Una rivelazione che ha notevolmente scosso l’opinione pubblica, oltre che l’ambiente ecclesiastico, quella del 30enne che ha dichiarato di essere il figlio di un sacerdote.
Gerard, nel villaggio del Kenya in cui è nato ed ha sempre vissuto, è soprannominato “Mario il mzungu”, che in swahili significa “persona di carnagione chiara/europea”.
Una vita trascorsa nel silenzio, nascondendo un segreto pesante, un’infanzia segnata dalle vessazioni alle quali era sottoposto per il suo aspetto fisico che lo rendeva “diverso” dagli altri abitanti del villaggio, costretto anche a sopportare le dicerie e gli sfottò dei ragazzini, di chi diceva che lui fosse “il figlio del prete”.
Per Gerard la presa di coscienza di quella “paternità scomoda” e la consequenziale rottura del silenzio per lasciare spazio a quella rivelazione sono stati una vera e propria liberazione.
E’ riuscito a risalire all’identità del presunto padre, quel “Mario” con cui veniva chiamato da piccolo, grazie alla collaborazione dell’associazione Coping International, che da anni si batte per il riconoscimento dei figli dei preti nel mondo.
Si tratta di un missionario della Consolata, da anni in Kenya, che sostiene di non sapere nulla di quel ragazzo ed esclude di esserne il padre. Oggi ha 84 anni e sottoporlo al test del Dna appare un’ipotesi assurda aglio occhi del clero, seppure fonti vicine all’interessato abbiano dichiarato che si sarebbe reso disponibile.
Secondo quanto riferito da Coping International, il Vaticano avrebbe “aperto un’inchiesta” sul caso, in quanto potrebbero sussistere anche gli estremi di una violenza sessuale, poichè la madre di Gerard aveva 16 anni quando partorì.
“Sin dalla mia infanzia sapevo che la persona con cui era sposata mia mamma non era veramente mio padre e che mio padre era un prete chiamato Mario – ha raccontato Gerald all’ANSA -. La mia vita è stata sempre molto dura. Sono cresciuto sentendomi nella famiglia sbagliata; spesso piangevo e mi azzuffavo a scuola e nel villaggio. Mi vergognavo per essere diverso da tutti gli altri bambini”.
Il 30enne ha anche rivolto un appello a Papa Francesco. “Vorrei parlargli, lui dovrebbe avere il bisogno di sapere la realtà di essere il figlio di un prete cattolico. Il trauma, la rabbia, il dolore che molti di noi figli di preti attraversiamo. Non ho scelto di venire al mondo in questo modo e quindi è molto imprudente ed egoista per la Chiesa non riconoscere che noi esistiamo veramente e abbiamo diritti e dignità come chiunque altro”.
Oggi Gerald è convinto di essere il figlio del missionario e vorrebbe riconosciuti i diritti e l’identità da italiano. Vorrebbe poter richiedere la cittadinanza italiana.
Da qualche mese, però, l’ordine dei Missionari della Consolata ha interrotto il pagamento della sua retta universitaria, come succedeva da anni, ed è costretto a stare a casa, lontano dai banchi.
Oggi Gerald ha aperto una propria pagina su GoFundMe per raccogliere fondi per i propri studi.
“Spero qualcuno possa aiutarmi”, il suo appello, con la speranza un giorno di poter abbracciare “Mario” e poterlo chiamarlo ‘papà’.