La corte d’Assise di Appello di Roma ha condannato a 5 anni di reclusione – rispetto ai 14 anni decisi in Assise – il militare di carriera Antonio Ciontoli, accusato dell’omicidio del 21enne Marco Vannini, fidanzato della figlia. Il Ciontoli avrebbe materialmente sparato al giovane. Confermati i 3 anni, inflitti in primo grado sempre per ipotesi colposa, a carico della moglie Maria Pezzillo e dei figli Martina, fidanzata di Marco Vannini, e Federico.
Confermata l’assoluzione dall’accusa di omissione di soccorso, per Viola Giorgini, fidanzata di Federico.
Alla lettura della sentenza è scoppiato il caos in aula con le grida di protesta dei familiari e degli amici di Vannini. “Vergogna, è uno schifo!”, ha detto Marina, la mamma di Marco che da quando il figlio è morto in circostanze tuttora poco chiare, non ha mai smesso di lottare per chiedere di conoscere la verità e per vedere corrisposta giustizia alla morte del 21enne. I parenti, prima di essere allontanati dall’aula, hanno inveito contro i giudici: “Venduti, non c’è Stato per Marco!”.
Marco Vannini è morto a Ladispoli il 18 maggio del 2015 per un colpo di pistola partito in circostanze mai chiarite mentre era in casa della famiglia della sua fidanzata. Oggi, però, la corte d’Appello ha decretato che il giovane non fu vittima di un omicidio volontario, bensì di un omicidio colposo.
Una dinamica tutt’oggi poco chiara e controversa quella che ha portato alla morte del ragazzo, colpito da un colpo di pistola sparato in circostanze mai del tutto chiarite da Ciontoli, militare di carriera (è un sottufficiale della Marina militare) e padre di Martina, fidanzata del giovane. Per i giudici della corte d’appello si è trattato di un omicidio colposo e non di omicidio preterintenzionale, come stabilito nella sentenza di condanna di primo grado.
La notte del 18 maggio 2015, Marco Vannini venne trasportato in ambulanza presso al punto di primo soccorso di Ladispoli oltre un’ora dopo essere stato colpito da un proiettile. Ai soccorritori i Ciontoli avevano detto una serie di bugie: che il giovane era scivolato, poi che aveva avuto un attacco di panico dopo uno scherzo e che si era ferito con un pettine. Ciontoli, militare di carriera, ammise che il giovane era stato colpito, per errore, da un proiettile, solo davanti al medico di turno: la ferita che aveva sotto l’ascella destra, a prima vista, non lasciava pensare a un colpo di arma da fuoco, ma il giovane aveva perso oltre due litri di sangue. Il proiettile aveva ferito gravemente il cuore e i polmoni, ma se fosse stato trasportato subito in ospedale, secondo i periti del tribunale, con tutta probabilità si sarebbe salvato.
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La corte d’Assise di Appello di Roma ha condannato a 5 anni di reclusione – rispetto ai 14 anni decisi in Assise – il militare di carriera Antonio Ciontoli, accusato dell’omicidio del 21enne Marco Vannini, fidanzato della figlia. Il Ciontoli avrebbe materialmente sparato al giovane. Confermati i 3 anni, inflitti in primo grado sempre per ipotesi colposa, a carico della moglie Maria Pezzillo e dei figli Martina, fidanzata di Marco Vannini, e Federico.
Confermata l’assoluzione dall’accusa di omissione di soccorso, per Viola Giorgini, fidanzata di Federico.
Alla lettura della sentenza è scoppiato il caos in aula con le grida di protesta dei familiari e degli amici di Vannini. “Vergogna, è uno schifo!”, ha detto Marina, la mamma di Marco che da quando il figlio è morto in circostanze tuttora poco chiare, non ha mai smesso di lottare per chiedere di conoscere la verità e per vedere corrisposta giustizia alla morte del 21enne. I parenti, prima di essere allontanati dall’aula, hanno inveito contro i giudici: “Venduti, non c’è Stato per Marco!”.
Marco Vannini è morto a Ladispoli il 18 maggio del 2015 per un colpo di pistola partito in circostanze mai chiarite mentre era in casa della famiglia della sua fidanzata. Oggi, però, la corte d’Appello ha decretato che il giovane non fu vittima di un omicidio volontario, bensì di un omicidio colposo.
Una dinamica tutt’oggi poco chiara e controversa quella che ha portato alla morte del ragazzo, colpito da un colpo di pistola sparato in circostanze mai del tutto chiarite da Ciontoli, militare di carriera (è un sottufficiale della Marina militare) e padre di Martina, fidanzata del giovane. Per i giudici della corte d’appello si è trattato di un omicidio colposo e non di omicidio preterintenzionale, come stabilito nella sentenza di condanna di primo grado.
La notte del 18 maggio 2015, Marco Vannini venne trasportato in ambulanza presso al punto di primo soccorso di Ladispoli oltre un’ora dopo essere stato colpito da un proiettile. Ai soccorritori i Ciontoli avevano detto una serie di bugie: che il giovane era scivolato, poi che aveva avuto un attacco di panico dopo uno scherzo e che si era ferito con un pettine. Ciontoli, militare di carriera, ammise che il giovane era stato colpito, per errore, da un proiettile, solo davanti al medico di turno: la ferita che aveva sotto l’ascella destra, a prima vista, non lasciava pensare a un colpo di arma da fuoco, ma il giovane aveva perso oltre due litri di sangue. Il proiettile aveva ferito gravemente il cuore e i polmoni, ma se fosse stato trasportato subito in ospedale, secondo i periti del tribunale, con tutta probabilità si sarebbe salvato.