Ha avuto regolarmente luogo quest’oggi, giovedì 28 novembre, il colloquio tra l’ergastolana Luisa De Stefano, la donna-boss del Rione De Gasperi di Ponticelli, e le parenti che dall’ex roccaforte dei Sarno si sono recate presso il penitenziario femminile di Piacenza, dove la donna è attualmente detenuta.
Un esito tutt’altro che scontato, in virtù del diniego incassato dagli stessi parenti della De Stefano la scorsa settimana quando, a fronte dei chilometri percorsi per incontrare la detenuta, si erano viste rispondere picche, perchè alla donna erano stati bloccati i colloqui.
Un diniego clamoroso che ha subito destato allarmismo tra gli interpreti della malavita ponticellese, per un motivo in particolare: questa prassi, in genere, viene applicata anche quando un detenuto decide di diventare un collaboratore di giustizia, per evitare che possa ricevere intimidazioni e pressioni dai parenti per indurlo a ritrattare.
Una “mamma-camorra” tutta d’un pezzo, Luisa De Stefano, che viene descritta come una donna-boss disposta più “a morire che a tradire”, soprattutto per le conseguenze che le dichiarazioni rese dagli ex boss del clan Sarno – clan d’appartenenza di suo marito, Roberto Schisa – hanno riversato sulla sua famiglia in termini di arresti. Tuttavia, l’estate scorsa, il suo primogenito nonchè rampollo del clan di famiglia, Tommaso Schisa, ha deciso di pentirsi. Un clamoroso colpo di scena, oltre che un duro colpo all’onore di una famiglia camorristica e dedita all’ossequiosa osservazione delle regole d’oro della malavita, che ha portato la maggior parte dei parenti a rinnegare “l’infame”, compresa sua madre.
Luisa De Stefano nutre un amore viscerale e morboso per il suo primogenito, tant’è vero che ha tatuato sull’avambraccio destro il suo nomignolo. Inoltre, anche l’altra figlia della donna ha deciso di seguire la strada intrapresa dal fratello, accettando di entrare nel programma di protezione destinato ai parenti dei collaboratori di giustizia. I figli si ricongiungeranno, dunque, non appena Tommaso Schisa avrà regolato i conti con la legge, e si ritroveranno liberi di ricominciare una nuova vita, in un’altra città, lontano da tutti e da tutto, soprattutto dalle spietate logiche della camorra. Una consapevolezza che potrebbe incidere notevolmente sulla forza di volontà della donna, unitamente all’idea di essere stata condannata a trascorrere il resto della vita in carcere.
Diversi, dunque, i fattori che lasciavano presagire che i clan all’ombra del Vesuvio potevano prepararsi a fare i conti l’ennesimo contraccolpo frutto di un altro ed inaspettato colpo di scena, tuttavia non è il pentimento della “mamma-camorra” del Rione de Gasperi la motivazione che ha spinto i giudici a bloccare i colloqui in carcere alla De Stefano.
La ragione, in realtà, è molto più semplice e di carattere strettamente burocratico.