In molti probabilmente ignorano che il 22 ottobre si celebra la Giornata Mondiale delle balbuzie.
Perchè è giusto parlare di balbuzie?
A rispondere a questo quesito è Emanuele Giuseppe Adiletta, dottore in scienze e tecniche psicologiche e terapista sessuale, attualmente impegnato nel promuovere e normare in Campania la figura del Sex Worker con il centro di Ricerca e Formazione in Medicina e Psicologia.
“Credo sia più giusto partire con il rigirare la domanda e, quindi: perchè non parlare di balbuzie?
La risposta ci permette di procedere in maniera controfattuale ovvero cosa comporta non affrontare questa tematica?
- Non viene data una corretta informazione su cosa sia la balbuzie.
- La balbuzie viene lasciata ancora in zona d’ombra in cui la risoluzione del problema e il grado con cui si può definire risolto e se, soprattutto, la risoluzione ha valenza temporale è del tutto arbitraria. Mi sono espresso in termini tecnici, ma cosa vuol dire questo? Ogni professionista o Associazione adotta una propria strategia e la persona che si affidata al professionista non è altro che una cavia. Tecnicamente parlando, quello che non esiste è un protocollo riabilitativo e terapeutico ovvero una linea guida, una procedura specifica che i professionisti sono in grado di eseguire e di adattare per fronteggiare efficacemente la balbuzie.
Perché ho usato il termine come cavia? Nel mio percorso prima come balbuziente poi come ex ho avuto modo di conoscer la vita e quindi i trascorsi anche terapeutici delle persone balbuzienti, molti di loro hanno affermato di essersi sentiti delle cavie.
- Dobbiamo accettare che la balbuzie è inguaribile secondo L ‘ICD 10 e come dicono alcuni, quindi, anche accettarla come disabilità. Tutti i miti relativi alla balbuzie sono veri e ce ne sono tanti!
Non parlare di balbuzie vuol dire quindi girare le spalle ad un vuoto scientifico che è colmabile lasciando che esistano molteplici visioni di una difficoltà che è per tutti un problema. Esiste un confine tra difficoltà e problema. Una difficoltà t’insegno a superarla, un problema t’insegno ad affrontarlo e la balbuzie si colloca al centro tra la difficoltà ed il problema.
Abbiamo detto che non viene data una corretta informazione su cosa sia la balbuzie. La balbuzie è vista come una disfluenza verbale con esordio nell’infanzia. Sono d’accordo sulla seconda parte, ma resta una visione solo sintomatica della balbuzie, il vissuto psicologico del balbuzie non è relegato al sintomo che è quello che si sente ovvero la persona che non riesce a parlare, perché si blocca. Restituire la sensazione di non avere il blocco, perché il balbuziente avverte quando sta per cadere nel blocco, possiamo dire che ha una sorta di sintomo aureo quando sta per balbettare e si risolve a livello tecnico, ma non è sufficiente a risolvere la balbuzie. Qui deve cadere la nostra attenzione perché accadono due cose:
- Il balbuziente padroneggia pienamente la tecnica e sceglie comunque di balbettare e questo accade perché la balbuzie agisce come paracadute, come paravento ad un qualcosa di più profondo riguarda l’intera sfera psichica della persona ed allora anche se la scelta non è consapevole, si sceglie di balbettare, nonostante si abbia a disposizione una lingua sicura che permette di evitare il blocco. Questo perché la balbuzie è uno scudo consentendo di deviare le responsabilità di un insuccesso che sia personale o lavorativo non verte su una propria mancanza, un atteggiamento sbagliato, ma bensì sulla balbuzie. Questo processo di difesa comporta che la balbuzie non consente alla persona di crescere in quanto rifugiandosi nel sintomo (il blocco) non si spinge ad un miglioramento oppure ad un autocritica costruttiva.
- Quando la balbuzie viene superata, cade lo scudo e la persona si trova a fare i conti con ciò che accade dopo aver riottenuto la fluenza verbale. In questa fase emerge ciò che ha consentito alla balbuzie di comporsi e di manifestarsi e questo necessita di un approccio specifico da parte di un professionista formato e non improvvisato. La situazione, quindi, diviene molto delicata, in quanto è venuto meno un meccanismo di difesa.