Auspicavano che fosse una vacanza all’insegna dello sballo i due giovani americani accusati dell’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega.
Due giovani benestanti che alloggiavano a “Le Meridien Visconti”, struttura alberghiera capitolina i cui prezzi delle camere oscillano dai 120 ai 400 euro a notte, a pochi passi da piazza di Spagna e da via Condotti, la celebre strada dello shopping romano. Poche ore prima dei fatti che hanno portato alla morte del carabiniere 35enne, sul social network Soundcloud, Hjorth ha pubblicato una foto che lo ritraeva all’uscita dal negozio Gucci in via Borgognona con le mani piene di buste per immortalare la lussuosa battuta di shopping appena compiuta.
A chiarire la responsabilità di colpa dei due giovani è l’ordinanza del Gip, unitamente alla conferenza stampa svoltasi oggi, martedì 30 luglio.
Un ruolo cruciale è stato ricoperto da Sergio Brugiatelli, l’uomo che avrebbe indicato lo spacciatore ai due americani e che sostiene di essere stato “avvicinato da due ragazzi che volevano cocaina“. Lui gli presenta un pusher, che però gli vende aspirina tritata e non droga. “Ho contattato il mio amico per rimediare droga“, ha messo a verbale Brugiatelli. Una volta scoperta la truffa, Natale e Elder avrebbero rubato la borsa al “mediatore” per poi chiedere una sorta di riscatto (100 euro e un grammo di cocaina). L’uomo allora ha contattato il 112 per denunciare il furto sostenendo che “questi ragazzi io li chiamo e mi chiedono il riscatto dei soldi e tutto quanto…”. Anche di fronte ai pm Brugiatelli conferma la versione: dopo aver telefonato al proprio cellulare – dice – “ha risposto un ragazzo, credo in inglese” per dargli l’appuntamento per il riscatto.
All’appuntamento si presentano Mario Rega Cerciello e il collega Andrea Varriale in borghese. Elder dal carcere di Regina Coeli dov’è detenuto continua a sostenere di “non aver capito che era un militare, credevo fosse uno dei pusher”. Ma dall’ordinanza emerge che è lo stesso Brugiatelli a confermare che i due militari in borghese si sono qualificati. Una volta mostrati i tesserini, scatta l’aggressione. “Io ero con loro sul posto – ha messo a verbale Brugiatelli – dall’auto sentivo le urla”.
“È pacifico – si legge nell’ordinanza – che l’autore materiale dell’omicidio sia Elder Lee“. Una violenza inaudita: “Erano guardinghi – ha raccontato Varriale, la lite è stata rapida e violenta. Mario urlava: ‘Basta, fermati, siamo due carabinieri’. Prima di accasciarsi ha detto: ‘Mi hanno accoltellato’“. Il carabiniere resta lì a terra, perde molto sangue, mentre i due americani fuggono per andarsi a rifugiare in un hotel di lusso non lontano dal luogo del delitto. È escluso che quella del 19enne americano possa rientrare nella “legittima difesa”. Per due motivi: innanzitutto, “non ci sono evidenze a sua difesa sul fatto che il Carabiniere lo afferrasse per il collo“; poi la “legittima difesa” è “incompatibile con le 11 coltellate a un uomo disarmato“; e infine lo stesso Elder ha ammesso “di aver colpito il carabiniere finché non ha lasciato la presa“.
Dopo le coltellate, scrive il Gip nell’ordinanza, viene ritrovato sul posto un cellulare “simile a quello rubato”. Lo zaino lo abbandonano in una fioriera in via G. Belli. L’arma del delitto invece verrà ritrovata qualche ora dopo, intorno alle 12. I carabinieri, dopo aver visionato i due video che ritraggono Elder e Natale vagare per le piazze romane e poi scappare, fanno irruzione nell’albergo Le Meridien Visconti di via Cesi, in zona Prati. Alcune telecamere, infatti, li riprendono mentre rientrano in hotel dal luogo del delitto. Una volta in camera, si legge nell’ordinanza, Natale nasconde “in un controsoffitto” l’arma “sporca di sangue” perché “preoccupato per il mio amico”. Si tratta di un “coltello a lama fissa lunga 18 centimetri tipo ‘Trench knifè Ka-Bar Camillus con lama brunita modello marines con impugnatura di anelli di cuoio ingrassato e pomolo in metallo brunito”. Sul posto i militari trovano anche i vestiti indossati la sera prima.
Il Gip che ha firmato l’ordinanza sottolinea la “totale inconsapevolezza del disvalore delle azioni” dei due americani “come apparso evidente anche nel corso degli interrogatori durante i quali nessuno dei due indagati ha mostrato di aver compreso la gravità delle conseguenze delle loro condotte, mostrando una immaturità eccessiva anche rispetto alla giovane età“. Condotte che “testimoniano la totale assenza di autocontrollo e capacità critica evidenziandone la pericolosità sociale”.
Per i due si sono aperte le porte del carcere anche perché per il Gip sussite “il pericolo di fuga e il pericolo di concreto reiterazione dei reati analoghi“. “Si tratta di due persone stabilmente residenti all’estero – si legge nell’ordinanza – presenti in Italia occasionalmente e sorprese dalla polizia giudiziaria in procinto di lasciare l’albergo subito dopo avere commesso i delitti in contestazione, condotta quest’ultima che non può non ritenersi finalizzata a far perdere le proprie tracce“.
Sull’omicidio “ci sono ancora aspetti da chiarire”, dunque, ma sull’operazione antidroga dei due carabinieri, il comandante provinciale dei carabinieri di Roma, Francesco Gargaro, ha assicurato che “c’erano quattro pattuglie che non dovevano essere visibili per pregiudicare esito operazione“. Si tratta di interventi che l’Arma fa spesso. “Non si aspettavano che il ragazzo avesse un coltello né che potesse aggredirli dopo essersi qualificati“. Inoltre, Cerciello aveva risposto ad un servizio comandato e non era “scoperto”. “Nel quartiere Trastevere operiamo sempre sia con servizi in borghese sia in divisa, ed è questo il contesto in cui abbiamo operato. Interventi di questo tipo li facciamo ogni giorno – ha detto il generale – Per questa situazione esprimo il disappunto mio e di tutti i carabinieri per le ombre e i misteri sollevati“.
Per quanto riguarda il coltello che ha ucciso Cerciello, si tratta di un modello utilizzato dai marines americani. A portarlo in Italia, rivela l’Arma in conferenza stampa, è stato lo stesso Elder. Nel corpo a corpo la lama ha trafitto Rega per undici volte, “alcune delle quali hanno colpito fino alla base. È stato trapassato lo stomaco, il colon, l’intestino“. Elder, secondo il procuratore aggiunto D’Elia, avrebbe agito con così tanta violenza per paura. Paura che sarebbe alla base anche del motivo per cui ha deciso di portare l’arma all’appuntamento che pensava fosse con uno spacciatore. Tuttavia, ha ammesso di non aver visto alcuna pistola in mano a Rega, che peraltro non l’aveva. “Gli abbiamo chiesto se aveva visto se il vicebrigadiere fosse armato o no – ha detto D’Elia – E lui ha ammesso di non aver visto alcuna arma e neanche che il militare avesse cercato di prenderla. Lui non ha dato spiegazione del fatto che avesse portato il coltello dagli Usa, ma ha precisato che lo ha portato all’incontro perchè temeva che gli potesse succedere qualcosa“.
Il vice brigadiere Cerciello non aveva la pistola, perché “dimenticata” nel suo armadietto, aveva, invece, le manette. Mentre Varriale aveva l’arma con sé, ma non ha potuto utilizzarla. “I due carabinieri intervenuti, Cerciello e Varriale, non hanno avuto il tempo di tirare fuori le pistole. L’aggressione è stata rapida“, ha spiegato Gargaro. “Varriale inoltre non avrebbe potuto tirarla fuori dopo, perchè il soggetto era già in fuga e in quel caso sarebbe stato lui ad avere conseguenze e sarebbe stato indagato per un reato grave“. E comunque, non avrebbe potuto neppure sparare in aria visto che “non c’è una procedura prevista”.
L’Arma, dunque, chiarisce e precisa che quel tipo di intervento era “normale routine” e di certo i due militari non si aspettavano di trovarsi a fronteggiare un pericolo simile. Tanto che quando Cerciello viene colpito e urla di dolore, Varriale finisce sotto choc. Prova a salvare il collega, dando precedenza alla vita di Cerciello che alla cattura dei due aggressori.
A spiegare perché nelle prime ore sia circolata la notizia di una caccia ad alcuni magrebini è lo stesso generale Gargaro: l’indicazione “c’è stata data subito dopo il fatto da Sergio Brugiatelli“. “Lo ha detto perché aveva timore di svelare che conosceva gli autori dell’omicidio. Non voleva essere associato al fatto“.
Anche nell’indagine che riguarda la vicenda della foto che mostra bendato in caserma uno dei due giovani americani la procura assicura “massimo rigore”.
“Uno degli indagati è stato ritratto mentre si trovava seduto, ammanettato e bendato, e questo fatto è stato oggetto di tempestiva segnalazione da parte della stessa Arma dei carabinieri, i cui vertici hanno definito tale fatto grave e inaccettabile – ha detto il procuratore capo facente funzione Michele Prestipino – La Procura ha avviato le indagini necessarie per accertare quanto accaduto e definire le responsabilità. La Procura di Roma procederà a questi accertamenti senza pregiudizi e con la determinazione e il rigore dimostrati in analoghe vicende e situazioni“. Di certo, però, agli arrestati sono state assicurate tutte le “garanzie difensive, la presenza dei difensori e degli interpreti. Gli interrogatori sono stati registrati“. Inoltre, “Natale Hjorth non ci ha detto nulla in sede di interrogatorio del fatto che fosse stato bendato prima di essere sentito da noi magistrati“.
“Non abbiamo fatto accertamenti tecnici, ma certamente i ragazzi erano abbastanza provati. Probabilmente avevano fatto uso di droga, alcol oppure di entrambi. Finnigan aveva preso dei farmaci e ci ha raccontato di aver bevuto shottini e birra“, ha detto D’Elia, procuratore aggiunto alla Procura di Roma, esponendo i dettagli relativi all’interrogatorio dei due cittadini americani. Secondo D’Elia, la testimonianza resa dagli indiziati nelle ore successive è stata comunque “lucida, lunga e con dettagli”.
Dalle indagini è emerso che Finnegan Lee aveva con sé un flacone di Xanax, un farmaco di cui molti giovani fanno abuso come mezzo di contrasto alle forti stimolazioni causate dall’uso di cocaina.
Auspicavano che fosse una vacanza all’insegna dello sballo i due giovani americani accusati dell’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega.
Due giovani benestanti che alloggiavano a “Le Meridien Visconti”, struttura alberghiera capitolina i cui prezzi delle camere oscillano dai 120 ai 400 euro a notte, a pochi passi da piazza di Spagna e da via Condotti, la celebre strada dello shopping romano. Poche ore prima dei fatti che hanno portato alla morte del carabiniere 35enne, sul social network Soundcloud, Hjorth ha pubblicato una foto che lo ritraeva all’uscita dal negozio Gucci in via Borgognona con le mani piene di buste per immortalare la lussuosa battuta di shopping appena compiuta.
A chiarire la responsabilità di colpa dei due giovani è l’ordinanza del Gip, unitamente alla conferenza stampa svoltasi oggi, martedì 30 luglio.
Un ruolo cruciale è stato ricoperto da Sergio Brugiatelli, l’uomo che avrebbe indicato lo spacciatore ai due americani e che sostiene di essere stato “avvicinato da due ragazzi che volevano cocaina“. Lui gli presenta un pusher, che però gli vende aspirina tritata e non droga. “Ho contattato il mio amico per rimediare droga“, ha messo a verbale Brugiatelli. Una volta scoperta la truffa, Natale e Elder avrebbero rubato la borsa al “mediatore” per poi chiedere una sorta di riscatto (100 euro e un grammo di cocaina). L’uomo allora ha contattato il 112 per denunciare il furto sostenendo che “questi ragazzi io li chiamo e mi chiedono il riscatto dei soldi e tutto quanto…”. Anche di fronte ai pm Brugiatelli conferma la versione: dopo aver telefonato al proprio cellulare – dice – “ha risposto un ragazzo, credo in inglese” per dargli l’appuntamento per il riscatto.
All’appuntamento si presentano Mario Rega Cerciello e il collega Andrea Varriale in borghese. Elder dal carcere di Regina Coeli dov’è detenuto continua a sostenere di “non aver capito che era un militare, credevo fosse uno dei pusher”. Ma dall’ordinanza emerge che è lo stesso Brugiatelli a confermare che i due militari in borghese si sono qualificati. Una volta mostrati i tesserini, scatta l’aggressione. “Io ero con loro sul posto – ha messo a verbale Brugiatelli – dall’auto sentivo le urla”.
“È pacifico – si legge nell’ordinanza – che l’autore materiale dell’omicidio sia Elder Lee“. Una violenza inaudita: “Erano guardinghi – ha raccontato Varriale, la lite è stata rapida e violenta. Mario urlava: ‘Basta, fermati, siamo due carabinieri’. Prima di accasciarsi ha detto: ‘Mi hanno accoltellato’“. Il carabiniere resta lì a terra, perde molto sangue, mentre i due americani fuggono per andarsi a rifugiare in un hotel di lusso non lontano dal luogo del delitto. È escluso che quella del 19enne americano possa rientrare nella “legittima difesa”. Per due motivi: innanzitutto, “non ci sono evidenze a sua difesa sul fatto che il Carabiniere lo afferrasse per il collo“; poi la “legittima difesa” è “incompatibile con le 11 coltellate a un uomo disarmato“; e infine lo stesso Elder ha ammesso “di aver colpito il carabiniere finché non ha lasciato la presa“.
Dopo le coltellate, scrive il Gip nell’ordinanza, viene ritrovato sul posto un cellulare “simile a quello rubato”. Lo zaino lo abbandonano in una fioriera in via G. Belli. L’arma del delitto invece verrà ritrovata qualche ora dopo, intorno alle 12. I carabinieri, dopo aver visionato i due video che ritraggono Elder e Natale vagare per le piazze romane e poi scappare, fanno irruzione nell’albergo Le Meridien Visconti di via Cesi, in zona Prati. Alcune telecamere, infatti, li riprendono mentre rientrano in hotel dal luogo del delitto. Una volta in camera, si legge nell’ordinanza, Natale nasconde “in un controsoffitto” l’arma “sporca di sangue” perché “preoccupato per il mio amico”. Si tratta di un “coltello a lama fissa lunga 18 centimetri tipo ‘Trench knifè Ka-Bar Camillus con lama brunita modello marines con impugnatura di anelli di cuoio ingrassato e pomolo in metallo brunito”. Sul posto i militari trovano anche i vestiti indossati la sera prima.
Il Gip che ha firmato l’ordinanza sottolinea la “totale inconsapevolezza del disvalore delle azioni” dei due americani “come apparso evidente anche nel corso degli interrogatori durante i quali nessuno dei due indagati ha mostrato di aver compreso la gravità delle conseguenze delle loro condotte, mostrando una immaturità eccessiva anche rispetto alla giovane età“. Condotte che “testimoniano la totale assenza di autocontrollo e capacità critica evidenziandone la pericolosità sociale”.
Per i due si sono aperte le porte del carcere anche perché per il Gip sussite “il pericolo di fuga e il pericolo di concreto reiterazione dei reati analoghi“. “Si tratta di due persone stabilmente residenti all’estero – si legge nell’ordinanza – presenti in Italia occasionalmente e sorprese dalla polizia giudiziaria in procinto di lasciare l’albergo subito dopo avere commesso i delitti in contestazione, condotta quest’ultima che non può non ritenersi finalizzata a far perdere le proprie tracce“.
Sull’omicidio “ci sono ancora aspetti da chiarire”, dunque, ma sull’operazione antidroga dei due carabinieri, il comandante provinciale dei carabinieri di Roma, Francesco Gargaro, ha assicurato che “c’erano quattro pattuglie che non dovevano essere visibili per pregiudicare esito operazione“. Si tratta di interventi che l’Arma fa spesso. “Non si aspettavano che il ragazzo avesse un coltello né che potesse aggredirli dopo essersi qualificati“. Inoltre, Cerciello aveva risposto ad un servizio comandato e non era “scoperto”. “Nel quartiere Trastevere operiamo sempre sia con servizi in borghese sia in divisa, ed è questo il contesto in cui abbiamo operato. Interventi di questo tipo li facciamo ogni giorno – ha detto il generale – Per questa situazione esprimo il disappunto mio e di tutti i carabinieri per le ombre e i misteri sollevati“.
Per quanto riguarda il coltello che ha ucciso Cerciello, si tratta di un modello utilizzato dai marines americani. A portarlo in Italia, rivela l’Arma in conferenza stampa, è stato lo stesso Elder. Nel corpo a corpo la lama ha trafitto Rega per undici volte, “alcune delle quali hanno colpito fino alla base. È stato trapassato lo stomaco, il colon, l’intestino“. Elder, secondo il procuratore aggiunto D’Elia, avrebbe agito con così tanta violenza per paura. Paura che sarebbe alla base anche del motivo per cui ha deciso di portare l’arma all’appuntamento che pensava fosse con uno spacciatore. Tuttavia, ha ammesso di non aver visto alcuna pistola in mano a Rega, che peraltro non l’aveva. “Gli abbiamo chiesto se aveva visto se il vicebrigadiere fosse armato o no – ha detto D’Elia – E lui ha ammesso di non aver visto alcuna arma e neanche che il militare avesse cercato di prenderla. Lui non ha dato spiegazione del fatto che avesse portato il coltello dagli Usa, ma ha precisato che lo ha portato all’incontro perchè temeva che gli potesse succedere qualcosa“.
Il vice brigadiere Cerciello non aveva la pistola, perché “dimenticata” nel suo armadietto, aveva, invece, le manette. Mentre Varriale aveva l’arma con sé, ma non ha potuto utilizzarla. “I due carabinieri intervenuti, Cerciello e Varriale, non hanno avuto il tempo di tirare fuori le pistole. L’aggressione è stata rapida“, ha spiegato Gargaro. “Varriale inoltre non avrebbe potuto tirarla fuori dopo, perchè il soggetto era già in fuga e in quel caso sarebbe stato lui ad avere conseguenze e sarebbe stato indagato per un reato grave“. E comunque, non avrebbe potuto neppure sparare in aria visto che “non c’è una procedura prevista”.
L’Arma, dunque, chiarisce e precisa che quel tipo di intervento era “normale routine” e di certo i due militari non si aspettavano di trovarsi a fronteggiare un pericolo simile. Tanto che quando Cerciello viene colpito e urla di dolore, Varriale finisce sotto choc. Prova a salvare il collega, dando precedenza alla vita di Cerciello che alla cattura dei due aggressori.
A spiegare perché nelle prime ore sia circolata la notizia di una caccia ad alcuni magrebini è lo stesso generale Gargaro: l’indicazione “c’è stata data subito dopo il fatto da Sergio Brugiatelli“. “Lo ha detto perché aveva timore di svelare che conosceva gli autori dell’omicidio. Non voleva essere associato al fatto“.
Anche nell’indagine che riguarda la vicenda della foto che mostra bendato in caserma uno dei due giovani americani la procura assicura “massimo rigore”.
“Uno degli indagati è stato ritratto mentre si trovava seduto, ammanettato e bendato, e questo fatto è stato oggetto di tempestiva segnalazione da parte della stessa Arma dei carabinieri, i cui vertici hanno definito tale fatto grave e inaccettabile – ha detto il procuratore capo facente funzione Michele Prestipino – La Procura ha avviato le indagini necessarie per accertare quanto accaduto e definire le responsabilità. La Procura di Roma procederà a questi accertamenti senza pregiudizi e con la determinazione e il rigore dimostrati in analoghe vicende e situazioni“. Di certo, però, agli arrestati sono state assicurate tutte le “garanzie difensive, la presenza dei difensori e degli interpreti. Gli interrogatori sono stati registrati“. Inoltre, “Natale Hjorth non ci ha detto nulla in sede di interrogatorio del fatto che fosse stato bendato prima di essere sentito da noi magistrati“.
“Non abbiamo fatto accertamenti tecnici, ma certamente i ragazzi erano abbastanza provati. Probabilmente avevano fatto uso di droga, alcol oppure di entrambi. Finnigan aveva preso dei farmaci e ci ha raccontato di aver bevuto shottini e birra“, ha detto D’Elia, procuratore aggiunto alla Procura di Roma, esponendo i dettagli relativi all’interrogatorio dei due cittadini americani. Secondo D’Elia, la testimonianza resa dagli indiziati nelle ore successive è stata comunque “lucida, lunga e con dettagli”.
Dalle indagini è emerso che Finnegan Lee aveva con sé un flacone di Xanax, un farmaco di cui molti giovani fanno abuso come mezzo di contrasto alle forti stimolazioni causate dall’uso di cocaina.