“Nanetto mio adoratissimo,
ti chiamo come ti ho sempre chiamato, anche se ormai eri un gigante.
Non riesco ancora a realizzare che non potrò più rivederti, abbracciarti, sentire la tua voce o il suono delicato della tua risata, quando mi parlavi dei tuoi progetti promettendomi che tutto sarebbe andato bene. Che non saremmo mai più stati poveri, che le nostre vite sarebbero state finalmente felici. Ma la felicità non è una scelta e qualcuno, assetato di una violenza che tu nemmeno immaginavi potesse esistere, ha diviso le nostre strade condannandoci al pianto. Sono stata fortunata a essere la tua mamma.
Non avevo altra felicità che te.
Oggi mi sento così fiera ripensando a tutti i sacrifici che ho fatto per renderti quel ragazzo generoso e leale che eri. Lo sei rimasto fino alla fine, fino al tuo ultimo respiro.
Mi riempio di orgoglio perfino ricordando quegli stracci con cui realizzavo i pannolini che non potevamo permetterci o i pentolini arrugginiti nei quali riscaldavo il latte donatoci dalla parrocchia.
Quante notti trascorse in piedi perché piangevi e quante notti passate a sussurrarti la ninna nanna per farti addormentare!
Gesti compiuti un’infinità di volte: quelli che trasformano una piccola creaturina in un uomo. Poi, però, arriva qualcuno e, dopo 21 anni di piccoli e grandi sforzi quotidiani, ti porta via. Quando ormai sei uomo. Quando ormai sei sul punto di raccogliere i frutti dei tuoi e dei nostri sacrifici.
Non meritavi, figlio mio, così tanto odio, così tanta follia.
Ma io resterò qui ad aspettarti perché sono una mamma. E la mamma ti aspetta sempre, anche quando sa benissimo che non tornerai.”
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