approfondito il tema rivolgendo alcune domande proprio all’autore di quel post: Davide Basile.
Il tuo post è diventato virale ed ha contribuito a “guastare la festa” ai “fans” di Cutolo, com’è nata l’idea di scrivere e pubblicare quelle parole?
Quella sera, quando è uscita la notizia della morte di Cutolo, in rete iniziavano a girare già i primi commenti inneggianti a “O’ Prufessore” che mi stavano già facendo innervosire. Ad un certo punto mi è arrivato un brano da un amico su WhatsApp, gli ho chiesto la fonte e mi ha detto che non la conosceva… ho cercato velocemente online ma non ho trovato nulla, quindi l’ho leggermente adattato e pubblicato. Da quella sera non ho avuto tempo di fare una ricerca più approfondita. L’altro giorno sono risalito alla fonte “originaria”, che è un brano contenuto in “Al di là della notte. Storie di vittime innocenti di criminalità” di Raffaele Sardo – Ed. Tullio Pironti 2010) e l’ho aggiunto ai credits del post.
Anche io da piccolo ho guardato mille volte il “Camorrista” di Tornatore ed ho adorato il mitico Ben Gazzara. Anche io ho canticchiato mille volte “Don Raffaè” di De Andrè. Ma ho anche vissuto sotto gli spari delle faide di camorra degli anni ‘80 e ’90 ed ho subito pensato che quella fosse l’occasione per ricordare e celebrare eroi positivi come Giuseppe Salvia e tanti altri che hanno perso la vita PER MANO di Cutolo e non quest’ultimo quasi fosse un mito.
Cosa hai provato quando ti sei reso conto che il tuo post era diventato virale?
Mi ha fatto piacere perché, in una giornata in cui i media si sono occupati della morte di Raffaele Cutolo chiamandolo “Prufessore” o “don Raffaè” e facendone quasi una agiografia, sono riuscito, nel mio piccolo, a dare visibilità ad uno dei tanti eroi positivi che hanno perso la vita per mano di quello che era e resterà per sempre un CAMORRISTA.
Come Salvia ce ne sono tanti, troppi altri che non hanno ricevuto in morte e non ricevono tutt’oggi gli onori della cronaca.
C’è bisogno di portare avanti un lavoro di contronarrazione che, attraverso il racconto di storie di bellezza e resistenza e l’appello al bene comune oltre quello personale, combatta i luoghi comuni e gli stereotipi sui napoletani e sulla periferia in generale.
Raffaele Cutolo è morto, ma la camorra è viva e continua ad essere una montagna di merda da combattere.
Seppure tu abbia precisato che si tratti di un brano estrapolato da un libro, in tanti si sono arrogati “la paternità” di quel tributo. A tuo avviso, i social network hanno il potere di veicolare messaggi distorti e di generare falsi miti, creando il binomio virale = giusto, anonimo = sbagliato?
Con l’avvento dei social media, la possibilità di realizzare maschere destinate a mettere in mostra o modificare la nostra identità ci viene servita su un piatto d’argento, al punto da arrivare a presentare sempre più frequentemente un’immagine di noi che è solo illusione e distorsione rispetto alla realtà.
Questo si ripercuote anche sulla circolazione delle notizie e, soprattutto, sulla credibilità delle stesse. Si è portati, purtroppo, ad attribuire maggiore autorevolezza ai contenuti che ricevono più approvazione in termini di engagement. Ma, ovviamente, non sempre c’è diretta corrispondenza tra le due cose.
Non si può sottovalutare il rischio che lo sviluppo dei social media, diffondendo messaggi uguali a grandi moltitudini di persone, tenda a fare aumentare il cervello collettivo, oltre il grado richiesto per la socialità all’interno della specie. Il grande pericolo è la perdita dello spirito critico del cittadino e le uniche possibili contromisure, sono nella scuola e nella sua responsabilità nell’educare i giovanissimi ai valori della lettura, del pensiero critico e della scienza.
Quanto è stato strumentalizzato il tuo post e quanto, invece, è riuscito a scuotere le coscienze, secondo te?
La strumentalizzazione è arrivata a livelli altissimi. Cito solo in tal senso il post che ne ha fatto Matteo Salvini (citando, nemmeno tanto esplicitamente, il TGCOM24 e non me). Ma credo (e spero) che il post abbiamo comunque contribuito a scuotere un po’ di coscienze e, soprattutto, a far conoscere a tanti che non la conoscevano la storia di un servitore dello Stato che ha dato la vita al pari, a mio avviso, di gente come Falcone o Borsellino.
Sei uno dei fondatori del progetto SNIP che attraverso le storie di persone comuni, partite dalle periferie e che sono riuscite ad affermarsi, promuove ideali e modelli educativi sani. Un’iniziativa che quotidianamente rilancia l’importanza della legalità e della divulgazione di ideali più sani, in una società sempre più povera di valori e contenuti. Qual è l’obiettivo che auspichi di raggiungere grazie a SNIP?
Come scritto prima credo che sia necessaria una contro narrazione, rispetto a quella “di massa” che dipinge le periferie come deserti dai quali non può nascere nulla di buono e che dia un volto al Capitale Umano che si sviluppa e forma lontano dalle città vecchie, dai centri storici, dai luoghi in cui quando nasci il tuo secondo nome non è pregiudizio.
Con SNIP stiamo provando, insieme a Paolo Giannattasio e ad altri amici, a fare questo con l’obiettivo di provare a dare speranza nel futuro a tutti quei giovani nati in luoghi particolari, e provare a fargli comprendere e credere che lo studio, la conoscenza, il talento e lo spirito di abnegazione pagano sempre.
La pandemia ha un po’ rallentato lo sviluppo del progetto, ma nella nostra mente ci sono incontri nelle scuole e sui territori ai quali far intervenire i nostri SNIP e fargli portare la loro testimonianza ai giovani dal vivo e tanto altro.
Speriamo di poter realizzare tutto questo al più presto. Intanto continuiamo a gridare al mondo, attraverso i nostri canali online, che non tutti i fiori sbocciati nel terreno sbagliato debbono necessariamente appassire!