In tempi non sospetti, quando gli occhi dell’opinione pubblica e degli inquirenti erano puntati sulle più illustri attività illecite, la camorra, in silenzio, affinava i metodi e rifocillava le sue finanze investendo in un mercato imprevedibile: la produzione e la vendita di detersivi contraffatti.
Ammorbidenti, igienizzanti, bagnoschiuma, shampoo, sapone, e tutte le vastissime versioni di detersivi per l’igiene della casa e della persona che rimpinguano gli scaffali delle mercerie e dei negozi “tutto 50 centesimi”, molto spesso, sono il prodotto finale di un “mercato parallelo” attrezzato dalla camorra per mettere le mani su un business redditizio che espone a pochi rischi, perchè difficile da sgominare.
La produzione dei detersivi da immettere sul mercato avviene all’interno di capannoni ed impianti abusivi, allestiti alla meno peggio per conseguire l’obiettivo primario: minimo spesa, massima resa. Un ciclo produttivo che, inoltre, genera posti di lavoro che la camorra può “mettere all’asta”, assicurandoli al miglior offerente o che può scegliere di utilizzare per ingraziare il popolo, accorrendo in aiuto di famiglie disagiate a caccia di soldi onesti. La fidelizzazione delle masse, passa anche attraverso dinamiche sottili e sommerse, come queste. Individuata la struttura da adibire a fabbrica abusiva di detersivi e selezionato il personale, reperire le materie prime è un gioco da ragazzi per gli interpreti della malavita che manifestano una certa dimestichezza con il mercato nero.
Una macchina affinata ad arte e che include anche la fedele riproduzione di flaconi ed etichette delle più celebri marche. Detergenti e detersivi preparati in barba alle norme sanitarie e alle rigide normative europee che prevedono direttive molto severe, sia per quanto riguarda la percentuale di composti chimici utilizzati, sia per le diciture da includere nelle etichette e che contengono una serie di informazioni importanti, un aspetto, quest’ultimo, molto spesso ignorato dall’acquirente.
Molto spesso i lavoratori delle filiera del business dei detersivi contraffatti non dispongono delle competenze necessarie per ricoprire l’incarico. Non di rado, infatti, le forze dell’ordine hanno smascherato queste industrie del falso, in seguito ad incendi, talvolta scaturiti dall’assenza di impianti elettrici a norma o per altri incidenti che hanno portato alla rapida combustione dei liquidi utilizzati per la realizzazione dei prodotti. Anche questo genere di incidenti rientrano tra “i rischi del mestiere”.
In un ingranaggio così grossolano ma al contempo meticoloso, nulla è lasciato al caso, nemmeno la scelta delle attività destinate alla vendita dei detersivi della camorra. Una delle conseguenze più visibili del boom di questo business illecito è la diffusione a macchia d’olio di rivendite di detersivi a prezzi low cost.
Mettendo a confronto due detersivi “identici”, uno “Made in camorra”, l’altro originale, una delle differenze più lampanti si riscontra nel prezzo dimezzato.
Motivo per il quale, le offerte a “prezzi stracciati” richiamano l’attenzione di dozzine e dozzine di acquirenti. L’irrisorio prezzo del prodotto finale, inoltre, consente ai vari punti vendita di dare il via ad un “testa a testa” all’insegna del gioco a ribasso con articoli che arrivano ad esibire un prezzo ribassato dell’80% rispetto a quello dello stesso prodotto realizzato dalla casa madre originale. Del resto, fornire merce a prezzi stracciati per la camorra è anche una forma di controllo sociale. Un’economia parallela che distrugge la concorrenza ed ammazza l’economia legale.
Buona parte dei prodotti vengono destinati agli ambulanti che si dilettano nella vendita delle più disparate mercanzie agli angoli delle strade, ma anche nei mercati, nei rioni e nei quartieri popolari, perfino nei supermarket e nei negozietti “insospettabili”.
La camorra, nel tempo, ha imparato a farsi scudo del mercato nero dei detersivi contraffatti per imporre il pizzo ai negozianti, intimandogli di rifornirsi attraverso il mercato del falso: soldi in cambio di merce, un passaggio che non lascia tracce e che accontenta tutti, tranne il consumatore che molto spesso ignora di acquistare – e di conseguenza di utilizzare – un prodotto non a norma, con tutti i rischi che questo comporta per la salute.
Un business d’oro che ha perfino attirato l’attenzione della mafia. Nel 2013, le indagini condotte dalla Guardia di Finanza, smascherarono l’asse Palermo-Napoli per lo smercio di droga e merce contraffatta. Tonnellate di prodotti contraffatti che partono da Napoli per finire nelle case dei siciliani.
Al cospetto dell’emergenza coronavirus, la camorra non ha dovuto fare altro che destinare un ramo della filiera alla produzione di igienizzante per le mani per assicurarsi un facile introito ed affondare le grinfie su un mercato diventato ben presto saturo per i rivenditori ufficiali, ma non di certo per gli sciacalli della malavita che si dilettano a preparare solventi e soluzioni con ingredienti di fortuna. Così, mentre il resto dell’Italia piange, la camorra se la ride, pensando ai tontoloni convinti di proteggersi dal coronavirus disinfettandosi le mani con igienizzanti fasulli che avrebbero potuto preparare da soli.