Durante la giornata di martedì 15 ottobre, i Carabinieri della compagnia di Poggioreale hanno dato esecuzione ad un’ordinanza cautelare emessa dal GIP di Napoli su richiesta della DDA nei confronti di un soggetto ritenuto responsabile del tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso, avvenuto a luglio del 2014 nei confronti di Anna De Luca Bossa, sorella di Antonio De Luca Bossa e figlia di Teresa de Luca Bossa, entrambi detenuti in regime di 41 bis.
Un agguato avvenuto nei pressi della Villa De Filippo di Ponticelli, durante una sera d’estate qualunque, una delle tante in cui moltissimi abitanti del quartiere si ritrovano in quella sede a caccia di un po’ di relax e refrigerio.
L’identificazione dell’autore di quell’agguato, riconducibile al clan De Micco, è stata resa possibile dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia del clan dei tatuati.
L’agguato messo a segno nei confronti della Lady camorra del Lotto O, reggente del clan di famiglia in seguito agli arresti del fratello e della madre, si colloca in una lunga scia di sangue che segnò gli anni della faida tra i De Micco e i D’Amico, nell’ambito della quale perse la vita anche Antonio Minichini, figlio di Anna De Luca Bossa, freddato dai sicari dei De Micco nel Rione Conocal, roccaforte dei D’Amico, mentre si trovava sullo scooter in compagnia di Gennaro Castaldi, reale ed unico obiettivo dell’agguato.
Figlio di Anna De Luca Bossa e del boss Ciro Minichini, Antonio Minichini fu il frutto dell’unione voluta per consolidare il legame tra Tonino ‘o sicco e il boss Minichini.
A carico di Antonio Minichini risultava solo un’indagine per rapina quando fu trucidato dai colpi d’arma da fuoco dei killer del clan De Micco. Il figlio della lady camorra del Lotto O, attualmente detenuta e condannata all’ergastolo per l’omicidio Colonna-Cepparulo, morì a 19 anni per mano della camorra, nonostante risultasse estraneo alle dinamiche camorristiche e agli affari di famiglia.
Quell’omicidio ha segnato profondamente le sorti del clan Minichini-De Luca Bossa, rappresentando la motivazione più forte che ha segnato le gesta di Anna De Luca Bossa e di Michele Minichini, fratellastro di Antonio ed esecutore materiale di diversi omicidi, tra i quali quello del boss dei Barbuos Raffaele Cepparulo, per il quale è stato condannato all’ergastolo insieme alla matrigna e ad altre sei persone.
Un clamoroso errore dei killer che anzichè trucidare solo Gennaro Castaldi per lanciare un chiaro segnale ai D’Amico, uccisero anche un giovane membro della famiglia De Luca Bossa. Era il 29 gennaio 2013. A luglio dell’anno successivo, la madre scampò al medesimo destino.
Un killer solitario con casco integrale giunge in via Aldo Merola in scooter, si ferma e punta la pistola contro una donna, intenta a chiacchierare con delle persone nei pressi dello chalet della villa, le esplode contro almeno sette colpi di pistola calibro 7,65 ferendola al gomito, alla spalla e al bacino destro, al braccio e alla coscia destra e sinistra.
Il killer rischia di uccidere altre persone vicine al suo bersaglio, eppure spara ben sette colpi che vanno tutti a segno: è il primo elemento al vaglio degli inquirenti che conferma non solo la matrice camorristica dell’agguato, ma anche che ad eseguire quell’azione criminale sia stato il cecchino di un commando militarizzato, addestrato, organizzato. Non si tratta, dunque, di un principiante allo sbaraglio, ma di un killer professionista, lucido e ben allenato. Eppure, nessuno di quei colpi si rivela fatale. La donna finisce in ospedale, ma non rischia la vita. Scattano i soccorsi, la donna viene trasportata all’ospedale Cardarelli di Napoli, dove viene immediatamente operata.
Uno dei tanti agguati che arroventa il clima di per sè caldo sul fronte camorristico in quegli anni, in virtù della faida in corso tra i D’Amico e i De Micco per il controllo dello spaccio di droga a Ponticelli. Sono gli anni delle “stese” e dei colpi di pistola sparati contro i portoni o le finestre di “bersagli sensibili”, ai quali fanno eco agguati ed omicidi, su entrambi i fronti.
Proprio in virtù di quel clima di particolare allerta, il clan sceglie di commissionare l’agguato indirizzato alla donna ad un killer solitario. Anna De Luca Bossa e i suoi conoscenti non si erano infatti insospettiti quando avevano visto quello scooter rallentare e fermarsi, pensando che si trattasse di un avventore come tanti.
Poche ore prima, in un edificio di edilizia popolare in via Montale, arsenale del clan De Micco, Moreno Cocozza, 29 anni viene raggiunto da un proiettile al cuore. Il giovane viene trasportato a Villa Betania, da lì trasferito a Maddaloni per essere sottoposto ad un delicato intervento chirurgico. Cocozza, per gli investigatori vicino al clan De Micco, sarebbe stato ferito da chi doveva consegnargli del denaro per una partita di droga. Era andato a ritirare i soldi. L’agguato ad Anna De Luca Bossa, messo a segno poche ore dopo, potrebbe essere la replica della cosca dei tatuati al raid che ha ridotto in fin di vita il 29enne.
Il 29 luglio 2014 Anna De Luca Bossa verbalizza una deposizione: dopo quell’agguato, la lady camorra aveva deciso di passare dalla parte dello Stato, probabilmente per vendicarsi, ma poi ha ritrattato le sue dichiarazioni, consapevole, probabilmente, di quanto può essere salato il conto che la camorra presenta ai “Pentiti”.
Anna De Luca Bossa raccontò agli inquirenti che quattro mesi prima si era accordata con Carlotta Faticato, una spacciatrice di erba che gestiva una piazza in via Case Riccardi, nei pressi della gioielleria Paduano, in quella zona di Ponticelli denominata “ncopp’ ‘o vico”. La De Luca Bossa, versando in difficoltà economiche, aveva concordato con l’amica che avrebbe spacciato erba nel Lotto O all’insaputa dei De Micco, dividendo i guadagni con lei.
“Nel vico” c’era una certa Lisa che vendeva lo stesso tipo di stupefacente per conto dei Bodo, ai quali versava il 90% dei proventi trattenendo per sè il 10%, mentre Carlotta spacciava all’insaputa dei capi della cosca egemone a Ponticelli. Quando fu scoperta , si giustificò spiegando che stava vendendo nel Lotto O e allora, siccome la donna si riforniva autonomamente, i Bodo le chiesero il pedaggio di un pizzo di 200 euro a settimana sulla sua piazza. Da quel momento, le due donne misero in piedi un mercato autonomo, spacciando in tutto il quartiere, eccetto “nel vico”, contrattando le vendite telefonicamente e pagando un pizzo di 200 euro ogni venerdì ai Bodo che erano all’oscuro del fatto che tale Carlotta stesse spacciando in società con la reggente del clan De Luca Bossa. Carlotta, infatti, riferì ai De Micco di essere in società con una certa Patrizia.
Quattro giorni prima dell’agguato, le due socie in affari si confrontarono sulla scarsa convenienza nel tenere la piazza di spaccio, in quanto, una volta detratti i 200 euro da corrispondere ai De Micco, a loro restava ben poco. La compagna di Carlotta, tale Lisa, le avrebbe quindi proposto di mettersi in società con lei nella gestione della piazza del “vico” sotto il controllo dei Bodo, chiarendo quindi a questi ultimi che la piazza del Lotto O era stata chiusa. Avrebbero venduto lì qualche dose all’insaputa di questi ultimi, risparmiando quei 200 euro e tentando di ricavare proventi dalle vendite non dichiarate.
L’agguato ad Anna De Luca Bossa matura di venerdì e la donna individua il movente nel mancato pedaggio dei 200 euro da parte di Carlotta ai De Micco, quando erano andati a riscuotere il pizzo. A conferma di ciò, l’amica riferisce che Carlotta, nelle ore successive all’agguato, mentre era ancora in rianimazione, chiese alla lady camorra del Lotto O 350 euro.
Secondo quanto trascritto nel verbale contenente le dichiarazioni ritrattate successivamente dalla De Luca Bossa, l’erba veniva acquistata da tale “Musolino” nella zona delle Case Nuove. La compravendita avveniva in via Marina, nei pressi del bar “Il ciottolo” ed acquistavano 100 grammi di erba ogni paio di giorni a 9,50 euro, pagavano la vecchia e prendevano a credito la nuova.
Un agguato che inequivocabilmente si colloca faida esplosa nel 2012, in seguito al declino del clan Sarno, e che ha visto i De Micco fare irruzione nella scena camorristica ponticellese fino a conseguirne il dominio, mantenuto fino al blitz compiuto dalla Polizia di Stato a novembre del 2017 facendo scattare le manette 23 figure di spicco del clan dei tatuati, compromettendone in maniera importante la forza egemone.
Una faida esplosa principalmente per il controllo delle piazze di droga di Ponticelli, attività nella quale, per sua stessa ammissione, Anna De Luca Bossa era dentro fino al collo.