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Cardarelli, così Nonno Mario, operato di tumore durante il lockdown, è tornato dalla sua nipotina

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
5 Agosto, 2020
in Da Sud a Sud
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Cardarelli, così Nonno Mario, operato di tumore durante il lockdown, è tornato dalla sua nipotina
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nonno-mario-con-la-sua-nipotinaUn mese lontano dalla sua nipotina, a lottare contro un tumore al pancreas. A salvare la vita di Mario, nonno a tempo pieno prima della malattia, è stata l’equipe guidata dal professor Carlo Molino, direttore dell’Unitá operativa complessa di Chirurgia Generale I e Chirurgia del pancreas del Cardarelli di Napoli. Un centro d’eccellenza e un polo d’attrazione per tutto il Sud Italia. E quella di Mario è una storia che offre speranza anche a pazienti che hanno ricevuto una diagnosi che suona come una sentenza. Colpito già da mieloma multiplo, se non fosse stato operato, l’uomo avrebbe avuto al massimo sei mesi di vita.

«Stava male da tempo – racconta la figlia Elisabetta – dimagriva e non si capiva il perché. Poi una tac ha mostrato che c’era qualcosa che non andava al pancreas». Dubbi, ansie, fino alla diagnosi di tumore, arrivata solo dopo il trasferimento al Cardarelli di Napoli. «È purtroppo una diagnosi infausta – spiega il professor Carlo Molino – perché solo il 20% dei casi è operabile. Spesso, inoltre, la diagnosi arriva tardi perché il pancreas è in una zona centrale e profonda dell’addome e dà segnali quanto oramai è in stato avanzato». Per Mario la fortuna è stata quella di incontrare sulla sua strada il professor Molino e di approdare quindi in quello che di fatto è il Centro di riferimento per la chirurgia del pancreas di tutta l’Italia Meridionale, fra i pochissimi riconosciti dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas).
Al suo fianco una figlia dalla volontà incrollabile e l’affetto di un intero reparto. «Siamo andati avanti un passo alla volta – spiega Molino- anche se abbiamo dovuto combattere contro un carcinoma molto aggressivo, per fortuna era senza metastasi e operabile». Mario è stato ricoverato lo scorso 19 marzo, in piena emergenza coronavirus, quando il lockdown costringeva tutti a casa, ma non quei medici chiamati ad interventi straordinari per cambiare un destino all’apparenza segnato. Operazioni realizzate in tutta sicurezza grazie ai protocolli anti contagio messi in campo dalla direzione generale dell’Azienda ospedaliera.
«Prendevo il pullman al mattino, alle sette, da Nocera a Napoli, compilavo le autocertificazioni, facevo un lungo viaggio – ricorda Elisabetta -. Restavo all’esterno dell’ospedale, dove chiaramente non si poteva entrare. Erano i medici e gli infermieri a darmi continue notizie sulle condizioni di mio padre. Poi via, pronta a rientrare a casa. E così tutti i giorni, ma con la gioia della speranza che ci ha regalato il professor Molino». Il giorno più difficile è stato chiaramente quello di un’operazione durata quasi 8 ore. Nel caso di Mario, che in nessun altro centro era stato reputato operabile, si è proceduto con un intervento di resezione chirurgica radicale. «Quella del pancreas – prosegue Molino – è una neoplasia in crescita per incidenza, con una riduzione dell’età media: in un anno vediamo tra i 200 e i 300 casi di cui il 75% non è operabile». Per questo è essenziale avere un team multidisciplinare che possa gestire al meglio la malattia. Sono in aumento, fa sapere Molino, anche i casi di pazienti che arrivano da fuori regione per operarsi, soprattutto dalla Sicilia. Al Cardarelli, dal 2102, unico centro nel Mezzogiorno, si interviene nei casi insperabili e non metastatici con una tecnica ablativa definita “elettroporazione irreversibile”. Semplificando, si distruggono le cellule tumorali che vengono sostituite da tessuto cicatriziale». Al Cardarelli è stato anche effettuato il primo trapianto, nel Centro-Sud, di cellule Langherans, deputate al controllo della glicemia. «Le preleviamo al paziente stesso prima di operarlo e dopo vengono reintrodotte. «Garantire ai pazienti le tecniche chirurgiche e le tecnologie più avanzate è tra le nostre priorità – spiegano il direttore generale Giuseppe Longo e il direttore sanitario Giuseppe Russo. «Storie come questa ci aiutano a capire che andiamo nella direzione giusta e ci conforta sapere che quanti si ammalano possono trovare in regione una riposta di altissimo livello, cancellando così lunghi e costosi viaggi verso altre regioni».
Grazie a queste eccellenze ora Mario sta bene. Dopo un breve periodo in terapia intensiva, è stato trasferito in reparto dove il personale gli ha dato un telefono per chiamare casa, per sentire la voce di sua nipote. Oggi è a casa. «Miriam è stata felicissima, ha sentito molto la mancanze del nonno», sottolinea la mamma. Miriam ha scritto una letterina per il nonno e a fare da postina è stata Elisabetta.

«Portavo il cambio dei vestiti a mio padre e nella busta che consegnavo agli infermieri ho messo la letterina – aggiunge – mi hanno detto che papà ha pianto dalla gioia quando l’ha avuta». Il prossimo controllo medico, per Mario, è a settembre, ha davanti l’estate per recuperare il tempo perduto e stare con Miriam e la sua famiglia. «Ringrazio di aver incontrato medici eccezionali – fa sapere Elisabetta -. Hanno operato mio padre, nonostante le difficoltà, e sono riusciti a farlo tornare da noi».

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nonno-mario-con-la-sua-nipotinaUn mese lontano dalla sua nipotina, a lottare contro un tumore al pancreas. A salvare la vita di Mario, nonno a tempo pieno prima della malattia, è stata l’equipe guidata dal professor Carlo Molino, direttore dell’Unitá operativa complessa di Chirurgia Generale I e Chirurgia del pancreas del Cardarelli di Napoli. Un centro d’eccellenza e un polo d’attrazione per tutto il Sud Italia. E quella di Mario è una storia che offre speranza anche a pazienti che hanno ricevuto una diagnosi che suona come una sentenza. Colpito già da mieloma multiplo, se non fosse stato operato, l’uomo avrebbe avuto al massimo sei mesi di vita.

«Stava male da tempo – racconta la figlia Elisabetta – dimagriva e non si capiva il perché. Poi una tac ha mostrato che c’era qualcosa che non andava al pancreas». Dubbi, ansie, fino alla diagnosi di tumore, arrivata solo dopo il trasferimento al Cardarelli di Napoli. «È purtroppo una diagnosi infausta – spiega il professor Carlo Molino – perché solo il 20% dei casi è operabile. Spesso, inoltre, la diagnosi arriva tardi perché il pancreas è in una zona centrale e profonda dell’addome e dà segnali quanto oramai è in stato avanzato». Per Mario la fortuna è stata quella di incontrare sulla sua strada il professor Molino e di approdare quindi in quello che di fatto è il Centro di riferimento per la chirurgia del pancreas di tutta l’Italia Meridionale, fra i pochissimi riconosciti dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas).
Al suo fianco una figlia dalla volontà incrollabile e l’affetto di un intero reparto. «Siamo andati avanti un passo alla volta – spiega Molino- anche se abbiamo dovuto combattere contro un carcinoma molto aggressivo, per fortuna era senza metastasi e operabile». Mario è stato ricoverato lo scorso 19 marzo, in piena emergenza coronavirus, quando il lockdown costringeva tutti a casa, ma non quei medici chiamati ad interventi straordinari per cambiare un destino all’apparenza segnato. Operazioni realizzate in tutta sicurezza grazie ai protocolli anti contagio messi in campo dalla direzione generale dell’Azienda ospedaliera.
«Prendevo il pullman al mattino, alle sette, da Nocera a Napoli, compilavo le autocertificazioni, facevo un lungo viaggio – ricorda Elisabetta -. Restavo all’esterno dell’ospedale, dove chiaramente non si poteva entrare. Erano i medici e gli infermieri a darmi continue notizie sulle condizioni di mio padre. Poi via, pronta a rientrare a casa. E così tutti i giorni, ma con la gioia della speranza che ci ha regalato il professor Molino». Il giorno più difficile è stato chiaramente quello di un’operazione durata quasi 8 ore. Nel caso di Mario, che in nessun altro centro era stato reputato operabile, si è proceduto con un intervento di resezione chirurgica radicale. «Quella del pancreas – prosegue Molino – è una neoplasia in crescita per incidenza, con una riduzione dell’età media: in un anno vediamo tra i 200 e i 300 casi di cui il 75% non è operabile». Per questo è essenziale avere un team multidisciplinare che possa gestire al meglio la malattia. Sono in aumento, fa sapere Molino, anche i casi di pazienti che arrivano da fuori regione per operarsi, soprattutto dalla Sicilia. Al Cardarelli, dal 2102, unico centro nel Mezzogiorno, si interviene nei casi insperabili e non metastatici con una tecnica ablativa definita “elettroporazione irreversibile”. Semplificando, si distruggono le cellule tumorali che vengono sostituite da tessuto cicatriziale». Al Cardarelli è stato anche effettuato il primo trapianto, nel Centro-Sud, di cellule Langherans, deputate al controllo della glicemia. «Le preleviamo al paziente stesso prima di operarlo e dopo vengono reintrodotte. «Garantire ai pazienti le tecniche chirurgiche e le tecnologie più avanzate è tra le nostre priorità – spiegano il direttore generale Giuseppe Longo e il direttore sanitario Giuseppe Russo. «Storie come questa ci aiutano a capire che andiamo nella direzione giusta e ci conforta sapere che quanti si ammalano possono trovare in regione una riposta di altissimo livello, cancellando così lunghi e costosi viaggi verso altre regioni».
Grazie a queste eccellenze ora Mario sta bene. Dopo un breve periodo in terapia intensiva, è stato trasferito in reparto dove il personale gli ha dato un telefono per chiamare casa, per sentire la voce di sua nipote. Oggi è a casa. «Miriam è stata felicissima, ha sentito molto la mancanze del nonno», sottolinea la mamma. Miriam ha scritto una letterina per il nonno e a fare da postina è stata Elisabetta.

«Portavo il cambio dei vestiti a mio padre e nella busta che consegnavo agli infermieri ho messo la letterina – aggiunge – mi hanno detto che papà ha pianto dalla gioia quando l’ha avuta». Il prossimo controllo medico, per Mario, è a settembre, ha davanti l’estate per recuperare il tempo perduto e stare con Miriam e la sua famiglia. «Ringrazio di aver incontrato medici eccezionali – fa sapere Elisabetta -. Hanno operato mio padre, nonostante le difficoltà, e sono riusciti a farlo tornare da noi».

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