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Ponticelli: “stese” all’ordine nel giorno nella roccaforte dei “Bodo”. La guerra di camorra di cui nessuno parla

Luciana Esposito di Luciana Esposito
1 Maggio, 2018
in Cronaca, In evidenza
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Ponticelli: “stese” all’ordine nel giorno nella roccaforte dei “Bodo”. La guerra di camorra di cui nessuno parla
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14907126_10208857639977382_3924100213853169045_nSi torna a sparare a Ponticelli: pochi giorni dopo l’agguato in cui ha perso la vita un 19enne, mentre un 30enne è rimasto ferito ad una gamba per motivi del tutto estranei alla faida tra clan in corso nel quartiere, durante la serata di lunedì 30 aprile, la camorra è tornata a far sentire la sua presenza.
Nel solito modo, nel solito luogo: l’ennesima “stesa” – colpi d’arma da fuoco esplosi in cielo – avvenuta in via Eduardo Scarpetta, strada cruciale del Lotto 10.

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Da circa un mese, questo genere di raid sono pressoché all’ordine del giorno, quasi sempre lungo quella stessa strada. Si spara al calar del sole, ma anche in pieno giorno, alla presenza di dozzine di testimoni, tutti non vedenti.

Non è difficile comprendere perchè si spara. Il Lotto 10, rione di edilizia popolare poco distante dal commissariato di Ponticelli, è uno dei luoghi-simbolo della malavita locale, nonchè la roccaforte del clan che fino allo scorso novembre troneggiava sull’intero quartiere: i De Micco, i “Bodo”, il clan dei tatuati, capaci di imporsi a suon di omicidi e cruenti pestaggi pur di costringere i commercianti a piegarsi alla loro volontà. Un esercito che disponeva di ingenti quantitativi di armi – così come confermato dall’operazione di polizia che portò al sequestro dell’arsenale del clan che custodiva una bomba – e di affiliati, tutti perlopiù giovanissimi, disposti a tutto pur di mostrare venerazione e servilismo a Marco de Micco, il giovane fondatore del clan, ben presto diventato un idolo, un mito, una vera e propria icona da venerare e rispettare per tantissimi ragazzi del quartiere.

Un clan che ha fondato la sua fama su soprannome e tatuaggi, introducendo nel gergo della camorra 2.0 il nuovo battesimo d’onore in grado di sancire in maniera indelebile la fedeltà e il servilismo verso “la famiglia”, seppure la storia contemporanea narra che in seguito al declino del clan fondato da Marco De Micco detto Bodo, molti adepti sono passati alla corte della “camorra emergente“, cambiando schieramento come una bandiera che asseconda il soffiar del vento. Un copione già visto e che i De Micco hanno vissuto prima a loro vantaggio e, invece, oggi ne subiscono il contraccolpo.

Già, perchè dopo la fine dell’era dei Sarno, i D’Amico, dirottati dal Rione De Gasperi nel Rione Conocal di Ponticelli per fondare un clan autonomo sulla scia dei relitti della cosca alla quale erano affiliati, entrarono in conflitto con le figure subentrate ai fratelli Sarno per evitarne la colata a picco del sodalizio che per circa 30 anni ha tenuto sotto scacco l’intero entroterra vesuviano. I D’Amico, tuttavia, capitolarono al cospetto della forza egemone del clan De Micco, la cosca fondata da Marco De Micco detto Bodo, con il supporto dei fratelli Salvatore e Luigi.
Una famiglia del tutto estranea alla malavita e piuttosto benestante, in quanto proprietaria di diversi terreni e beni immobili, tra cui un garage, proprio la disponibilità economica della quale potevano beneficiare, agevolò la scalata al potere dei De Micco, un clan che incarna un modello camorristico senza precedenti, perchè narra di un giovane benestante che vede, vive e percepisce la malavita come “il business” nel quale investire per fare soldi.
Complice l’ingente quantità di denaro della quale poteva disporre e l’intraprendenza del leader Marco De Micco detto “Bodo”, il clan dei tatuati in breve tempo riesce ad imporsi camorristicamente e a tamponare il vuoto di potere subentrato in seguito alla resa dei Sarno a Ponticelli.

L’omicidio di Annunziata D’Amico, la donna-boss a capo del clan, subentrata al vertice dell’organizzazione in seguito all’arresto dei fratelli, sancì la definitiva consacrazione dei “Bodo” tra le mura del quartiere. Un’egemonia rafforzata dal maxi-blitz che portò all’arresto di 94 affiliati al clan dei “fraulella” – questo il nomignolo dei D’Amico – nel giugno del 2016 e che ha facilitato l’ascesa dei De Micco. Almeno fino a quando, nel novembre del 2017, non sono scattate le manette per 23 figure di spicco dei “Bodo”.

Fin dalle ore immediatamente successive al blitz che ha messo in discussione l’egemonia dei De Micco a Ponticelli, lungo le strade-simbolo del potere di questo clan, continuano a susseguirsi delle “stese”.

Se dalla fine del 2017 all’inizio del 2018, il “senso di quegli spari” poteva essere più ragionevolmente riconducibile alla faida in corso tra “la carcassa” dei De Micco che ancora prova a far valere la sua autorità e “la camorra emergente”, ovvero il sodalizio criminale insediatosi in seguito ad una serie di alleanze strategiche tra i clan in declino di Ponticelli e altre forze armate di Barra e San Giovanni a Teduccio, i bossoli che le forze dell’ordine stanno continuamente raccogliendo in via Eduardo Scarpetta assumono tutt’altro senso.

Il business della droga, quindi il monito rivolto alle piazze ancora gestite da persone vicine al clan De Micco, alle quali “quelli di Barra e San Giovanni” stanno inviando un messaggio esplicito: gli conviene pagare la tangente paragonabile ad una sorta di “affitto” che i gestori delle piazze di droga devono corrispondere al clan egemone, a prescindere da dove e da chi acquistino la droga. Questo è quanto prevede la politica del “mercato libero“: la droga per rifornire le piazze può essere acquistata ovunque, ma la tassa settimanale o mensile va comunque corrisposta al clan che controlla il territorio in cui è gestita la piazza.

Dalle estorsioni al controllo delle piazze di droga, allo stato attuale è tutto sotto il dominio del clan che raggruppa una serie di organizzazioni della periferia orientale napoletana.

Quelle continue “stese”, potrebbero assumere anche un altro significato: in vista della possibile scarcerazione di una serie di figure legate al clan De Micco, “la nuova camorra” sta lanciando un monito di avvertimento, finalizzato a dissuadere il clan dei “Bodo” dal tentare di contrastare la loro forza.

Il Lotto 10 è uno dei luoghi più espressivi e rappresentativi della forza e del potere del clan De Micco, lo confermano i post e le foto pubblicate sui social dai gregari dei Bodo, in cui si rivendica con fermezza il senso di appartenenza a quel rione. Più di viale Margherita, più delle altre strade del centro storico del quartiere in cui risiedono affiliati e parenti della famiglia De Micco, nel Lotto 10 vivevano tantissimi affiliati ed era il vero e proprio quartier generale del clan. Molti fedelissimi dei “Bodo”, nei mesi precedenti all’arresto che lo scorso novembre ha rimaneggiato il clan, si sono trasferiti in altre zone del quartiere – in primis nelle “case di Topolino” – probabilmente per “disperdersi” e non dare un unico riferimento al clan rivale, avendo carpito di essere sotto osservazione da parte dell’organizzazione che mirava a conquistare Ponticelli.

In via Cupa Molisso – strada poco distante da via Scarpetta – alle 13.30 del 10 novembre 2016, da un’auto vennero esplosi oltre 15 colpi d’arma da fuoco in direzione del boss Luigi De Micco e di uno dei suoi fedelissimi, il giovane Antonio Autore. Entrambi riportarono ferite non gravi, scampando miracolosamente alla morte.
A finire nel mirino dei killer in quell’occasione, il pregiudicato Luigi De Micco, subentrato ai vertici del clan in seguito alla carcerazione dei fratelli Marco e Salvatore e Antonio Autore, 23enne indicato nelle informative di polizia giudiziaria “soggetto di interesse investigativo”. Il ragazzo, imparentato con l’ex boss di Marigliano Ferdinando Autore, attualmente detenuto, probabilmente era il tramite tra i De Micco e i clan dell’entroterra vesuviano. Il nome di entrambi rientra tra quello delle 23 persone arrestate lo scorso novembre.

Troppi gli elementi che lasciano intendere che sparare lungo quelle strade vuol dire ferire nell’orgoglio di un clan con il quale ogni figura riconducibile alla nuova organizzazione ha “un conto aperto”, un torto, un morto da vendicare: il rancore, l’odio che alimentano il livore di vendetta e il desiderio di rivalsa che ispira le gesta del nuovo sodalizio criminale che si è impadronito di Ponticelli rappresenta “la motivazione in più” di questo clan, incapace di cercare “lo scontro diretto” quando i De Micco disponevano di uomini ed armi per combattere questa guerra alla pari e che ha, invece, immediatamente approfittato del stato di difficoltà dei rivali, sopraggiunto in seguito ai 23 arresti e, adesso, dopo anni trascorsi a subire senza reagire, sta dando libero sfogo a quel desiderio di rivincita, proprio “in casa dei Bodo”.

Tags: camorra emergenteclan d'amicoclan de miccoclan sarnofaida di camorralotto 10napoliponticellistesavia eudardo scarpetta
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