L’arte presepiale come strada per uscire dalla dipendenza. Succede alla
Comunità per la riabilitazione dalle dipendenze Il Camino, dove nei mesi che hanno preceduto le festività è stato attivato un laboratorio artistico d’eccezione. A guidare gli ospiti e ad insegnare loro come fare per creare
questi splendidi presepi è stato il maestro d’arte Claudio Coppola,
assieme all’operatrice responsabile dei laboratori di falegnameria e
ceramica Carmela Coppola.
Così creati, i presepi sono poi stati donati a diversi Sert della
Campania, simboli concreti di rinascita e di riscatto. «Il percorso
artistico – dice Pietro Falco – è stato molto utile e chiaramente si
inserisce in un contesto ben più ampio di attività che quotidianamente
portiamo avanti. Battere le dipendenze non è semplice, serve un team di
professionisti e no si può prescindere da un approccio multidisciplinare».
Il team del centro Il Camino è di quelli rodati, a prendersi cura degli
utenti (sia liberi che sottoposti a misure alternative di pena) ci sono
vari esperti.
Guidati da Pietro Falco (psicologo e psicoterapeuta che dirige la
struttura), il centro si avvale della collaborazione di Aldo Ivano Iezza e
Giorgio Triano (psicologi e psicoterapeuti), Giovanna Rapicano (laureata
in scienze dell’educazione), Rita Angelica Iacopucci (assistente sociale),
Luigi De Gregorio (animatore sociale), Gaetano Malafronte (psichiatra),
Carmela Coppola (operatore di comunità) e gli operatori
Francesco Apicella, Antonio Astorini e Franco Architravo.
Questa realtà ormai consolidata si trova sul Monte faito ed è un’ancora di
salvezza che in più di 20 anni ha cambiato in meglio tante vite.
La struttura ha a disposizione 35 posti letto (26 dei quali in convenzione
con il servizio sanitario nazionale). Molti degli ospiti sono ragazzi che
hanno smarrito la strada a causa di esperienze drammatiche, altri hanno
grandi difficoltà relazionali. Negli anni il dottor Falco ha assistito a
molti cambiamenti, primo tra tutti quello che riguarda le sostanze da
abuso.
«Si è passati – racconta – dall’abuso di eroina a quello di cocaina, della
quale spesso si sottovalutano i rischi. Negli anni 90 la cocaina era solo
per i ricchi, oggi è alla portata di tutti e peggio ancora lo è il Carck.
Spesso queste sostanze sono legate anche a disturbi psichiatrici, perché
talvolta possono slatentizzare problemi preesistenti, alle volte
acutizzano e cronicizzano problemi psichiatrici». Molto presto, per questa
che si definisce “doppia diagnosi” la struttura avrà la riconversione di 9
posti ad hoc.
Falco, che di esperienza ne ha maturata molta, spiega che non esistono
percorsi standard. Ma è fondamentale trovare la giusta chiave di lettura
nell’ambito di un approccio multidisciplinare. «Quello che facciamo qui –
dice – è cercare di alimentare un processo di ridefinizione di sé,
intervenire sugli aspetti psicologici e traumatici».
Colpisce che non esista più una differenza tra quanti vivono in condizioni
economiche disagiate e quanti invece appartengono a “classi” più abbienti.
«L’abuso di sostanze – continua Falco – può riguardare chiunque. In alcuni
casi il problema è nei rapporti sociali “liquidi”, tipici dei nostri
tempi, altre volte è una minore capacità di stare con gli altri e di
relazionarsi. Oggi, infatti, c’è più connessione e meno relazione.
Insomma, sono tanti i fattori che possono portare allo sviluppo di una
dipendenza. Ciò che conta è sapere che c’è sempre la possibilità con il
giusto aiuto di riprendere le redini della propria vita». Dei tanti
ragazzi che hanno condiviso un tratto di strada con gli specialisti del
centro Il Camino, molti sono riusciti a gettarsi l’incubo alle spalle.
Tutti ne hanno avuta l’opportunità.