13 novembre 2009, Ercolano (Na) – Salvatore Barbaro è un cantante neomelodico noto come Salvio che amava esibirsi nei locali del vesuviano.
Il pomeriggio del 13 novembre 2009 percorreva via Mare ad Ercolano, a bordo di una Suzuki Swift, insieme ad un’altra persona. Nei pressi dell’ingresso secondario degli scavi archeologici di Ercolano, un commando di fuoco entrò in azione e Salvatore venne raggiunto da una raffica di proiettili e morì all’istante.
Grazie alle intercettazioni telefoniche e alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, gli inquirenti hanno ricostruito la dinamica dell’agguato: Salvatore Barbaro fu vittima di uno scambio di persona. In comune con il reale obiettivo dell’agguato aveva solo il modello dell’auto.
Salvatore viene ricordato da amici e familiari come un ragazzo solare, allegro e sempre disponibile, aveva un figlio di tre anni e avrebbe dovuto sposarsi a dicembre dello stesso anno, quindi un mese dopo l’agguato in cui, invece, ha perso la vita, vittima inconsapevole di una assurda faida di camorra tra gli Ascione-Papale ed i Birra-Icomino.
Una volta giunti sul posto, i carabinieri si trovarono di fronte una scena terribile in via Mare: il cadavere del 29enne devastato da undici colpi di pistola sparati da distanza ravvicinata. Una esecuzione che non poteva lasciare scampo alla vittima, un agguato di chiaro stampo camorristico, ma quel giovane con gli ambienti criminali non aveva nulla da spartire. La sua passione era il canto e per sbarcare il lunario si esibiva alle feste. Fu per questa ragione che le prime indagini si indirizzarono subito nell’ambiente dei neomelodici e si cercò di approfondire le frequentazioni del cantante. Aspetto, quest’ultimo, che ha sempre concorso ad avvolgere il delitto in una fitta ombra di dubbi da parte degli inquirenti.
Una carriera, una vita, i sogni e il futuro di quel giovane uomo furono stroncati da 5 colpi esplosi da una semiautomatica calibro 9, di marca sconosciuta e mai sequestrata, mentre era alla guida di una «Suzuki Swift», un’auto dello stesso tipo di quella usata dal vero obiettivo dei killer, il boss Ciro Savino. Per questo errore, al killer venne ridotto il compenso: 800 euro invece di tremila. Fu comunque pagato perché venne ritenuto responsabile del tragico errore lo «specchiettista», cioè colui incaricato di indicare il bersaglio.