La periferia orientale di Napoli è ricca di reperti storici ed archeologici, molti dei quali sconosciuti perfino ai residenti in zona.
Il forte di Vigliena è un monumento nazionale di cui rimangono oggi solo alcuni resti. L’edificio storico si trova o nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, in via Marina dei Gigli, ex stradone Vigliena.
Di quello che un tempo era un castello, oggi sono visibili solo alcuni resti.
La sua costruzione risale agli inizi del XVIII secolo, probabilmente intorno al 1706, per volere dell’allora vicerè Juan Manuel Fernández Pacheco y Zúñiga, marchese di Villena, da cui prese anche il nome.
Alto solo sei metri per evitarne i bombardamenti dal mare, di forma pentagonale, e circondato da un fossato largo ben nove metri e profondo cinque, era concepito in maniera tale da assicurare la difesa del porto di Napoli con i suoi cannoni. Al forte si accedeva tramite un rivellino di forma triangolare dotato di parapetto e fuciliera di guardia. Tale configurazione doveva servire anche per portare degli attacchi di sorpresa contro eventuali invasori, che avrebbero in tal modo subito il tiro dei cannoni posti sui due lati frontali, ciascuno lungo fino a 35,9 metri, oltre alle fucilate provenienti dalle numerose feritoie disseminate lungo le mura.
Nel cortile interno erano disposti un pozzo e una serie di casematte adibite a servizi accessori (refettorio, officina d’armi, deposito attrezzi, etc.) addossate lungo la parete, ciascuna dotata di scala che dava accesso al primo sopraelevato di ronda. Analogamente, dal cortile si poteva accedere ai bastioni dotati di tunnel sotterranei per il trasporto di polvere e munizioni. Eccetto la cornice in pietra vesuviana che coronava la cortina compresa tra i due bastioni laterali, la fortezza era integralmente realizzata in tufo. Nel 1742 fu aggiunta una rampa più ampia di accesso al piano di ronda.
Il forte fu parzialmente distrutto durante il conflitto tra i sostenitori della Repubblica Partenopea e le forze sanfediste del cardinale Ruffo, avvenuto il 13 giugno 1799. I primi, a difesa della struttura, quando furono accerchiati e impossibilitati a scappare, decisero di far esplodere l’arsenale per causare il maggior numero di danni nelle fila della fazione opposta.
Così, la fortezza fu abbandonata finchè, nel 1891, grazie all’iniziativa dei parlamentari Imbriani e Villari, fu dichiarata Monumento Nazionale e restaurata. Tuttavia, nel 1906, una parte di essa fu demolita per lasciare spazio al panificio militare.
In origine il forte, realizzato in tufo e pietra vesuviana, era di forma pentagonale, circondato da un fossato largo 9 metri e profondo 5, sui cui lati frontali (lunghi circa 36 metri) erano posti i cannoni, a difesa del porto della città, e numerose feritoie dietro le quali si posizionavano i fucilieri. Vi si accedeva attraverso un rivellino triangolare, posto a protezione dell’ingresso, con parapetto e fucileria di guardia. Nel cortile interno, vi erano alcuni ambienti che, oltre a consentire l’accesso al piano di ronda, venivano usati come deposito. Sempre dal cortile, inoltre, era possibile entrare nei bastioni, dotati di tunnel sotterranei per il trasporto di armi e munizioni.
In seguito a ripetuti episodi di degrado e di illegalità, le proposte di recupero si orientano verso la realizzazione di un parco archeologico. Tuttavia, le scarse risorse economiche dell’amministrazione municipale, hanno determinato la deviazione degli investimenti verso il più redditizio porto turistico, nella medesima zona.